L’audace piano dell’astuto governo: fregare il mondo con i miliardi di carta

ROMA – Occorre esser onesti e dare a Silvio quel che è di Silvio: dopo la otto ore di Arcore gli italiani, la gran parte, stanno ancora tirando un sospiro di sollievo. “La manovra è più equa” dice il premier e, man mano che ne apprendono la nuova versione, la gran parte degli italiani scoprono di far parte di quelli che dalla manovra si sono salvati. E quindi pensano che anche per questa volta e almeno finora se la sono cavata. Sono, siamo come quello che stava precipitando dal diciannovesimo piano e che, giunto all’altezza del decimo di piano, diceva a se stesso: “Finora tutto bene”. Ma questi sono particolari, pignolerie: la Grande Manovra è diventata la Grande Bolla, di sapone. Morde come una tigre di carta, produce “botti” artificiali che non feriscono. Se non è festa, che non è il caso, è almeno sospiro di sollievo. E chi non se ne accorge è uccello del malaugurio.

La manovra è sparita o almeno dimagrita quanto e più del leader in carica: Silvio Berlusconi di quattro chili in otto giorni, la manovra di 30 miliardi in quindici giorni. Spariti i quattro miliardi che dovevano sborsare quelli del ceto medio-benestante che paga le tasse, il contributo di solidarietà non c’è più, non c’è più l’aliquota super, la super Irpef al 48 per cento sopra i 90mila euro e al 53 per cento sopra i 150mila di reddito dichiarato. Salvi i quasi seicentomila “eroi fiscali” che in Italia dichiarano quella cifra. Oddio, salvi non proprio tutti: i dipendenti pubblici che guadagnano sopra i 90mila euro e i pensionati con pensione sopra i 90mila se la prendono nel secchio: per loro il contributo resta da pagare, anzi lo pagano già. I primi da gennaio, i secondi da agosto. Peggio per loro: sono finiti nella manovra e nel decreto sbagliato, quelli di prima della manovra dimagrita.

Spariti, dimagriti tre miliardi di quelli che Regioni, Comuni e Province non dovevano spendere più. Spariti in un’altra galassia, pardon Costituzione, i due miliardi che dovevano venire dall’abolizione della Province. Quattro più tre più due fanno nove miliardi tondi tondi spariti dalla manovra, nove miliardi: un bel sospiro di sollievo netto e deciso, pari a un quinto della originaria Grande Manovra. Grande Manovra su cui l’Italia chiedeva almeno un robusto sconto e infatti da Arcore è arrivato un primo secco sconto del 20 per cento.

Primo sconto, solo primo. Perchè il secondo è in agenda per il 25 settembre. Quel giorno il governo dovrà emanare decreto per dire dove, come, chi e quanto Ministero per Ministero dovrà spendere nove miliardi di meno. Regioni, Comuni e Province hanno spuntato uno sconto tra il 30 e il 40 per cento del minacciato, si vorrà e potrà fare altrimenti per i Ministeri? Quindi almeno altri tre miliardi di minor spesa andranno a fine settembre in cavalleria. E fanno quattro, più tre, più due, più tre: totale dodici.

Ma dodici miliardi non sono trenta, perchè conteggiare a trenta miliardi il dimagramento della Grande Manovra? Perché ce ne sono altri sedici di miliardi che restano solo promessi o minacciati a seconda dei punti di vista. Sono i sedici miliardi della “delega assistenziale”. Formula che vuol dire: domani il governo ci prova a spendere di meno in assistenza sociale, domani. Ma tanto sicuro di farcela non è, infatti si ripara dietro la clausola che se non ce la fa…Allora saranno tasse, comunque si vedrà, domani…Dodici miliardi spariti, sedici miliardi che per ora hanno lo stesso valore reale della carta su cui sono scritti e qualche sovra stima di gettito per Robin tax e tassa sui depositi bancari e la rendita finanziaria e fanno effettivamente trenta. I Trenta Miliardi di cui è dimagrita la Grande Manovra.

Trenta Miliardi che vien voglia di scrivere con la maiuscola perché fanno venire in mente i più famosi Trenta Denari, quelli per cui qualcuno si vendette a bassissimo prezzo e ad altissimo danno, bilancio tratto neanche poi tanto con il senno di poi. L’Italia, la gran parte d’Italia, mica solo quelli che la governano, si sentono sollevati da questi trenta miliardi spariti o posticipati. Qualche anima candida temeva che con la Grande Manovra l’Italia gettasse via il bambino con l’acqua sporca, pensasse insomma solo a risanare i conti perdendosi, ignorando, trascurando quel poco di aiuto possibile alla ripresa dell’economia. Anime candide: il governo, con discreto favore di pubblico, si è tenuto tutto, prima di tutto l’acqua sporca del debito e del deficit.

Quindici giorni fa, era l’anti vigilia di Ferragosto, la Banca Centrale Europea, cioè l’Europa per neanche tanto interposta persona, aveva “scritto” all’Italia: state andando verso il default, se volete che vi fermiamo tenendovi per i capelli, allora dovete fare un po’ di quel che non avete mai fatto e cioè spegnere il motore della spesa pubblica, del debito e del deficit. Con il “cuore sanguinante” Silvio Berlusconi aveva deciso e annunciato tasse, “mani nelle tasche dei cittadini” e soldi, molti meno soldi per la politica, quella di Roma e quella di Regioni, Comuni, Province. Ma chi è nato tondo non può morire quadrato e la destra berlusconiana, il Pdl non è nato per tassare. Non in maniera esplicita almeno. Quindi via le tasse, almeno quelle visibili. E la politica italiana, tutta la politica italiana, è solo e soltanto politica di spesa. Le levi la spesa e quella si rivolta come una belva ferita. Quindi miliardi che tornano alle Regioni, ai Comuni, alle Province. Cosa è successo nel mondo, in Europa, sui mercati finanziari in queste due settimane? E’ partita al galoppo la ripresa mondiale? Gli Usa “tirano” come pazzi? I consumatori americani tornati  a spendere? Si sono asciugati i debiti pubblici? Le banche si sono trovate in cassa soldi che non avevano visto prima? Nulla di tutto questo, nel mondo, in Europa, negli Usa, sui mercati nulla è cambiato. E in fondo anche in Italia nulla è cambiato: in queste due settimane maggioranza e governo hanno rifatto quel che fanno da sempre. Ed è scattato e giunto in porto ad Arcore l’audace piano dell’astuto governo: fregare gli altri, tutti gli altri con i miliardi di carta. L’audace piano prevede di salvare il risultato elettorale prossimo venturo facendosi pagare il “rimborso elettorale” dalla Bce, quella che si sta comprando i Btp italiani che quindici giorni fa tutti svendevano.

Si è passati, grazie all’audace piano, dalla ricerca della “tassa più esoterica” (definizione di Emma Marcegaglia presidente di Confindustria) alla “manovra più casalinga” e cioè zompa chi può, ancora per un po’. Un po’, un po’ di tempo che appare scarsino. Trichet, a nome della Bce, aveva avvertito: non riparatevi dietro “l’alibi” dei nostri acquisti di titoli di Stato, prima o poi, più prima che poi smetteremo. L’Europa aveva avvisato: guardate che noi i conti in tasca alla manovra li rifaremo, se la fate “moscia”, allora non contate su di noi. Il Fmi aveva calcolato: con un Pil che cresce, si fa per dire, sotto l’un per cento annuo una “pezza” non basta. Ma il governo italiano è stato in fondo coerente con se stesso e ha recuperato l’impostazione originaria della prima manovra, quella dopo la quale tutti nel mondo “vendevano Italia” e dei titoli italiani si sbarazzavano. L’impostazione originaria era: poco o nulla per non disturbare nessuno nel 2011, poco più di nulla nel 2012 perché nel 2013 si vota e poi si vede. E’ l’impostazione che ha guidato la otto ore di Arcore. Con questa manovra dimagrita e spuntata, con quale faccia andremo a chiedere alla Merkel gli eurobond non si sa. Foste voi tedeschi vi impegnereste a pagare i debiti, fareste anche vostri i debiti di questi audaci e scaltri italiani?

Avevamo scritto che ad Arcore sarebbe stato sottoscritto il “Patto dell’Insalata”, cioè che la manovra della destra di governo sarebbe stata insipida finanziariamente, di facile digeribilità elettorale e di poca sostanza riformatrice. Così è stato. E avevamo fatto ironia sul “Cappotto di Napoleone”, cioè sull’idea che ritagliando una tassa sulle sigarette qua, una manzonianamente gridata “caccia alla barca” là, rosicchiando qualche anno alle pensioni di anzianità e contrattando con gli Enti Locali quanto possono dalle tasse locali recuperare di qualche miliardo in meno che incassano dallo Stato centrale, si potesse “comprare” pareggio di bilancio, debito in calo, credibilità finanziaria, consenso sociale e futuro economico. Pensavamo il “cappotto di Napoleone” fosse un’immagine un filo caustica, ora sappiamo che il “cappotto di Napoleone” è il filo con cui il governo tesse, la maggioranza si veste e gran parte degli italiani ritiene di poter restare al calduccio.

Resta, resterebbe da dire dell’opposizione. Adesso, a Grande Manovra dimagrita e sparita, la Cgil contro cosa sciopera il 6 di settembre, contro il fantasma della manovra? Sciopero esoterico.Dice la Cgil: “Contro il golpe sulle pensioni!” Niente meno, da cui si evince che la “democrazia” della previdenza sono le pensioni di anzianità costruite anche conteggiando il servizio militare e gli anni della laurea.  E i “Dieci Punti” del Pdl? Prevedevano tasse, più razionali e più giuste di quelle che il governo non ha osato mettere. E negavano gli stessi tagli di spesa che il governo si è rimangiato e negato da solo. Non proprio “zuppa e pan bagnato”, ma di certo non proprio un’alternativa. L’opposizione è fermamente convinta che la situazione sia grave, ma non  proprio seria. Anche l’opposizione è infatti e purtroppo “italiana” al cento, anzi “centodieci” per cento. E lo spread tra Btp e Bund tedeschi torna a quota trecento, chissà mai perché…deve essere, è sicuro solo “bieca speculazione”.

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