“Arrendetevi, non vi faremo violenza…” Grillo boom day, remember D’Annunzio?

ROMA – Piazza Duomo a Milano, Piazza Castello a Torino e venerdì 22, data del boom day, il grido risuonerà anche a Piazza San Giovanni a Roma. Il grido, la parola d’ordine già trasvola di piazza in piazza, da Trapani a Bolzano, dagli Appennini alle Alpi, dalle Sicilie alle Venezie. Il grido di Beppe Grillo. “Arrendetevi!”. Il suo grido e le grida di giubilo e battaglia della gente che lo ascolta, lo bacia con gli occhi, lo vota. Grido e grida che si fanno proclama mentre su mescolano e fondono. Proclama, azione, messaggio, cultura, divisa, marcia, inno: “Arrendetevi!”.

Bisogna guardarlo Grillo oltre che ascoltarlo e trascriverlo. Sul palco di Piazza Duomo e su quello di ogni piazza muove passi che volutamente si fingono guardinghi ma che volutamente mostrano audacia. E’ la mimica dell’esploratore coraggioso che mette i piedi dove è, anzi era, pericoloso. I piedi di Grillo esploratore coraggioso calcano, saggiano il terreno che fino a ieri era degli “altri”, dei “politici”. E’ terra pericolosa, anzi lo era perché stanno “tutti per andare a casa”. Grillo mima sul palco il percorso fatto, i passi prima guardinghi con la schiena un po’ curva a prudente esplorare. Poi di colpo si tira su e passa la parola all’indice della mano. Indice che scruta intorno come in riflettore, a inquadrare le ombre di chi sta fuggendo e/o si sta nascondendo.

“Mi sentite? Lo so che mi sentite…”. Grillo non si sta rivolgendo alla piazza, la piazza lo sa e accetta, apprezza e partecipa alla finzione scenica. Grillo sta parlando con i nascosti e i fuggiaschi, i “morti”, gli “zombies”, i “casi da psichiatria”, insomma tutti quelli da cacciare via. Parla con loro come fossero là, dietro di lui, accovacciati e acquattati come si addice a figure insieme maligne e perdenti. Parla con loro e alla gente piace questo evocar da medium i fantasmi e le ombre della politica, il “mondo dei morti”. Evocarli, chiamarli per farne pubblico dileggio. Ma soprattutto per farne testimonianza che ammonisca.

Li chiama, li evoca e loro intima: “Arrendetevi, siete circondati. Arrendetevi e vi prometto non useremo violenza fisica su di voi…vi accarezzeremo come si fa con i malati di mente…dovete andarvene fino a che siete in tempo”. E’ ovazione, è entusiasmo. Il popolo delle piazze, del web e di M5S si esalta e commuove a sentire intimare “Arrendetevi”. Gli basta, è quel che sogna, quel che vuole. Non ha tempo né voglia per soffermarsi su quel che segue, il “non useremo violenza”, il “fino a che siete in tempo”, il “malati di mente”. Non ha tempo né voglia di sentir cosa risuona dopo aver molte volte già nella storia suonato in queste frasi e sentimenti. E, se li avesse tempo e voglia, condividerebbe ciò che vi risuona. Non lo sa che è una musica antica, che sono note già cantate. E, anche se lo sapesse, anche se sapesse che musica è, la canterebbe lo stesso.

Che canzone è? Di certo l’arrangiamento e la musicalità sono nuovissimi e mai finora eseguiti e ascoltati. Ma il ritornello...il ritornello è un classico, un evergreen. “Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”: così Grillo chiude e conclude ogni pubblico appuntamento. “Volessero qualcosa da bombardare in Italia, fornirei loro le coordinate, quelle di Montecitorio”: così Grillo si è compiaciuto di tuonare una volta. Dove si è già sentito il ritornello? Già sentito? Ma quando mai! Già, ormai nessuno lo sa più, nessuno o quasi. Il solo sapere, questo od altro che sia, è già attività non solo negletta ma già sospetta, non tanto nel mondo di Grillo quanto nell’Italia tutta. Eppure è tutto già sentito, cantato, orchestrato, perfino filmato e registrato.

Il “pitale”, cioè il vaso da notte da rovesciare magari con aerea incursione sul Parlamento…l’arrendetevi intimato ai politici tutti del potere, tutti uguali da Giolitti a Salandra…politici impotenti e cadaverici nella loro immobilità…l’inno all’azione, azione dei sofferenti la crisi umana, psicologica ed economica del primo dopoguerra…la costante definizione dell’altro come non pienamente umano…la lirica e la mistica del popolo che si leva contro le marce istituzioni…C’è già tutto in D’Annunzio, Gabriele D’Annunzio. L’eroe, il vate, l’italiano puro che si carica sulle spalle tutti gli altri italiani, la missione da compiere, la patria da redimere. C’è già tutto in quelle cronache del primo dopoguerra.

Tutto, compresi gli operai ex socialisti che il partito socialista non lo votano più e che si ritrovano felicemente al fianco degli ex combattenti, magari nella missione fiumana. Tutto, compresi i parametri culturali che consentono di distinguere tra uomini “veri” e umani non  proprio del tutto: “non vi sarà fatta violenza se ve ne andrete fino a che siete in tempo…”. Tutto c’è già tutto in Gabriele D’Annunzio. Ma chi era chi è ‘sto D’Annunzio? A Dario Fo non andrebbe spiegato e neanche a Beppe Grillo, hanno gli anni e hanno letto i libri per saperlo bene. Magari Fo potrebbe ordinare un “ripasso” alla sua coscienza storica e civile, magari…A Grillo nessuno può osare consigliare letture e riletture, lui ha già scritto “Il Libro”. E agli altri che a milioni non sanno chi è o fosse ‘sto D’Annunzio, di saperlo “se ne fregano”. E quindi già sanno o almeno intuiscono, partecipano di quel che c’è da sapere al riguardo.

Quindi fermiamoci qui, in omaggio e in ossequio alla corrività prudente e cortese che il politicamente corretto e il socialmente opportuno vuole che si applichi al fenomeno Grillo. Detto e sottoscritto che “le ragioni della protesta…”. Ribadito e risottolineato l’osceno fallimento della destra berlusconiana governante e il passo incerto, talora ebbro della sinistra al governo…Timbrato il carattere popolare del movimento…Asserita la buona, anzi ottima fede dei candidati e dell’elettorato…fermiamoci alla stretta assonanza della musica cantata da Gabriele D’Annunzio prima e Beppe Grillo poi. Sperando che ci si fermi a D’Annunzio e non si continui. Continui dove? Dove la storia italiana continuò sulle note alla D’Annunzio. E dove mai? Dice Grillo, anzi lo ha detto più volte, l’idea gli piace e gli appare forte: “Se non ci fossimo noi al nostro posto ci sarebbe Alba Dorata”. Ecco, Grillo sa di cosa parla, conosce i suoi polli e mostra di conoscere anche la storia. Che non è proprio vero che la prima volta si manifesti in tragedia e la seconda in  farsa. Possono esserci, anzi di solito ci sono varie edizione della medesima tragicommedia. Quindi fermiamoci qui, allo “arrendetevi, non vi faremo violenza se ve ne andate fino a che siete in tempo”. Consideriamolo come un verso, una strofe di una poesia, dannunziana lirica, come una “licenza poetica”. Fermiamoci qui, a questa assonanza. Cuore e stomaco, voglia e ardire per andar oltre non ne abbiamo e che l’intelletto per una volta si sbagli e ci inganni nel non volersi fermare ad una contingente assonanza, alla pura e semplice coincidenza dello stesso ritornello che risuona.

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