Perché ai partiti addio: troppo vicini alla loro gente.

ROMA – Un vecchio adagio ammonisce: chi di speranza vive disperato muore. Bene, anzi male: i partiti politici italiani non consentono più speranza e nemmeno inducono più disperazione. Meritano invece un sereno, meditato, logico, razionale, freddo, preoccupato, risoluto, consequenziale e perfino rispettoso…addio. Addio senza remore e ripensamenti. Senza astio e senza rammarico. Senza conti da saldare che, se ci fosse una bilancia del dare e dell’avere lunga settanta anni i partiti sarebbero in credito e non in debito con la gente. Senza giustizialismi e giustiziati. Ma addio e solo addio. Perché i partiti politici che oggi sono in Italia sono sì differenti tra loro ma tutti, proprio tutti anche i nuovissimi, condividono una natura appunto comune: sono troppo vicini alla loro “gente” fino quasi a coincidere con questa. E allora non sono partiti che fanno politica, fanno l’onesto, quando è onesto, mestiere delle lobby, delle corporazioni, dei sindacati. Tutti organismi e associazioni cui puoi aderire e dare forza ma voti elettorali…Votare per una lobby, una corporazione, un sindacato dovrebbe essere un non senso nel mondo dove c’è la politica. Invece in Italia è la regola e la normalità.

Addio ai partiti, solo addio meritano perché, e non sembri lunare, non fanno più politica. Fare politica, anche se tutti hanno dismesso la nozione non per questo diventa meno vero, significa, anzi è la ricerca, l’individuazione, la scelta e il perseguimento di un interesse generale che non è la somma né aritmetica né algebrica e neanche da sondaggio degli interessi immediati di tutti quelli che ti votano o ti possono votare. Puoi sbagliare, anche drammaticamente, nello scegliere quale sia l’interesse generale. Puoi sacrificare troppo a questo interesse, o troppo poco. Ma se fai politica a un interesse generale devi credere, credere dopo averci ragionato e dopo aver fatto calcolo e miscela dei valori, del reale, del passato e del futuro oltre che del presente. Se non vuoi almeno un po’ aggiustare il mondo che c’è accompagnando il tuo spicchio di mondo verso un interesse generale, allora non vuoi fare e non fai politica. Puoi legittimamente credere che un interesse generale non ci sia mai o che sia impossibile individuarlo. Allora non fai politica, è legittimo e comprensibile. Allora ti occupi dei fatti tuoi e fai legittime e sacrosante lobby, corporazioni e sindacati. Ma non fai politica. E se mentre fai lobby, corporazione e sindacato dici che stai facendo politica, cioè interesse generale, allora menti e sei bugiardo a te stesso e a chi ti ascolta.

I partiti italiani, tutto il ceto politico tutto, racconta e canta ogni giorno questa menzogna, questa bugia. Sono tutti e solo e sono orgogliosi e ansiosi di esserlo solo rappresentanza dei “propri”, della propria gente, dei propri prossimi interessi sociali. Mai, né sul fisco, né sugli esodati, né sulla giustizia, né sulla corruzione, tanto meno sulla spesa pubblica i partiti fanno qualcosa di più e di diverso dal difendere chi li ha votati prima. Mai i partiti partono dal problema, sempre guardano solo al pubblico, alla platea, al proprio pubblico. E in questo modo ogni transazione, ogni rapporto tra questo tipo di partiti e il loro elettorato è voto di scambio, sempre e solo scambio e mai scelta od opzione. Uno scambio immerso in un perenne e infinito presente da cui la politica è bandita e sterminata, a vantaggio dei “propri” (sì, i propri come sempre dicono cronisti e commentatori di calcio avendo sterminato chissà perché ogni altro pronome tipo suo e loro). Quindi, se la politica non c’è e c’è solo lo scambio, posso scambiare reciproca utilità o sostegno ma fiducia mai. Perciò, addio e senza rimpianti.

Allora Grillo? Grillo e molti dei suoi pensano che sempre esista “la” soluzione buona per tutti. Non l’interesse generale, attenzione, la “la” soluzione. Soluzione che è una sorta di uovo di Colombo occultato dai cattivi e dai ladri. E Grillo e molti dei suoi pensano che “la” soluzione abiti e riposi nel cerchio dei buoni propositi, anzi nel cerchio dei “buoni”. I “buoni” sono quelli che hanno in comune un linguaggio e una liturgia (rispettivamente internet e la democrazia diretta). Grillo dopo l’addio ai partiti? Se non posso fidarmi di chi abdica alla politica per dedicarsi solo alla rappresentanza e allo scambio, posso fidarmi di una religione e di una chiesa che a sua volta abolisce la politica e l’interesse generale mettendo al posto di entrambi niente meno che “la verità”? No, non si può.

E allora? Allora così i partiti in Italia non ci sono nati, ci sono diventati. E noi cittadini con loro. Se e quando verranno meno le condizioni ambientali e culturali, economiche e sociali che li hanno fatti diventare così, allora diventeranno altra cosa e si potrà reincontrare questa altra cosa dopo l’addio. Se e quando…cambieremo anche noi. Non è questione di 2012 o 2013, quel che c’è oggi, quel che merita l’addio è quel che c’è. Ed è questo l’amaro calice che passa il convento. Convento povero e frati ricchi, lo disse Rino Formica per il Psi di Bettino Craxi, venti anni dopo l’immagine è buona per tutta l’Italia. Anche per questo abbiamo i partiti che abbiamo.

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