Marchionne? Meglio Crozza

ROMA – Sergio Marchionne dice di non conoscere l’imitazione che Maurizio Crozza fa di lui. Ma c’è da pensare che neppure il comico genovese abbia una grande confidenza con il manager italo-svizzero-canadese. Perché in lui non c’è traccia di quella autoironia che nell’originale è del tutto assente sostituita da un atteggiamento rancoroso che ne fa un incrocio tra calimero e il nostro attuale Presidente del consiglio. Un paese, l’Italia, che si rivolta contro i due benefattori, che non ne riconosce i meriti e che rema contro. Un atteggiamento enfatizzato naturalmente da giornali e televisioni schierati contro. Dice un Sergio Marchionne trionfante: presto negli Stati Uniti produrremo più auto che in Italia. Lo aveva già detto per la Polonia e per il Brasile.

E, analizzando i numeri, come si fa a non dargli ragione. Le 650.000 unità prodotte negli stabilimenti italiani rappresentano un minimo storico ma è altrettanto vero che sarebbe davvero ingeneroso attribuire il risultato ad un innato masochismo nazionale. Ma Sergio Marchionne ha capito come in questo paese la reiterazione di una interpretazione di parte della realtà finisca per assumere i connotati di una realtà incontrovertibile. L’immagine di una Italia perdente si nutre allo stesso modo delle performance all’estero di Silvio Berlusconi e dell’uomo col maglione. Anche se viene il dubbio che si tratti di confronti minati alla base da un vizio di forma. E’ come confrontare la California con la Lombardia per decretarne alla fine la supremazia della prima sulla seconda in funzione del vantaggio climatico. Il fatto è che in Polonia, Brasile ed oggi negli Usa, gli stabilimenti producono auto che si vendono. In Italia, con alcune eccezioni come nel caso della Alfa Romeo Giulietta, che potrebbe diventare lo specchieto per la “allodola” Volkswgen, la situazione è ben diversa. Basta sforgliare le pagine del listino di una qualunque rivista specializzata per prendere atto della povertà di una offerta degna di un paese dell’est europeo negli anni 50.

E non saranno certo la Ypsilon cinque porte e la Freemont, che in america è destinata ad andare fuori produzione alla fine del 2012, e per la quale il mercato italiano è solo una ottima occasione commerciale per far fuori le scorte di magazzino, a ribaltare la situazione. E allora perché l’ italia dovrebbe ringraziare Sergio Marchionne ? Per aver ridotto la quota di mercato in Europa ai minimi termini ? Per essere riuscita a togliere i suoi modelli dalla classifica delle top ten del mercato europeo ? Forse no, ma bisognerà pure riconoscere che l’orgoglio nazionale esce rafforzato dalla conquista della Crhysler e dai complimenti di Obama. E pazienza se per rifondere il debito contrato con la Amministrazione Americana si è fatto ricorso ad un altro debito, questa volta con banche che hanno messo da parte la riluttanza a finanziare una società le cui obbligazioni sono considerate titoli spazzatura, pur di capitalizzare tassi di interesse del 9%, non poi così lontani da quelli imposti da Obama.

E ancora pazienza se l’aumento dell’indebitamento andrà a scapito della realizzazione di quella “Fabbrica Italia” dall’incerto futuro. Tanto su tutto questo veglia il Governo che, per bocca del ministro Romani, rivendica l’aiuto del Governo alla Fiat e quindi la legittimità di intervenire sui programmi del Lingotto. “Ricordiamoci che li abbiamo aiutati a risolvere il problema di Termini Imerese”. Ed è vero, per la Fiat, almeno quel problema non c’è più. Rimane però un problema per l’Italia visto che uno dei protagonisti della rinascita dello stabilimento siciliano, Simone Cimino che a Termini avrebbe dovuto produrre auto elettriche a partire da componenti cinesi, è stato arrestato, accusato di reati finanziari e che i programmi di Rossignolo che prevedono suv e auto compatte di lusso, hanno, per ora la consistenza dei sogni. Almeno fino a quando il claim della pubblicità della Lancia Ypsilon: “Il lusso è un diritto”, non diventerà realtà condivisa dal mercato.

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