ROMA – Una cosa deve fare Mario Monti prima e insieme ad ogni altra di cui si sta occupando, una cosa che purtroppo nella sua agenda non c’è. E la “cosa” è lo stop immediato alla benzina a due euro al litro. Il governo può e deve farlo ed è sorprendente che non glielo suggerisca l’istinto, non glielo comandi il calcolo, non glielo segnali la ragione politica e sociale. Può farlo, può togliere, sgravare subito il peso di una “accisa”, cioè di una delle tante tasse suppletive che pesano come piombo sul prezzo dei carburanti.
Ce ne sono tante di “accise”, ciascuna destinata a finanziare un gruppo, un interesse, un mini settore sociale ed economico. Monti tolga uno o due di quei “sostegni” a chiunque indirizzati, il gruppo o la corporazione non più così finanziata strillerà ma non troverà sponde in Parlamento e nei partiti: chi potrebbe opporsi a un calo sia pur minimo del prezzo della benzina? Monti politicamente può farlo, nessuno metterà la faccia e il voto a sostegno di una “accisa”, nessuno si intesterà la responsabilità della benzina a due euro al litro.
Può e deve farlo il governo se ha intelletto politico. Recupererebbe a costo economico relativamente basso quote di consenso che comincia a declinare. Fermare il costo della benzina sta diventando, è diventato questione nazionale. L’inflazione al 3,3 per cento, il “carrello della spesa” il cui costo aumenta tra il 4 e il 5 per cento sono alimentati soprattutto dal costo della benzina cresciuto niente meno che del 18 per cento in un anno e del due per cento in un mese. Deve farlo il governo, deve dare questo stop se vuole sopravvivere e salvare anche per questa via il resto della sua “missione”. Sì, certo, il calo dei tassi di interesse. Sì, certo, la ricostituita credibilità finanziaria del paese. Ma se vuole aver “benzina” per riformare il mercato del lavoro o ridisegnare la politica fiscale, allora il governo deve fermare la benzina a due euro al litro. E’ una soglia insieme simbolica e concreta: due euro al litro sono un paese che non “cammina” più o, se lo fa, lo fa bruciando rancore nel motore.
Non può, nel suo interesse e nell’interesse del paese, il governo arrivare a giugno con la benzina a due euro al litro. Giugno, mese dell’Imu, mese in cui gli italiani scopriranno che c’è una tassa patrimoniale sulla casa. Certo gli italiani lo sanno già ma a giugno pagheranno l’Imu e scopriranno che è tassa pesante. In questo strano paese la “percezione” è altrettanto strana: è come se la tassa gli italiani l’avessero già pagata quanto a sopportazione sociale della nuova imposta. Quando la pagheranno davvero, appunto a giugno, sarà come fosse una seconda e ulteriore tassa. A giugno il governo verrà investito da un’ondata di “malumore” che sale e monta dal basso, ed è già improba l’impresa di sopravvivere in termini di consenso all’Imu effettivamente pagata. Se ci arriva a giugno con la benzina a due euro al litro, la somma potrebbe sommergerlo il governo, sommergerlo sotto un’onda di “Basta”.
Certo le centinaia e migliaia di euro a famiglia che costa l’Imu non potranno mai essere pareggiate da cinquanta centesimi in meno sul prezzo della benzina. Però va dato il segnale, va dato anche minimo respiro. Non si tratta di abbassare le tasse che non si può né di incrinare i saldi di bilancio che sarebbe suicidio. Si tratta di far politica: di rinunciare ad alcune centinaia di milioni di spesa, di “sostegno” a chicchessia per poter dire alla pubblica opinione che il governo rinuncia ad altrettanti centinaia di milioni di tassa sulla benzina. Una “manovra” finanziaria facile e capace di produrre respiro, consenso, credibilità. Capace di dare il senso di un governo che conosce sia i percorsi obbligati dello spread che quelli quotidiani di chi accende il motore di un’automobile.
“Manovra” ad alto tasso di popolarità ma non sarebbe, non è demagogia. Al contrario, è politica pura e delle migliori. Manovra che sarebbe investimento politico ed economico ad alto tasso di redditività: consente al governo di rifornirsi di quel consenso e di quella agibilità sociale che al governo occorrono per fare cose più grandi e difficili. Far “piangere” centomila operatori di un qualche settore beneficiari di una “accisa” per far respirare decine di milioni di italiani di fronte all’inarrestabile prezzo della benzina è un “affare” politico e sociale, è una intelligente, urgente e proficua azione di governo. Anche di un governo che non va a caccia di voti ma di riforme.
Ma il colpo d’ala sul prezzo della benzina per quel che se ne sa nell’agenda di governo non c’è. Incredibile è l’insipienza dei partiti, sia quelli che sostengono il governo, sia quelli che si oppongono. Non risulta che Angelino Alfano abbia messo la questione in agenda, né che lo abbia fatto Pier Luigi Bersani e neanche Pierferdinando Casini. Pdl, Pd e Terzo Polo levano e mettono nell’agenda di Monti la Rai, la responsabilità civile dei giudici, la praticabilità o meno per la Cgil di tutto o parte della riforma dei contratti di lavoro. Ma la benzina non c’è. Come non c’è nei comizi “rivoltosi” della Lega o “alternativi” di Vendola e Di Pietro.
E i giornali lodano e sbrodolano sulla arguzia politica di Monti che nell’agenda di governo mette tutto quel che i partiti vogliono e anche quello che reciprocamente non vogliono. Non uno che veda che il colpo d’ala sulla benzina è il colpo che il governo non dà. “Politici” e “tecnici” risultano egualmente miopi, anzi quasi ciechi. Fermare il prezzo della benzina è oggi in Italia la prima cosa da fare per chiunque sia andato alle elementari della politica e la prima misura “tecnica” per chi voglia proseguire a governare davvero e non stare solo a Palazzo Chigi per i prossimi mesi. Si può fare, si deve fare e non si fa. E’ devastante constatare quanto latitino le “basi del mestiere”, sia quello politico che tecnico: i partiti di sempre “intronati” come sempre, il governo di nuovo conio sospeso un palmo sopra la realtà, solo un palmo ma sempre per aria, sopra la realtà.
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