ROMA – Un governo subito, d’urgenza prima ancora che di emergenza, perché ormai perfino l’emergenza è un lusso, anzi un’ambulanza che procede a passo lento. L’ambulanza non basta più, fatica a districarsi nel traffico, ai semafori e agli incroci imposti o voluti dai partiti, dai loro leader, dai loro interessi, da Berlusconi, Bossi, Bersani, Di Pietro, Vendola…
Un governo subito, d’urgenza: occorre operare d’urgenza, già sulla strada, senza attendere che l’ambulanza cerchi in quale “ospedale” arrivare con il sistema finanziario italiano che rantola. Nell’ambulanza, qualunque sia e dovunque punti, il paziente rischia grosso di arrivare cadavere. Un governo subito, d’urgenza perché la sequenza dimissioni alla moviola, crisi politica a dicembre ed elezioni anticipate a gennaio/febbraio è la goccia che sta facendo traboccare il vaso. I mercati, gli investitori, i risparmiatori e mettiamoci pure gli speculatori di tutto il mondo hanno letto questa sequenza come l’epitaffio, l’iscrizione funebre sul debito pubblico italiano e sulla sua economia.
Un governo subito, d’urgenza: questo dice la ragione, la ragione dei soldi. Dei soldi pubblici dello Stato italiano e dei soldi privati di tutti gli italiani. Un chirurgo che incida subito, senza aspettare il consenso dei vari caposala e il concorso degli infermieri. Un governo di fronte al quale non solo Berlusconi ma tutti i leader e tutti i partiti facciano un passo indietro, non pensando a cosa loro conviene, oggi nella crisi e domani nelle elezioni. Un governo che faccia subito dell’ambulanza una sala chirurgica prima che diventi una sala settoria. Un governo di nessun partito e di tutti i partiti. Questa illusione è l’unica soluzione.
Ma resta illusione perché, con diverse e variamente pesanti responsabilità, ciascun partito, leader e attore politico resta attaccato alla sua “ambulanza” e alla pretesa di guidarla. Berlusconi di preciso non sa cosa vuole, ma sa cosa non vuole: un altro governo subito al posto del suo, un governo che con la sua sola esistenza certifichi il suo fallimento. Per questo e non per altro ha inventato le dimissioni alla moviola. Bossi un altro governo lo farebbe pure passare, la Lega non vede l’ora di sganciarsi e tirarsi fuori. Ma vorrebbe un governo Alfano o al massimo un governo Gianni Letta. Mai e poi mai un governo di urgenza, di responsabilità di cui assumersi, insieme agli altri, una quota di responsabilità.
Di Pietro non vuole altri governi, lo ha detto con chiarezza: “Non consentiremmo a Mario Monti di varare i provvedimenti che l’Europa ha chiesto a Berlusconi”. Vendola in Parlamento non c’è ma un governo di responsabilità nazionale non lo vuole interpretando il comune sentire di gran parte dell’elettorato di sinistra illuso che via Berlusconi svanisce per l’Italia non solo la “sovrattassa Berlusconi” ma ogni tassa, fiscale e sociale. Bersani da un governo d’urgenza teme di essere squartato con il suo Pd. Lo appoggerebbe anche in Parlamento ma forte è per lui il rischio di appoggiare un governo Monti i cui primi passi sarebbero salutato da uno sciopero generale della Cgil, forse anche della Cisl e Uil, con la Fiom in piazza accanto ai leghisti a difesa delle pensioni di anzianità. Tutti i “vettori” della politica italiana portano verso le elezioni anticipate, è la pulsione naturale della sinistra che vede la possibilità di vincerle le elezioni. Naturale e comprensibile. Ma è pulsione di sopravvivenza nelle intenzioni, di fatto omicida verso il paese.
Al governo che serve sbarra la strada Berlusconi e fa lo sgambetto Bossi. Al governo che serve fa ostacolo Di Pietro e la faccia dell’arme Vendola e con loro l’istinto della sinistra. Al governo che serve offre una mano ma non entrambe il Pd di Bersani. Il governo che serve il sistema politico italiano non è in grado di produrlo, anche quando timidamente lo vuole. Con l’eccezione di Casini così stanno le cose: per il governo che serve il sistema politico italiano è nolente o impotente.
Dalla parte del governo che serve restano in tre. Due esili forze e una dirompente. La prima esile forza è appunto il Terzo Polo. La seconda forza, obliqua e spuria, è la voglia di parlamentari del Pdl di restare tali, cioè parlamentari evitando lo scioglimento delle Camere. La terza, dirompente come esplosivo ad alto potenziale, l’unica che può scardinare la cassaforte degli interessi e delle strategie, perfino della natura dei partiti, è il falò dei soldi pubblici e privati che ogni giorno, ogni ora brucia miliardi, la ricchezza accumulata dal paese in decenni. Negli ultimi cinque mesi, da luglio a novembre, Berlusconi è stato il piromane. E ancora vuol travestirsi da pompiere. Ma gli altri danzano intorno al fuoco, mimano, solo mimano lo spegnimento. La ragione, la ragione dei soldi, dice: governo subito, d’urgenza. Non di centro destra che non si può più, non di centro sinistra che non è stato votato. La ragione, la ragione dei soldi, dice: governo subito, fosse anche governo della disperazione. La ragione dei voti, dei voti elettorali, del consenso della gente dice: questo governo no, quell’altro nemmeno e si vada a votare. La sirena urla nel traffico della politica, l’ambulanza procede lenta e incerta. Occorre far scendere gli infermieri e far salire il chirurgo d’urgenza: quest’ illusione è l’unica soluzione: che l’Italia si salvi malgrado se stessa.