Polverini, caccia e nomina. Faccia tosta: “Esce al naturale”. Poi le dimissioni

renata polverini e mauro zarate
Foto Lapresse

ROMA – Sta, è “uscita al naturale”. Fuori del Gra, del grande raccordo anulare di Roma, nessuno può apprezzare e intendere il valore profondo di una espressione, di un modo di dire così. Ma Renata Polverini può intenderlo appieno. Per gli altri traduciamo: nel film Il Vigile Alberto Sordi, vigile urbano in lite con il sindaco Vittorio de Sica, viene inopinatamente invitato a cena nella grande villa dei potenti che vogliono comprarlo. Prima di andare, lui avverte la moglie, sono entrambi piccol popolo romano: “Attenta a bere, attenta allo champagne, che poi me esci al naturale”. E cioè con lo champagne smetti di tentare di comportarti da signora, rispettare regole e galateo e finisci per dare spettacolo. O, sempre come si dice dentro il Gra, “te parte la ciavatta”, dove per ciavatta si intende pantofola e l’immagine della pantofola partita via dal piede non ha bisogno di traduzioni. Ecco, Renata Polverini può capire, sia perché è di Roma, sia perché sta, anzi è proprio sotto pressione “uscita al naturale”.

Faccia tosta: in neanche dieci giorni il primo va in Consiglio regionale e dice “mi vergogno a uscire di casa”, “qui è come la Concordia e l’alluvione di Firenze”, “ci sono qui tumori da estirpare come quelli tolti dalla mia gola”. Qualche giorno dopo quello stesso Consiglio regionale viene dalla Polverini ringraziato, lodato come il luogo “della buona politica ritrovata”, salutato come quello che “se se la sente”, anche la presidente Polverini “se la sente” di continuare il mandato. Passa qualche altro giorno e il Consiglio regionale, sempre lo stesso, diventa per la Polverini un luogo “indegno”, abitato da “gente che mando a casa io” come la Polverini fa sapere alla città dai manifesti con la sua faccia e firma. Aggiunge: “Avevo una Giunta meravigliosa, purtroppo era il Consiglio indegno”.

Tanto meravigliosa era la Giunta, cioè il governo e non l’assemblea della Regione, il governo presieduto dalla Polverini che, un altro paio di giorni ancora e la Polverini, sempre lei, si appresta a far fuori un mazzetto di assessori. E quali assessori? Quelli che nella vicenda Fiorito non hanno dato l’anima per lei e quelli non di stretta “famiglia polveriniana”. E qui siamo appunto al menar le mani che “esce al naturale”.

Ma non si può abbandonare la faccia tosta, non ancora. Fino alle 18 di mercoledì Renata Polverini non si è ancora ufficialmente dimessa nonostante sia andata a vendere le sue dimissioni in tutte le televisioni della Repubblica. Lo fa solo giorni dopo averlo dichiarato a tutti. Prima nomina, taglia, organizza.  Nessuno in tv le ha domandato se si era dimessa davvero e chi poteva pensare non fosse così. Lei ha detto: “Un giorno in più o in meno che differenza fa?”. Sarebbe nessuna differenza, sarebbe…Invece il primo e il secondo giorno di dimissioni annunciate ma non formalizzate una differenza l’ha fatta: la nomina di una decina di direttori generali, tra loro molto rappresentati quelli di provenienza Ugl, guarda caso il sindacato che fu della Polverini.

Ancora faccia tosta: la Polverini a tutti i giornali ha tenuto a dire che guadagnava meno di ogni consigliere. Sarà…lei ne guadagna ventimila netti al mese, se era una professione di quasi indigenza è stato un boomerang.

Faccia tosta, come si dice: da schiaffi. E menar le mani, alzare la voce, gonfiare il petto, cura e fedeltà al proprio manipolo? Da quale “naturale escono” tutti questi vizi e virtù? La milizia politica all’estrema destra, nelle terre prima del Msi e poi di An, il sindacato fascista no ma posti fascista sì, Francesco Storace come alleato e consigliere fidato nell’ultima crisi: chi nasce tondo difficilmente muore quadrato e comunque, sotto pressione, “esce al naturale”.

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