Aylan spiaggiato: pudore su una foto, spudoratezza sdoganata

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 3 Settembre 2015 - 14:03 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Comprendo le ragioni che hanno indotto Blitz a non pubblicare la foto di Aylan affogato a tre anni da una frontiera chiusa. “Difficile da guardare” ha scritto Blitz e perciò non offerta allo sguardo. Certo che comprendo le ragioni, si riassumono in una sorta parola: pudore. Pudore per quel bambino, per il suo cadavere, per i suoi resti. Pudore per i nostri occhi, la nostra mente, il nostro stomaco, la nostra sensibilità.

Pudore, un valore e una pratica smarriti e derisi, ignorati e vilipesi. Ritrovarne un po’ non può che far salute civile. Però c’è qualcosa che non mi torna. Anzi, più di qualcosa. Son tante, troppe le cose spudorate che tutti noi abbiamo sdoganato. Così tante e così troppe che un gesto, un pensiero, una scelta di pudore subiscono una sorta di eterogenesi dei fini, sì, insomma, finiscono per aver l’effetto non del pudore ma della reticenza.

Ve la descrivo quella foto di Aylan spiaggiato. Onde leggere di un mare, un mare qualsiasi, piccole onde da spiaggia con teli e forse ombrellone. Sabbia fine, qualche ciottolo. Forse un po’ più rossiccia la sabbia di quella di Forte dei Marmi o di Riccione o di Sabaudia o di Lignano, però di quella sabbia con cui i bambini al mare giocano. E tra le piccole onde e l’inizio della spiaggia lui, Aylan. Il volto rivolto verso il mare, di lui i capelli intrisi di acqua, un piccolo orecchio compresso tra testa e sabbia, come quando si dorme.

La maglietta rossa, il braccio sinistro parallelo al corpo, reclinato all’indietro. I pantaloncini blu, a mezza gamba. Le scarpe con lo strap, il polpaccio nudo tra il pantalone e la scarpa. Quindi il pudore di non mostrare una figura che potrebbe essere quella di vostro figlio, come uguali a quelle di vostro figlio sono le scarpe del bimbo spiaggiato, mentre le aprite a vostro figlio potete qui e adesso sentire lo stesso rumore che facevano le scarpe di Aylan quando se le levava..strap qui e adesso in casa vostra, strap fino a che Aylan non è affogato una notte tentando con il fratellino, la mamma e il papà di attraversare un piccolo mare.

Ora Aylan è un relitto spiaggiato ma veste come tuo figlio. Ed è anche bianco, non hai nemmeno l’inconfessabile alibi di una pelle di un colore diverso dal tuo che allontani, faccia da diaframma, sibili alla mente che dispiace sì, ma sono affari “loro”. No, Aylan in quella foto è uguale a tuo figlio, nipote, figlio di amici. E quindi hai pudore a guardare, guardare il bimbo spiaggiato. Si può capire, si potrebbe capire. Se ci fosse ovunque analogo pudore.

Il pudore su una foto e la spudoratezza totalmente sdoganata. Non c’è pudore nel far circolare, dare il massimo rilievo, pubblicità, legittimità e patente di realtà all’equazione straniero cioè assassino. Non c’è pudore nell’attribuire al prenderli in mare l’origine diretta dell’omicidio di Palagonia. Non c’è pudore nell’organizzare e narrare come normale e ovvia colletta civica quella che ad Ormea si prefigge di rilevare un hotel per impedire vi arrivino profughi. Non c’è pudore nell’aggiungere ovviamente: “Non è che siano razzisti, è che non li vogliamo qui”. Non c’è pudore nel democratico e alternativo Carlin Petrini che comprende e spiega: “Lo fanno per difendere il turismo”. Effetti collaterali del localismo esistenziale, ontologico, alimentare, produttivo, culturale. Al fondo del localismo c’è la tribù, l’organizzazione tribale come il più sano e vero Stato e stato degli umani. E quindi il richiamo della tribù, la fedeltà tribale scatta anche sotto panni di sinistra alternativa.

Non c’è pudore nel ripetere “aiutiamoli a casa loro”. A casa loro dove c’è la guerra?. Non c’è pudore nel raccontare ogni giorno blocchiamoli, non facciamoli sbarcare, cioè, ma non lo dicono eppure è l’unico cioè, che muoiano tutti. Circolano spudorate le parole e le tesi, le bugie e le fantasie, gli odi. Ovunque vengono accolti xenofobia e rifiuto e disprezzo e irrazionalità senza vi sia nessun velo, neanche di razionalità. Spudoratamente si può parlare ovunque di invasione, di complotto per sostituire i bianchi, di supremazia dei bianchi data da dio e dalla storia e oggi minacciata, di governi killer perché li lascino entrare. Ogni spudoratezza è totalmente sdoganata tra la gente, tra i politici, nell’informazione e comunicazione.

E allora il pudore su quella foto finisce per…essere quel che in origine forse non era ma inevitabilmente diventa. Eisenhower gli abitanti tedeschi della città vicina al lager li portò dentro il lager a vedere. Non pensò al pudore degli scheletri viventi, per le montagne di vite ridotte a scarti di membra e ossa. Non pensò al pudore per gli occhi di mamme, nonne, papà, signori e signore e signorine della Germania sconfitta. Il generale americano li portò a vedere perché quei tedeschi e tutti i tedeschi, perché la gente tedesca che pure non aveva uccisi con le sue mani, perché i borghesi tedeschi, il popolo tedesco tutto non potesse nutrire l’illusione di essere innocente. Gli sbattè in faccia le camere a gas e le fosse comuni perché sapessero di essere colpevoli, altro che innocenti.

La foto di Aylan spiaggiato fa lo stesso lavoro che fece il generale americano, ti sbatte in faccia che non sei innocente. Probabilmente è per questo che è “difficile da guardare”.  Comprendo Blitz ma io quella foto l’avrei pubblicata perché sulle spalle dell’onesto pudore viaggia neanche tanto clandestino l’insopportabile alibi dello io che c’entro? L’avrei pubblicata per guastare il pranzo, il gelato con il figlio, il mettergli le scarpe, il riordinare le cose del mare, lo sfogliare i selfie di quest’estate a tutti quelli che si sentono innocenti. E così, tanto per far pari con gli altri, gli spudorati.Che non si guastano l’umore per un bambino spiaggiato