Habemus pacem, forse fra Meloni e Schlein. Elly e Giorgia si mettono d’accordo e tutte e due sono per il cessate il fuoco in Medio Oriente. Antonio Tajani le anticipa: “Sproporzionata la reazione di Israele”. Insomma, la tregua invocata a Gaza provoca un cambio della guardia della politica italiana. Certo, esistono una maggioranza e una opposizione: la prima governa, la seconda avrebbe il compito di fare il cane da guardia. Però, quando sono in ballo gli interessi e il futuro del Paese, è bene comportarsi in altro modo: stringere un patto, trovare un denominatore comune per il bene dell’Italia.
E’ successo che, dopo un paio di telefonate (che Blitz aveva anticipato ieri), le due forze abbiano trovato un denominatore comune per combattere la guerra e far tornare la pace in Medio Oriente. Contro questa iniziativa, solo 5Stelle, Verdi e sinistra sono stati di avviso contrario. Perché? Semplice: per la comprensibile ragione che se il patto, in alcune importanti circostanze, dovesse continuare, per Giuseppe Conte e i suoi pochi alleati vorrebbe dire addio ai sogni di un sorpasso dei grillini contro il Pd.
Che il premier prediligesse Elly all’avvocato del popolo lo si era capito da tempo, dalla tempestosa conferenza stampa del 4 gennaio. Alla precisa domanda di un giornalista su chi scegliere per un duello politico in tv prima delle Europee, il presidente del consiglio non aveva avuto dubbi: “Elly Schlein”, rispose senza pensarci un attimo. Da quel momento Giuseppe Conte non è stato più nei panni per la rabbia. Il suo traguardo (quello di diventare lui il primo avversario della destra) si andava perdendo, fra le due donne della politica italiana c’era una netta diversità di idee, ma questo non voleva significare essere ciechi dinanzi ai gravi episodi che stavano turbando il mondo intero, Ucraina compresa.
Indipendentemente, dalle voglie del presidente dei grillini, la “svolta” che ha visto protagoniste Elly e Giorgia non deve rimanere isolata. In questo contesto politico anche Azione e Italia Viva sono stati con Pd e Fratelli d’Italia. Il fatto ha un significato ben preciso: quando ci sono in ballo i gravi problemi che potrebbero danneggiare non poco il Paese, allora le forze davvero democratiche vanno alla ricerca di un interesse comune che possa voler dire tanto per il nostro futuro.
E’ un argomento che mette all’angolo Giuseppe Conte il quale si vede tagliato fuori dai grandi temi che assillano non solo l’Italia ma l’Europa e il mondo, se è vero come è vero che financo gli Stati Uniti stanno prendendo le distanze dai propositi di Israele e di Netanyahu in particolare. Per il momento fra i 5Stelle non ci sono polemiche. E’ lui, l’ex due volte presidente del consiglio a tirare i fili e a dettare legge. Ma se in futuro, ad esempio alle elezioni di giugno, i grillini dovessero avere un tracollo di voti, beh, allora, qualcosa potrebbe pur cambiare tra i seguaci dell’inventore di questo movimento, al secolo Beppe Grillo.
Il “campo largo” è ormai una utopia, visto il no assoluto di Giuseppe Conte. Allearsi in modo definitivo con i dem vorrebbe dire essere sempre secondi, sedere in panchina e non essere mai protagonisti. Che fare allora? Difficile fare una ipotesi. I suoi amici e collaboratori continuano a ripetere che per la Meloni è stato più facile scegliere una comoda Elly al posto di un coriaceo Conte. Ma queste sono soltanto parole senza alcun significato. La realtà ha una data ben precisa: quella della competizione europea dei primi di giugno. Se Elly dovesse superare la fatidica soglia del 20 per cento e i 5Stelle scendere sotto il 16 o 15, quale potrà essere il futuro del capo dei grillini?
Accantonando per il momento questo interrogativo, siamo certi che gli italiani avranno accolto assai bene il patto fra la Schlein e Meloni. Pace subito e maggiore comprensione in futuro. Chi la pensa in maniera diversa è un avversario, non un nemico da abbattere a tutti i costi, magari con metodi che non rientrano proprio nel “politically correct”.