ROMA – Le lunghe elezioni americane, lunghe almeno un anno e non solo il giorno e la notte del voto, ci hanno mostrato la grande estensione e le forti radici della destra popolare negli Usa. Popolo e non solo e non certo soltanto “ricchi e ottusi”, famiglie, gente diremmo noi. Popolo, famiglie e gente che non vogliono lo Stato tra i piedi, che dello Stato e dello stesso concetto di “cosa pubblica” non si fidano, anzi temono “l’interesse pubblico e sociale” sia il cavallo di Troia per infilare le mani nelle loro tasche e nel loro patrimonio. Popolo, famiglie e gente che hanno in sospetto gli intellettuali e i politici. Popolo, famiglie e gente che è mezza America. E, sia detto per inciso, identikit di popolo, famiglie e gente che ritrae anche mezza Italia e più, perché da noi l’ideologia e la cultura del Tea Party sono trasversali e diffuse, occupano e presidiano “territori” che vanno da chi vota Lega e Berlusconi fino a chi vota Grillo.
Questa grande e popolare destra americana non ce l’ha fatta, non è “passata”. E non è “passata” non perché retoricamente l’altra metà dell’America abbia difeso la “democrazia“, le “libertà civili”, la “giustizia sociale”. Sì, certo un po’ anche questo ma solo un po’. La destra americana, forte e popolare, non è passata perché l’altra metà, anzi più della metà come da risultato del voto popolare e non solo dei “grandi elettori”, ha preferito affidare il suo portafoglio ad Obama. Provaci ancora Obama gli ha detto mezza America e più mentre gli consegnava per altri quattro anni la sorte del proprio reddito, lavoro, risparmio.
Sono state elezioni combattute, vinte e perse soprattutto se non esclusivamente sull’economia pubblica e privata. Ad Obama il più dell’America ha riconosciuto senza entusiasmi ma senza dubbi il merito di aver impedito con denaro pubblico un altro 1929 nelle strade. Di Obama il più dell’America si è fidata per conservare o ritrovare il posto di lavoro. Al Obama e al suo Stato che spende il più dell’America ha affidato la sua sicurezza di reddito e patrimonio. Gli hanno detto, consentito di riprovarci. Riprovarci ad asciugare insieme il debito pubblico e aumentare un po’ le tasse, se non a chi guadagna più di 250mila dollari almeno a chi sta sopra mezzo milione.
Riprovarci a mettere regole e limiti alla finanza e al sistema del credito che non è il nemico e non va punito ma messo in condizioni di non riprodurre altro 1929 o 2008. Finora Obama non ce l’aveva fatta eppure tutta Wall Street era contro di lui. Riprovarci a “stimolare” l’impresa con il credito largamente concesso dalla Fed. Riprovarci ad essere America, ancora e sempre “America First”, ma anche un po’ Europa quando Europa vuol dire Stato che salva e, letteralmente e figurativamente, “protezione civile”. Non è stato un caso nè per caso che Romney avesse tuonato contro i costi della Protezione Civile americana prima di Sandy…Protezione civile non solo dagli uragani di madre natura ma anche da quelli fabbricati da mano e finanza umana.
Provaci ancora Obama, gli è stato chiesto dall’America non senza qualche nota di malinconia come Humphrey Bogart in Casablanca quando chiede a Sam di fare la stessa cosa, di provarci ancora a suonare. Qualche nota melanconica perché la musica di Sam non può essere inno di festa e spensierata gioia, troppe cose sono successe da quando “i tedeschi sono entrati a Parigi…”. Provaci ancora nonostante la forte e popolare destra americana e nonostante il sopravvalutato e sovra esposto dai media “fuoco amico” dei vari “Occupy” che avevano narrato di un Obama in fondo variante colorata dei bianchi “padroni del vapore”. Provaci ancora Obama, perché l’America non va a destra, non si chiude nella sua destra di popolo, di gente e di portafoglio e questo è un regalo per l’Europa, un sollievo per l’Europa. Sempre che l’Europa sappia evitare di diventare essa stessa un continente patchwork di Tea Party “nazionali”.