Imu, Iva, Pil: spaventanumeri, Letta lento, tassi alti. Fischia che non ti passa

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 13 Giugno 2013 - 14:07 OLTRE 6 MESI FA

soldi2ROMA – Ci vorranno trenta anni ancora perché la Roma torni a vincere lo scudetto e ce ne vorranno cinquanta ancora di anni per rivedere il mare pulito e ce ne vorranno cento di anni, se bastano, perché ritornino le mezze stagioni e la buona educazione e i sani principi signora mia…Chi può smentire, chi può opporre cifre e dati  contrari a queste “previsioni”? Ovviamente nessuno, per il semplice motivo che non son previsioni ma borbottii a voce alta, condensato di umori ingenui e malmostosi insieme. Bene, anzi male: da qualche tempo le previsioni, meglio sarebbe scrivere le pre-visioni economiche, sono un’insalata abbastanza cialtrona di metodo maya, metodica dell’accattone e pratica del piazzista.

Per non restare sul generico, ecco qualche esempio. La Confcommercio annuncia che ci vorranno 23 anni per tornare ai livelli di consumi del 2007. E perché non 25 o 30 o 19 o 39 anni? Non si sa, non si può sapere: puoi metterci la data che vuoi in fondo all’annuncio, anzi in testa. Non c’è, non è possibile né prova né contro prova. La Cgil annuncia che ci vorranno 13 anni per tornare ai livelli del Pil 2007. E 63 anni addirittura per tornare ai livelli di occupazione del 2007. Tredici anni di pena per il Pil e 63 anni di inferno per l’occupazione, la Cgil non la manda a dire quanto a previsioni. Salvo che non si applichi, lo dice la Cgil, il piano lavoro della Cgil e allora Pil e occupazione si risanano tutti e due al massimo in tre anni. Basta stare a sentire la Cgil e si passa da 63 anni di attesa a tre anni al massimo, quel ragazzo che un paio di migliaia di anni fa girava per la Palestina a rifornire di vino i matrimoni al confronto era un dilettante.

Finito con gli esempi? No, c’è Confindustria che annuncia che nel 2060 il Pil italiano pro capite sarà il 38% di quello americano mentre ora è del 65%. C’è la Confartigianato che annuncia come le imprese paghino di tasse il 68%. Ma non sono le tasse: il 68% è l’indice del “total tax rate”  cioè il calcolo teorico che la banca Mondiale assume per quantificare le difficoltà di fare impresa in ciascun paese. Il “total tax rate” fa 108% in Argentina ad esempio, vuol dire che le imprese argentine pagano in tasse tutto e in più l’otto per cento di quello che incassano? Ovviamente no, non esisterebbe in Argentina nessuna impresa. Però fa chic e choc annunciare che le tasse sull’impresa sono al 68%, che la pressione fiscale reale sia l’enormità del 44 per cento è notizia nota che non fa né chic né choc. Aggiungere un venti per cento in più abbondante e… lasciare. C’è la Cgia di Mestre, quella che tra l’altro ogni volta ci spiega che sì i gioiellieri dichiarano meno dei commessi di supermercato alle tasse, ma perché i commessi fanno media con i topo manager invece i gioiellieri fanno media solo con se stessi e quindi sono i commessi e i lavoratori dipendenti a “barare” un po’ quando sui giornali appare che dichiarano al fisco 2.000 euro al mese mentre i gioiellieri e i loro fratelli di commercio e di studio ne dichiarano a fatica 1.500. Sì, c’è la Cgia di Mestre che guarda caso monitora, tutela e rappresenta il lavoro autonomo.

Cgia di Mestre che ha preso da un po’ il poto e il ruolo che era del mitico Osservatorio di Milano, quello che ci diceva in quanti milioni stavamo facendo la pipì prima ancora che ci scappasse. Ecco, la Cgia di Mestre annuncia che in Italia si lavora per il fisco fino al 12 giugno e solo dopo si comincia a lavorare per se stessi. Peccato che alla voce “fisco” la Cgia calcoli e annetta anche i contributi previdenziali. O forse il lavoro autonomo considera mani nelle tasche del contribuente anche il risparmio per la pensione? C’è il numero ripetuto sui giornali e in televisione: il 40% dei giovani senza lavoro. Non sono il 40%, sono il 40% dei giovani “attivi”, cioè l’undici per cento dei giovani italiani. Un’enormità, un dramma sociale. Ma gonfiarlo per quattro f chic e choc. E c’è, anzi ci sono gli effetti di questo metodo alla maya, metodica questuante e pratica del piazzista: chiunque abbia investito in Borsa o semplicemente risparmiato in titoli di Stato e obbligazioni negli ultimi mesi ci ha guadagnato. Eppure l’ottanta per cento di chi lo ha fatto a domanda risponde di averci perso. Non è vero ma ci crede, proprio come ai gatti neri e al malocchio.

Dunque è la stagione degli “spaventanumeri”. Ben piantati nei campi dell’Imu, dell’Iva, dell’Irpef, del Pil. Metodo alla maya: predire la catastrofe, fa insieme scena, commedia e tragedia. Metodica del questuante: piangi, stracci le vesti, magari qualcuno lascia un obolo o anche più. Pratica del piazzista: collochi, vendi il dramma gonfiato, la disperazione annunciata. Collochi, vendi e infatti qualcuno compra. Un esempio: alzare l’Iva dal 21 al 22 per cento non certo su tutte le merci ma solo su quelle sottoposte all’aliquota massima può essere pessima o ottima cosa, di certo non fa chiudere decine e decine di migliaia di artigiani e negozianti. Nella peggiore delle ipotesi la merce viene a costare l’un per cento in più al consumatore e, se il venditore teme calo di domanda, può assumersene la metà di quell’un per cento. Aumento dello 0,50 per cento per una merce al dettaglio e limatura dei guadagni dello 0,50%. Davvero di questo muoiono decine e decine di migliaia di artigiani e negozi. O non annaspano forse perché i loro clienti pagano troppo di Irpef e sarebbe il caso di abbassare questa e non curarsi dell’Iva?

Spaventanumeri, una legione e speciali teste di cuoio per ogni categoria e corporazione. Tutte intorno al governo. Governo lento, lentissimo. Affascinato, ipnotizzato dal “poi si vede”. Imu spostata e sospesa ma quando mai sapremo se cancellata o no? Se cancellata l’Imu se non si ferma l’Iva e viceversa, quando sapremo? Iva forse spostata e poi sapremo. Ma quando sapremo se la scelta è per minor costo del lavoro, quindi meno tasse sui contratti, sul profitto e sui salari oppure se è meno Imu e Iva possibile? Governo lento, dei mitici primi cento giorni Letta ne ha consumato già una trentina abbondante, quasi quaranta.

Spaventanumeri, governo lento e fine dei tassi bassi. La Fed, banca centrale americana, sta per cessare di inondare l’economia di denaro praticamente senza costo. L’ha fatto a lungo e ora sta per smettere. Perché? Perché la ripresa e il Pil non crescono solo su stimolo monetario. O lo stimolo monetario produce reazione produttiva oppure da cura diventa droga. Quindi l’economia americana è ripartita perché quello è un sistema elastico e produttivo e quindi l Fed smette di regalare in giro denaro. Regalare in giro denaro lo sta facendo da un po’ la banca del Giappone ma se la dinamica dei tassi risale sui mercati americani ed europei allora i capitali andranno a cercare quei tassi e quei rendimenti e quindi il Giappone con lo stimolo monetario ci fa solo deficit e debito ed ha già il più alto del mondo. In Europa e in particolare in Italia sono molti se non tutti che vorrebbero, si sognano, che la Bce cominci a regalare denaro molto più di quanto non fa. Con i tassi che si alzano se lo possono scordare.

Spaventanumeri in servizio effettivo, governo lento e contemplativo, tassi di interesse in rialzo dagli Usa e poi sul pianeta. Quando il ministro Zanonato ha detto ai commercianti che non poteva “promettere” di bloccare l’Iva è stato sommerso di fischi. Fischia che… non ti passa, chissà se se ne rendono conto. I commercianti, la Confindustria, la Cgil, la Cgia, i lavoratori autonomi, gli iper garantiti, i lavoratori di imprese decotte, gli spaventanumeri e gli spaventati. Il fischia che non ti passa suona per tutti.