ROMA – Alle corte e alle chiare: il presidente del Senato, Pietro Grasso, in piena coscienza e volontà si è messo alla testa di tutti coloro che vogliono il prossimo Senato sia composto di gente eletta senatore dagli elettori. Alle corte e alle chiare, il punto è qui: eletti o non eletti? Se sono eletti sono rappresentanti del popolo, come sono ora. Se non sono eletti non sono più quel che sono ora i senatori. Se li vuoi eletti, allora vuol dire che vuoi che le cose restino più o meno come sono: due Camere, magari qualche parlamentare in meno ma Parlamento e parlamentari con gli stessi connotati che oggi hanno. Se non li vuoi eletti i prossimi senatori, allora vuol dire che vuoi cambiare i connotati al Parlamento. Grasso è guida e bandiera e per ora portavoce di tanti nel Pd e nel Centro e nella Sinistra e nella Destra e perfino in M5S che il Parlamento lo vogliono con i connotati che ha oggi.
Posizione stralegittima ma che ha un inconfondibile odore. Quello che emana, proviene e identifica quella che è stata chiamata e abbiamo imparato a riconoscere e denominare come la Casta. Quel ceto politico-amministrativo-burocratico composto da decine di migliaia che diventano centinaia di migliaia con “l’indotto” e milioni con l’amministrazione a vario titolo del pubblico denaro. Quel ceto che così com’è non sopravviverebbe a una vera riforma dello Stato. Perciò Grasso e i tanti d’accordo con lui perorano quella che a Roma si chiama ironicamente una “romanella”, una mano di vernice alle pareti più o meno spacciata per una ristrutturazione edilizia. Posizione stralegittima, un po’ meno quando si identifica la “romanella” niente meno che con la democrazia. Eppure l’allarme all’odor di Casta è sincero: se si comincia a non eleggere i senatori va a finire che i consiglieri regionali non incassano e distribuiscono più soldi, che le azinde pubbliche e municipalizzate qualcuno va lì a chiedere che servizi davvero offrono e a che prezzo…E’ allarme vero, di queste istituzioni, equilibri e abitudini Grasso si erge a difensore.
Alle corte e alle chiare: Beppe Grillo, in piena coscienza e volontà farebbe e fa qualsiasi cosa per impedire che si cambino i connotati allo Stato, sì lo Stato che c’è. Dice e sottoscrive. Sottoscrive l’appello di Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelski. Appello dove c’è scritto che niente Senato eletto e eventualmente (eventualmente perché agli atti non c’è) premier che nomina e licenzia i ministri è “deriva autoritaria”. Insomma se passa una riforma dello Stato senza le due Camere e senza il primo ministro primus inter pares allora è l’anticamera del fascismo o giù di lì. Beppe Grillo sottoscrive a difesa strenua dello Stato democratico minacciato. Ma è lo stesso Stato che lo stesso Grillo aveva auspicato si smembrasse al più presto in macro-regioni/piccoli Stati perché “l’Italia non sta più insieme e non c’è ragione che ci stia”. E’ lo stesso Stato dichiarato più volte morto e putrido, anzi decomposto. Da chi? Dallo stesso Beppe Grillo. Contraddizioni legittimissime, umanissime contraddizioni. Però c’è inconfondibile puzza di bruciato quando uno dice tutto e il contrario di tutto. Sia che Grillo sente vicina una qualche presa del potere da parte di M5s, sia che altrimenti provi un brivido di paura alla prospettiva che qualcun altro davvero cambi i connotati allo Stato mentre M5S fa solo teatro, sia come sia…Sia come sia Grillo ne conta troppe per contarla giusta. Inconfondibile, genuina puzza di bruciato.
Alle corte e alla chiare: Matteo Renzi ovvero aroma di fumo. Molto fumo, anche se molto aromatizzato. Ha contro il corpo profondo del Pd e della sinistra. Ha contro il sindacato e i sindacati. Ha contro le burocrazie e la Pubblica Amministrazione. Ha contro la gran parte del ceto politico parlamentare. Ha contro l’avversario più temibile: Beppe Grillo. Poggia sul pilastro di tufo fradicio dell’accordo con Berlusconi, con Berlusconi e neanche tutta Forza Italia. Poggia sul pilastro di carton gesso di una Unione Europea che gli dia non solo credito politico ma anche e soprattutto credito monetario. Poggia sul pilastro di polistirolo che, saltato e fallito lui, il paese va “ai materassi”. Poggia su una voglia indistinta e tiepida del paese di “cambiare verso”, voglia che cala fino a sparire quando il “cambiare verso” non riguarda più la corporazione accanto ma quella che ha il tuo indirizzo. Molto aroma, troppo fumo.
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