Monti ha salvato i conti pubblici e così facendo ha salvato l’Italia? Questo dice lo stesso Mario Monti e questo dicono in tanti. Non si sa quanto ci credano davvero ma lo dicono. Ma se qualcuno lo dice a voi, fategli vedere questa tabella, che è basata sulle cifre prodotte nel 2012 nei 2 documenti del Governo Monti, alla luce delle nuove stime Ocse uscite martedì 27 novembre.
La prima colonna riporta il Pil di quest’anno (su cui l’Ocse è più ottimista del nostro Governo), le altre riportano le stime per il 2013 (anno chiave per giudicare ora le stime di questo Governo) e successivi. Le ultime stime Ocse sono per un -1%, cioè 1,5 punti peggio rispetto alle stime governative contenute nel Primo Documento di Economia e Finanza (DEF1) della primavera scorsa. Ancora forse più grave è che la metà di questo scostamento (0,8 punti di recessione in più) spunta fuori negli ultimi due mesi rispetto alla correzione di stime contenute nella Relazione di aggiornamento del settembre 2012.
Anche le stime per il 2014, anche se appare così lontano, costituiscono lettura interessante ancorché deprimente. Scopriamo così che nel giro di soli 6 mesi il Governo ha corretto la sua stima del tasso di disoccupazione 2014 da 8,9% a 11,3% e che nel giro di altri due mesi con l’Ocse siamo arrivati a 11,8%, 3 punti percentuali di disoccupazione in più in 6 mesi. Negli Stati Uniti se un governo pubblicasse questi numeri sarebbe sconfitto 90 a 10 alle elezioni.
Ovviamente le cifre più clamorose riguardano la finanza pubblica che questo Governo ha messo al centro della sua azione su suggerimento europeo. Ebbene sempre per il 2014 questo Governo e questa Europa stimavano per il rapporto debito-Pil (deficit-Pil) un valore di 118,2% (-0,1%). Oggi le stime OCSE dicono che sarà 132,2% (-3,4%).
Sono numeri senza precedenti nella storia della Repubblica italiana e mi chiedo chi possa mai dire che questo Governo e questa Europa siano a favore della stabilità dei conti pubblici. Un disastro basato sulla contabilistica illusione che i Governi prendono atto delle dinamiche sociali ed economiche e che non sono invece l’attore predominante di queste con le appropriate politiche economiche per la crescita.
Ancor più deve preoccupare il fatto che la disoccupazione salga malgrado l’occupazione tenga. Questo significa una sola cosa, che cresce il numero di persone che cercano lavoro, spesso perché il capo famiglia ha perso l’occupazione a tempo indeterminato, e il/la consorte scende in campo a supporto. La crescita della disoccupazione si mischia dunque a crescita dell’occupazione precaria, un fenomeno che può essere più facilmente tollerato in espansione, ma non quando i numeri sono così recessivi.
Il messaggio finale è solo questo: l’austerità, l’aumento della tasse e la diminuzione della spesa pubblica in recessione rappresentano una follia che nessuno studente del primo anno di economia suggerirebbe, specie quando si finisce per flirtare con così grande spensieratezza con la fine dell’euro.
C’è da piangere, specie se si pensa che proprio la reputazione internazionale di Monti avrebbe potuto credibilmente far digerire ai mercati l’unica cosa che attendevano con ansia dall’Europa: la certezza che, una volta superata la tempesta perfetta della recessione con maggiore spesa pubblica, i governi europei avrebbero credibilmente riportato la spesa al livello originario o addirittura l’avrebbero ulteriormente qualificata.
Invece Monti non ha auto il coraggio di rischiare. E ora eccoci qua, delusi e bastonati.
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