ROMA – Alessandro Sallusti, oggi direttore de Il Giornale, rischia la galera e questa è una follia. Rischia la galera come pena per aver pubblicato e diffamato, come direttore responsabile di Libero, un cittadino italiano. E l’idea, la stessa idea che la pena per aver pubblicato un articolo sia pur diffamatorio sia o possa essere la galera, è follia, acida e rancida follia. Quindi, qualunque cosa abbia pubblicato Sallusti direttore di un quotidiano, qualunque diffamazione abbia perpetrato, Sallusti libero deve restare. Sallusti libero deve essere lo slogan e Sallusti libero deve essere la conclusione della vicenda. Sallusti libero tre volte dunque. Ed è in fondo quel che chiedono e sostengono tutti, M arco Travaglio compreso, quel Travaglio che di Sallusti non è certo amico.
Lo dicono e sostengono tutti Sallusti libero, e allora perché aggiungere anche queste righe, perché ribadire? Perché c’è una cosa che non dice nessuno e cioè Sallusti libero sì, ma Sallusti eroe proprio no. Libero perché il suo reato non può avere come pena la detenzione, mai e poi mai. Però eroe dell’informazione, della virtù e della convivenza civile proprio no, almeno tre volte no. Primo: quando Libero pubblica quell’articolo incriminato Sallusti è direttore di Libero. Giustamente si dice che la legge vigente è punitiva e assurda: un direttore non può essere penalmente responsabile di tutto ciò che ogni giorno si pubblica, anche volendo materialmente non potrebbe controllare. Disposizione di legge ipocrita che ha il solo significato della intimidazione preventiva. Bene, giusto, perfetto e basta con questa minaccia perenne e generica sulla testa dei direttori. Però…
Però quel pezzo diffamatorio quel giorno non è una notiziola e non compare a pagina sette, dieci, venti…del quotidiano. E’ in prima pagina, è un commento “di linea” ed è firmato da uno pseudonimo. Cari colleghi giornalisti, non facciamo noi gli ipocriti, sappiamo che i direttori i pezzi di questo tipo li controllano eccome, anzi li chiedono, li vogliono, talvolta li scrivono pure, di certo li leggono prima che siano pubblicati perché sono articoli che fanno l’identità del quotidiano.
Secondo, in quell’articolo si chiede, si reclama la pena di morte. Ma non la pena di morte in generale, il che è un’opinione. Si reclama la pena di morte per uno con nome e cognome, il che è…Ciascuno decida da solo cosa è, di certo non solo e soltanto libera opinione.
Terzo, la pena di morte ad indirizzo e nome preciso perché? Perché quel nome corrisponde a un giudice di sorveglianza che ha reso possibile l’aborto di una minorenne.
Riepiloghiamo: l’opinione è che se un giudice applica una legge che mi fa schifo in maniera che mi fa orrore posso chiedere per lui pubblicamente la pena di morte additandolo come una sciagura per l’umanità. Questa “opinione” è stata condannata come diffamatoria, il che francamente non fa una piega. La prima condanna era una multa di 5.000 euro, il che era anche poco. Lì si doveva restare, magari moltiplicando per dieci visto che la parte lesa dichiara che andrà tutto a Save the Children. Una burocrazia leguleia travestita da giustizia minaccia per Sallusti galera. No, proprio no, tre volte no. Una solidarietà dovuta e sacrosanta a Sallusti, sì, tre volte sì. Una smemoratezza tra il distratto e l’omertoso, molto di “categoria” sul come della vicenda, un omettere a fare di Sallusti un eroe dell’informazione ed opinione, proprio no, tre volte no.
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