Erri De Luca a processo. Quale confine fra diritto di parola e eversione?

Erri De Luca a processo. Quale confine fra diritto di parola e eversione?
Erri De Luca

ROMA – Non ho mai provato eccessiva simpatia per Erri De Luca: piace troppo a troppi, e questo mi mette sulla difensiva, anche davanti alle migliori, più generose intenzioni. In quel diffidare si nascondono, tuttavia, le tracce di un pregiudizio che occorre interrogare circa le sue ragioni. Pregiudizio sicuramente personale (come magistrato mi sono trovato dall’altra parte rispetto alle posizioni di cui De Luca è stato, se non partecipe, assertore e difensore), sulle cui origini non vale la pena di soffermarsi nell’imminenza del processo intentato allo scrittore dalla Procura di Torino per le frasi pronunziate e le opinioni espresse circa la lotta e i metodi dei No-tav per opporsi alla realizzazione della – anche in Francia contestatissima – linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino.

Vale piuttosto la pena di soffermarsi sul libretto, o pamphlet, con cui De Luca ha voluto anticipare – più che la propria difesa – la propria condanna da parte del tribunale torinese. “La parola contraria” si inserisce a pieno diritto nella storia del confronto tra la legge dello Stato e quella – divina o meno – cui si ispira un letterato quando si fa interprete della condizione dell’uomo e della sua sete di giustizia . Lo scontro tra il potere dell’Autorità e quello della parola ha sempre trovato in quello della giustizia il suo terreno più fertile. Non occorre scomodare Antigone o – come ha fatto De Luca – Orfeo ed Euridice (che alla lettera significa “colei che trova giustizia”), per risalire alle origini – addirittura mitiche – di questo scontro tragico e mai esaurito , destinato a svolgersi quasi sempre nelle aule dei tribunali.

Nel caso di Erri De Luca, ‘tratto’ come si dice a giudizio per avere “pubblicamente istigato” a commettere più reati nei confronti della società che ha aperto un cantiere per la realizzazione di un’opera relativa alla linea Lione-Torino , è sufficiente – ma anche necessario – risalire allo scorso anno, quando l’agenda 2014 di Magistratura Democratica pubblicò un breve testo di De Luca dal titolo “Notizie su Euridice”. Il mito di Orfeo era stato ripreso dallo scrittore per narrare e insieme celebrare (un epitaffio, in realtà) il tentativo rivoluzionario della “meglio gioventù” su cui si è chiuso precocemente e tragicamente il ’900 italiano. Come è noto, la pubblicazione di quel testo aveva suscitato l’indignazione di Gian Carlo Caselli, all’epoca Procuratore Generale della Repubblica a Torino e protagonista indiscusso della lotta al terrorismo, tanto da indurlo a lasciare clamorosamente la corrente di Magistratura Democratica, a pochi mesi dal suo pensionamento. Bruciante il commento rilasciato all’epoca da Erri De Luca: “Caselli si è dimesso da Magistratura Democratica ma non dalla Magistratura: si è dimesso non dal sostantivo ma dall’aggettivo”.

Sono noti gli altri momenti di questo scontro. In precedenza lo stesso magistrato e Procuratore Generale del capoluogo piemontese era insorto contro De Luca e Gianni Vattimo, per il sostegno dato al movimento No-tav, a seguito della contestazione, da parte della Procura di Torino, di reati gravissimi come quello di attentato contro lo Stato, con l’aggravante della finalità di terrorismo. Gli imputati sono stati in seguito prosciolti con formula piena da queste ultime imputazioni, ma condannati a pene severe per gli altri reati comuni. Nonostante ciò, l’ombra del terrorismo (che qualcuno non del tutto a torto aveva voluto vedere insita nell’iniziativa dei pubblici ministeri torinesi) continua a proiettarsi minacciosa, se non sugli esecutori, almeno sopra uno dei supposti “istigatori” dei danneggiamenti e delle violenze (anche nei confronti degli appartenenti alle forze dell’ordine impegnate in Val di Susa).

Nella denuncia-esposto presentata dalla società titolare di un cantiere danneggiato nel corso di manifestazioni No-tav – opportunamente allegata al pamphlet di Erri De Luca – si può leggere infatti che le dichiarazioni incriminate devono essere poste in relazione alla storia personale di colui, “ora scrittore” ( sic ) “… che non ha mai nascosto un passato attivo in movimenti ai confini della legalità e talora debordanti da essa”. “Questo filo rosso lo ha indotto(…) a negare la qualifica di terroristi alle Brigate Rosse”. In tale contesto si delinea l’indiscusso significato del termine “sabotaggio” pronunciato e divulgato da una persona che lo conosce non da fonti letterarie, ma per esperienza anche solo indiretta.” Se non terrorista, indubbiamente fiancheggiatore di terroristi, per esperienza “anche solo indiretta”: in questa prospettiva vanno lette le dichiarazioni rese al telefono da Erri De Luca ,nel corso di un’intervista a Huffington Post. Sulla base di questa stessa impostazione i p.m. torinesi hanno incriminato e “tratto a giudizio” lo scrittore napoletano.

Non a caso indichiamo come tale Erri Del Luca, perché è lui stesso a individuare nella sua “napoletanità” la fonte di una certa predisposizione anarchica a resistere all’autorità. Ora siamo convinti che questa predisposizione non sia né debba essere privilegio della napoletanità o monopolio dell’anarchia. Il diritto di resistere all’oppressione dei poteri pubblici e dello Stato è un diritto – ancorchè da noi poco familiare e ancor meno utilizzato – che spetta a tutti i cittadini e del quale ognuno è chiamato a valersi, perchè “… quando i pubblici poteri violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione , la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”, così l’articolo 75 del progetto dei 75 presentato alla Costituente, voluto da Dossetti e non inserito nella Carta Fondamentale in quanto il dritto di resistenza è stato ritenuto implicito nel riconoscimenti in capo al Popolo della sovranità (art.1 della Costituzione).

Siamo cittadini a pieno titolo, solo in quanto investiti del diritto di resistere all’oppressione. Non quindi contro il diritto dello Stato, ma per l’attuazione e nell’esercizio concreto di quel diritto nella sua espressione più alta, Erri De Luca ha preso le posizioni e pronunziato le frasi che gli vengono addebitate e che egli non nega , su queste basi, di aver pronunziato, dichiarandosi senza iattanza pronto a ripeterle. Credo – superato il pregiudizio in parte derivante dalla mia personale esperienza – che questa sia la prospettiva nella quale i giudici torinesi dovranno esaminare e pesare – con senso di giustizia – le “parole contrarie” di Erri De Luca. E credo anche, per provare a riconciliare la letteratura con la giustizia dello Stato, che valga la pena di ricordare ai giudici le parole che Shakespeare mette sulla bocca d Porzia, nel Mercante di Venezia. Per quanto la natura della misericordia sia tale che non la si può forzare, tuttavia “…il potere terreno – appare più simile a quello di Dio – quando la misericordia tempera la giustizia”.

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