Marrazzo & Berlusconi: giornalisti attenti, pericolo repressione

Piero Marrazzo
Piero Marrazzo

Blitzquotidiano ha messo in fila, in due fogli distinti, le dichiarazioni del politici dei due fronti sul caso Marrazzo. Ne ho tratto alcune riflessioni.

Ovvio che da ogni affermazione della destra traspaia una più o meno evidente soddisfazione, come se volessero dire: chi di puttana ferisce, di trans perisce.

Nelle affermazioni della sinistra c’è il presentat’arm a Marrazzo per essersi piegato alla volontà del buon senso e del partito. Ora discuteranno a destra per l’escamotage della autosospensione che fa guadagnare a Pd e alleati un po’ di respiro prima di affrontare gli elettori.

Quel che è certo è che Marazzo sarebbe diventato un peso morto per la sinistra: il ridicolo di essere beccato e filmato con un trans non è pari quello di Berlusconi che fa un coro da ubriachi in mezzo a tanti che potrebbero essere suoi figli.  Poi c’è la storia della droga vera o falsa che sia e, con buona pace, un trans pesa di più, negli schemi mentali della maggioranza degli italiani, di una escort.

E poi c’è la confessione, a verbale. Gli avversari della destra avrebbero facilmente buttato le apparenze del far play assunte a caldo  per dedicarsi a un tiro al piccione col povero Marrazzo dagli esiti  facilmente prevedibili.

Infine, e questo taglia la testa al toro, come si dice, c’è il fatto di avere ceduto al ricatto, di avere pagato invece di andare dai carabinieri. I carabinieri hanno scoperto la vicenda indagando su altre cose.

Marrazzo ha fatto dunque la cosa giusta, tecnicalità a parte. Per molto meno (un appuntamento invece di un convegno in via di consumazione e per poche centinaia di dollari invece di tremila euro, alla faccia dei cassintegrati), il collega governatore di New York Elliot Spitzer si è dimesso, poco tempo fa, dalla sera alla mattina.

Lasciando da parte le considerazioni politiche sulle quali c’è poco da fare, merita invece sottolineare un paio di cose.

Una è la speranza che i carabinieri guardino a fondo, se il verme che ha contaminato le “mele marce” non sia andato oltre, non ne abbia corroso altre. Forse sarà anche opportuna una revisione dei sistemi di controllo interno, perché lascia poco tranquilli il fatto che quattro sottufficiali possano fare quel che hanno fatto: irruzione senza mandato, operazione senza informativa ai superiori e che nessuno proprio nessuno, non dico tra gli ufficiali che tante fastidiose e onerose incombenze hanno, ma tra gli altri graduati, ne abbia avuto sentore.

E forse dal Comando generale dei carabinieri una parola che ci tranquillizzi su quel che hanno fatto le “mele marce” non sarebbe deprecabile. Era una operazione una tantum? Era una banda che aveva già colpito?

C’è infine una considerazione che è un po’ di bottega, ma che di questi tempi è bene portare a una più ampia platea: il grave rischio che il sistema dell’informazione corre, sulla spinta di due fatti abbastanza simili e di segno opposto, la vicenda Marrazzo e quella di Berlusconi.

Per ora è stato solo uno di Sinistra e libertà, il quale ha colto l’occasione  per incolpare di tutto i giornali, negando ad essi il diritto all’informazione, affermando che si tratta invece di “indecenza intollerabile” e di “arbitrio”.

Inutile dire che i giornali sono fin troppo rispettosi della vita sessuale dei politici. In fondo, non solo in Italia, il politico che dà prova di capacità e prodezze è sotto sotto ammirato. Comunque alla gente conta di più se le cose funzionano, se c’è lavoro, se si pagano poche tasse. Millenni di abusi e soprusi ci hanno abituato al peggio e ci accontentiamo dell’essenziale.

In ogni caso i giornali italiani sono stati sempre tolleranti verso la vita sessuale dei politici: da quel sindaco di grande città del nord che tanti anni fa venne sorpreso da una pattuglia in auto con una lucciola, all’ex presidente del Consiglio del sud che rivelò a un magistrato le sue tendenze. Sono stati anzi rispettosi verso Cicciolina, pornostar e deputato, in ammirazione verso Vladimir Luxuria, che spesso la merita, molto discreti verso quel ministro che non ne faceva mistero.

 

La differenza forse è appunto nella trasparenza. Prendiamo la Germania. Vero vincitore delle elezioni è un omosessuale dichiarato, che vive con un uomo: ora sarà ministro degli esteri. Ai tedeschi importa poco, conta che è bavo, sa dire le cose giuste, lo mettono alla prova. Diverso sarebbe stato se lo avessero trovato in un bordello, l’avesse negato, avesse pagato perché non lo si dicesse.

Il problema, quindi, non è nei giornali, ma nei fatti, nei comportamenti, nel rapporto di fiducia che deve essere alla base dei politici, non in quel che scrivono i giornali, che di quel rapporto possono al massimo essere testimoni.

Però stiamo attenti, perché i politici non la pensano così. L’occasione è troppo bella per i politici nel loro insieme, i quali tutti odiano, con diversi livelli di outing, giornali e giornalisti; è l’occasione per saldare le rispettive infelicità e farla pagare a quello che oggettivamente oggi è il segmento meno garantito e più debole del sistema democratico.

Il modo in cui i giornali hanno trattato la vicenda Marrazzo dimostra come non ci siano freni e ritegni, o comunque, se inibizioni ci sono a livello individuale, il sistema dell’informazione in Italia ha raggiunto un tale livello di autonomia e anche di automatismo, che fa il paio con la completezza con cui giornali vicini a Berlusconi hanno riportato, magari solo per contrastarle,  le notizie dell’estate più sgradevoli per Berlusconi.

La prima occasione per questa resa dei conti è data dalle norme sulle intercettazioni, di imminente esame in Parlamento. Da quel che si sa, invece di regolarne l’uso e l’utilizzo (o magari in aggiunta) ci si preoccupa di colpire l’utilizzatore finale, in questo caso il giornalista, il cui principale dovere è proprio la divulgazione di quel che gli interessati vorrebbero mantenere segreto. In mezzo e più secolo di Repubblica i giornalisti sono stati abituati progressivamente, e con molti errori, a pensare che i politici hanno minore diritto alla tutela del riserbo che spetta al normale cittadino.

Ma i politici possono inventare di peggio, perché il potere non conosce colore e quando uno  è toccato sulla sua pelle, tutti i più sacri principi si trasformano nel più bieco spirito repressivo.

Mi ritornano ancora in mente, a distanza di quasi due anni, le parole di un esponente della sinistra, persona integra, credo, e sinceramente liberal. Un giornale fece cenno a certe intercettazioni di sue telefonate e lui strillò: “C’è un’emergenza informazione”. L’Italia ama le emergenze e le leggi eccezionali e non da ieri e neppure da avantieri.

Una volta si diceva: bisogna vigilare.

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