Genova. Alluvioni: si poteva evitare, torrenti sporchi, nessun allarme

Sono passati esattamente quarant’anni da quell’ottobre del 1970 quando il Bisagno e altri torrenti, che scendono al mare nelle brevi ripide e tortuose valli ai due lati di Genova, strariparono. ( Oggi il burocratese ha imposto esondare, termine che a me, come il confratello evacuare, suona osceno) .

Di solito il Bisagno e gli altri torrenti sono in secca e così sono stati per questi 40 anni. Ma quando piove, e da queste parti se piove e’ davvero “a zefunno”, sono guai.

Non sono, come amano dire i politici, eventi imprevedibili. Sono più che prevedibili. Magari non si sa quando, possono passarne venti di anni oppure 40, ma, inesorabile come la morte, l’alluvione arriva.

Quella che sta riempendo di lacrime gli occhi dei telespettatori italiani in questi primi giorni di novembre non è la prima e, sappiamo già, non sarà l’ultima.

Nell’arco della mia ancor breve vita ricordo l’alluvione del ’53, che fu tanto violenta da fare saltare la copertura dell’ultimo tratto del Bisagno fatta nell’ambito della pregevole e ideologicamente vituperata sistemazione del levante di Genova, tra le due guerre mondiali.

E poi quella del 1970, scandita da oltre 20 morti, tra Genova centro e gli ex comuni della costa limitrofa, ciascuno col suo torrente straripato.

Sono passati 41 anni esatti da questa ultima, come ne erano passati 17 dalla precedente. Avemmo, come avremo presto, funerali di Stato, decine di corone di fiori, una nuova alluvione di lacrime, comizi, proclami, disperazione, domande stupide del tipo “ma come può succedere”, la polemica sul sindaco che si deve dimettere perché non ha chiuso le scuole.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie