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Il cappio appeso alla scopa, l’ultimo stadio della Lega

di Mino Fuccillo |11 Aprile 2012 18:51

Roberto Maroni (Lapresse)

ROMA – La proposta politica: “Fuori dalle palle chi rompe le palle”. Il programma politico: “Fare pulizia e stare uniti”. Entrambi copyright del leader in pectore, Roberto Maroni. Sì, va bene: niente rotture di palle e scopa in mano. E poi, tutto qui? Sì, tutto qui. Anzi no: ci sono le “nuove regole”, quel che Maroni annuncia si farà “d’ora in poi”. “I soldi ai militanti e non in Culonia”. “Meritocrazia”. “Largo ai giovani”. “Fuori chi viola il codice morale della Lega”. Regole nuove, nuove di zecca padana. Quindi finora i soldi non andavano “ai militanti e alle sezioni”, non venivano premiati i meritevoli, non andava fuori chi violava il codice. Un bilancio confesso da default politico, eppure l’ultimo stadio della Lega applaude.

L’ultimo stadio, stadio in senso stretto: cantano i militanti: “Reguzzoni fuori dai coglioni” e “Chi non salta Rosy Mauro è”. Cori da curva, linguaggio da curva. Sì, va bene e poi, tutto qui? Sì, tutto qui. Anzi no, c’è l’obiettivo finale: “Padania libera, indipendente e sovrana”. Grido e grida di uno che cinque mesi fa era ministro degli Interni della Repubblica italiana. L’ultimo stadio, stadio arena dove alla scopa che tutto spazza viene appeso e mostrato un cappio. Stadio che maledice in coro tutti i nemici: “Roma, l’Europa, la finanza, il governo”. Stadio che non sopporta il palleggio di parole del vecchio “capitano”: Umberto Bossi mastica e rimastica la parola “complotto” e lo stadio mugugna. Umberto Bossi espone la sua sofferenza di uomo, anzi di padre messo nei guai dai figli e lo stadio non ha pazienza, vuole il “gol”, non ha tempo per gli “infortuni e gli infortunati”. Fa pena Umberto Bossi, di molto se non di tutto politicamente colpevole. Fa pena in questo stadio.

Al suo ultimo stadio, nel suo ultimo stadio la Lega risorta è gonfia e vuota. Si gonfia di un trucco verbale, di un gioco di prestigio: torniamo la Lega di venti anni e tutto sarà meraviglioso e splendente. E cosa in questi venti anni ha sporcato e deviato? Domanda da non porre e da non porsi. Si gonfia di orgoglio a passata memoria. Si gonfia di emozioni e resta vuota di ragioni, perfino di ragionevole ragione e ragionare. Vuota di null’altro che non sia un coro da stadio e una coreografia da curva. Il segno, il piccolo ma indelebile segno lo ha dato il trentenne che ha aperto dal palco l’appuntamento di Bergamo. Non era un passante, era il presentatore ufficiale. Eccolo dire: “Qui con noi ci sono i triumvìri”. I triumvìri con l’accento sulla prima “i”. Non è solo un accento messo dalla voce sul posto sbagliato. E’ che per la prima volta in vita sua quel trentenne ha sentito e pronuncia quella parola, non sa di che cosa parla.

Lo stesso accade alla Lega, non sanno e non vogliono sapere di cosa parlano. Non sono stati vittime né del complotto esterno mormorato e ruminato da Umberto Bossi né del tradimento interno denunciato da Roberto Maroni. E’ accaduto loro il manifestarsi dell’estrema ma coerente conseguenza del predicare, credere e combattere perché l’unica vera politica sia occuparsi dei fatti propri, della propria casa, quartiere, provincia, famiglia. Se questa è l’unica politica degna e vera quel che è accaduto alla Lega ne è conseguenza. Accade anche altrove, anche in altri partiti, il che non consola. Accade in maniera più fragorosa alla Lega perché è lì che è stato piantato, coltivato e reso oggetto di culto esclusivo l’albero del “fatti i cavoli tuoi” ed è questo il valore supremo. Una nemesi crudele e come ha detto Bossi “sfortunata”. Ma chissà con l’accento messo dove si pronuncia nemesi in lingua leghista.

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