Ingroia: “Sentenza politica”. Come Berlusconi. Scalfari: “Fascismo di sinistra”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 5 Dicembre 2012 - 14:54 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Una sentenza politica”: così Antonio Ingroia definisce laggiù dal Guatemala la sentenza della Corte Costituzionale, e “politica” non è certo nelle esplicite intenzioni del magistrato un complimento. “Penso che avessero l’esigenza di dare ragione al capo dello Stato…mesi di can can politico e mediatico…hanno pesato sulla decisione…una sentenza che risente del condizionamento politico”. Chiaro, netto, esplicito: per il magistrato che ha difeso il diritto, anzi il dovere suoi e della Procura di Palermo di valutare e non distruggere le intercettazioni telefoniche delle conversazioni del capo dello Stato, la Corte Costituzionale che gli dà torto lo fa per “politica” e non per “diritto”.

“Una sentenza politica”: questa non è la prima volta che la si sente, anzi la si è sentita spesso, è stata addirittura un ritornello. Con un po’ di sforzo si può ricordare che c’era qualcuno che andava dicendo che la Corte Costituzionale era “organo politico” nominato dal capo dello Stato e non organo di giustizia, qualcuno che andava protestando che le sentenze della Corte che riguardavano il suo lavoro erano “atti politici” e non atti attinenti al diritto. Qualcuno ricorda il suo nome? Sorpresa, ma neanche tanta: era ed è Silvio Berlusconi. Ci sono due più distanti e diversi, “antropologicamente” direbbe il Cavaliere, di Antonio Ingroia e Silvio Berlusconi? No e poi no, eppure usano lo stesso argomento: l’arbitro è buono, il giudice è “terzo” quando mi dà ragione, altrimenti è cattivo arbitro e giudice politico.

Eugenio Scalfari su La Repubblica scrive di “cattiva fede di forze politiche e giornali che coglieranno l’occasione per estendere l’accusa di faziosità e di servilismo alla Corte Costituzionale imitando in questo modo l’esempio fornito da Silvio Berlusconi tutte le volte che attaccò la Consulta Comunista…”. Prosegue Scalfari: “Quello compiuto da alcune forze politiche e mediatiche non è dunque un errore commesso in buona fede ma una consapevole quanto irresponsabile posizione faziosa ed eversiva che mina a disgregare lo Stato e le sue istituzioni. Sembra quasi una fascismo di sinistra”.

Fascismo di sinistra…Di certo non il “cornuti e mazziati” cui Ingroia rimanda per descrivere se stesso ma, restando in metafora di protuberanze ossee, il “bue da dà del cornuto all’asino”. Dice con orgoglio Ingroia che è suo diritto e dovere di cittadino e magistrato partecipare ad atti e momenti politici, invocare il ricambio, denunciare l’inettitudine della classe dirigente, dichiararsi pronto se mai verrà il momento, manifestare la sua disponibilità a schierasi con i nascenti “arancioni”. Insomma a fare politica, che in questo caso è cosa buona. Buona politica assicura Ingroia quella che faccio io per l’ovvia ragione che io sono dalla parte delle forze del bene. La politica degli altri invece è “male”. Perché? Perché stanno con le forze del male.

Giova ricordare che il “can can” di cui parla Ingroia deriva dalla “narrazione” originata dalla Procura di Palermo e diffusa soprattutto da Il Fatto, da Di Pietro ma anche da gruppi e forze della sinistra alternativa e antagonista, e anche da qualche articolo su La Repubblica, di un Nicola Mancino, ex ministro degli Interni, intento a sgambettare l’inchiesta sulla trattativa Mafia-Stato con l’ascolto e il consiglio del Quirinale come istituzione e di Giorgio Napolitano in persona. Questa è stata, ed è ancora, la “narrazione”. Narrazione che poggiava sull’esistenza, sulla registrazione in cassaforte delle conversazioni tra Napolitano e Mancino. Questa è la storia, questo è il vero nodo della storia: narrare che i Palazzi, anche il Colle più alto nascondono per accreditare che senza dubbio alcuno vi è qualcosa da nascondere.

Ingroia reca offesa alla su e alla nostra intelligenza se pensa davvero che il nocciolo e la sostanza della storia sia incomprensibile. Ingroia è un magistrato convinto e persuaso di agire per il Bene con la maiuscola e che quindi chi non vede e riconosce quel Bene sia di per sè la prova che esiste un Male. Non un folle e anti democratico “fascista di sinistra”, ma un lucido crociato e missionario dell’unica vera democrazia. Fatta la debita e doverosa differenza, buono a spersi di che pasta e pensiero è fatta la democrazia alla Ingroia, magari uno se lo ritrova alleato candidato di Bersani e Vendola.