2013, Monti “raddoppia”? No, lascia. Anzi lo faranno lasciare

ROMA – Anche se i bookmaker della politica vi offrono “quote” quasi di sicurezza, anche se gli osservatori e commentatori convergono sul pronostico, non scommetteteci sul “raddoppio” di Mario Monti nel 2013. Al contrario, con molta probabilità, quasi certezza, dopo le elezioni del 2013 Monti premier non “raddoppierà”, anzi “lascia” e soprattutto lo faranno “lasciare”. Lui ha detto: “Se riusciremo nel primo mandato, allora non ce ne sarà un secondo di mandato”. Più di una analisi, quasi una constatazione. Constatazione dei numeri e dei fatti.

Primo numero: il famoso spread che è sceso a quota 330/320. Non appena dovesse scendere sotto quota 300, più o meno tutti i partiti cominceranno a far suonare la sirena del “cessato allarme”. Non c’è più tempo per ringraziare e liquidare, dare il “ben servito” e chiudere la parentesi dello “strano” governo già nel 2012. Ma è già tempo per i partiti di pensare al “dopo” e infatti i partiti ci pensano, con l’eccezione del Terzo Polo è un pensare ormai manifesto a un “dopo” senza Monti e soprattutto senza il “montismo”.

Il secondo numero sono i quasi mille miliardi che in due aste la Bce ha concesso di prestiti a bassissimo costo alle banche europee. Denaro che le banche useranno in parte per pagare le loro obbligazioni in scadenza, in parte per acquistare un po’ di titoli di Stato, in parte per allentare il credit crunch, insomma per dare un po’, solo un po’ di soldi ad imprese e famiglie. Denaro a basso costo che farà “respirare” un po’. Respiro che la politica proverà a trasformare in iper ventilazione. In Spagna e Francia già si sussurra di tornare indietro sull’età pensionabile, in Italia sono in tanti già con il piede sulla frizione, per innestare appena possibile la marcia indietro.

Il terzo numero in realtà sono tre. Quello della disoccupazione, ufficiale, che è arrivata al 9,2 per cento. Due milioni e trecentomila senza lavoro ma in realtà sono di più. Quello dell’inflazione, ufficiale, che in Italia è arrivata al 3,3 per cento. In realtà è più alta, almeno per quel che riguarda i generi di prima necessità: viaggia al 4 per cento, punta diritto al cinque. Il terzo numero è un numero negativo: meno 1,5 per cento di Pil nel 2012. Se il lavoro scarseggia, i prezzi salgono e la ricchezza prodotta diminuisce si chiama “stagflazione”: il peggior male economico e sociale possibile. Dopo un anno così sarà fortissima la pressione sociale per governare all’insegna del “il peggio è passato” e “ora con noi comincia un’altra stagione”. Anche a costo di mentire, mentire perfino a se stessi, sarà questo che chi vuole voti dirà all’elettorato perché è questo che l’elettorato vuol sentire.

Dopo i numeri, i fatti. Ce n’è uno ogni giorno. Quello di giornata è un voto di fiducia sulle liberalizzazioni “dimezzate” o quasi. Salvi o quasi gli avvocati e i notai, salvi i tassisti con il leader Loreno Bittarelli che pubblicamente ringrazia Maurizio Gasparri “tassista onorario”. Limitazione del “danno” per tutte le categorie professionali: il 6 maggio si vota e i partiti e il Parlamento lo sanno. Quello meno visibile ma di molta sostanza è la rivolta dei Comuni, delle Regioni e delle Province contro il governo che non voleva lasciar loro la gestione di cassa. I centri di spesa resistono, resistono e resistono.  Quello che si prospetta è una riforma, un cambio delle regole per assunzioni, licenziamenti e indennità di disoccupazione che, chissà quale mai sarà, sarà comunque datata non prima del 2017. E non senza soldi pubblici da trovare, nonostante il bilancio Inps sia già in perdita.

A Monti e soprattutto al “montismo” restano due sole leve, leve potenti ma lunghe e lente a mettersi in moto e a “sollevare”: il recupero dell’evasione fiscale e il setaccio della spesa. Semi che danno frutto in una legislatura e non in un anno. Il setaccio della spesa, ammesso che arrivi, subirà, se va bene, nella campagna elettorale 2013 la stessa sorte delle liberalizzazioni. I miliardi tolti agli evasori, pochi o tanti che saranno nel 2012, i partiti giureranno e prometteranno di spenderli subito: nel 2013, appena fatto il conto di quanto incassato, non dal fisco, ma nelle urne elettorali.

Monti che raddoppia non è un pronostico indovinato nonostante sia pubblicizzato e promosso. Perché il “montismo” sta all’Italia come l’ultima neve a Roma: imbianca e cambia il panorama, ma non attecchisce. Stupisce ma svanisce. Cambia, rivoluziona le abitudini e perfino gli umori, ma per una settimana. Vi può rallegrare o addolorare ma il tempo del “montismo” finisce tra un anno e anzi già la clessidra è stata rovesciata.

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