Alle due del pomeriggio del 30 novembre, 36 ore dopo che tutti hanno potuto vedere ovunque, in tv e sul web, le sequenze dell’omicidio e il volto dell’assassino, la Procura di Napoli desolatamente comunica: «Nessuna segnalazione è arrivata». Napoli tace, il quartiere Sanità è muto. È questa la reazione all’esecuzione in piazza di Mariano Bacioterracino. Quel video in cui si ammazza ha prodotto milioni e milioni di occhi attenti e curiosi e neanche un paio di labbra che si schiudono per una parola, una telefonata alla polizia.
Nessuno parla e chi di mestiere scrive, dopo aver visto il video, lo fa in maniera disperata, letteralmente senza speranza. Roberto Saviano su “Repubblica”: «Sarebbe bello se tanta gente, se l’intero quartiere denunciasse… non tanto per rendere giustizia all’ennesimo criminale ucciso, quanto per rendere giustizia alla dignità, credibilità, luce e serenità di Napoli… La denuncia del killer potrebbe essere l’unico modo per riscattare un’umanità ormai sempre più a suo agio nella disumanità in cui è costretta a vivere e in cui sembra comodamente vivere…». Claudio Magris sul “Corriere della Sera”: «Quel video è un reportage di guerra… una guerra che forse non ci si vuole accorgere di avere sostanzialmente perduto».
Nessun riscatto, nessuna reazione, guerra perduta: amen. Il video inquadra, trasmette e manda in onda l’assuefazione in fondo accomodante della brava, normale, quotidiana gente d’Italia. La schiena del paese, ammesso che ne abbia ancora una, non è percorsa da alcun brivido di gelo: è questa l’immagine più cruda del video, altro che quella del colpo di grazia sparato alla testa.
Mezzogiorno o giù di lì dello stesso giorno, il ministro della Difesa La Russa testualmente dichiara: «Non sono in grado di dire quello che è successo, ma è certo che il comportamento dei Carabinieri è stato corretto… Qualunque reato abbia commesso, questo ragazzo ha diritto a un trattamento rispettoso della dignità umana». Aveva diritto Stefano Cucchi, aveva e non “ha”. Quando il ministro parla Cucchi è già morto da tempo. Aveva diritto che qualcuno gli ha negato, La Russa non sa chi ma esclude siano stati i Carabinieri, i “suoi” Carabinieri. E’ la reazione istituzionale ad un altro video, quello che ha mostrato il corpo massacrato e il cadavere sfigurato. La reazione istituzionale è corporativa e difensiva: per i miei garantisco io anche se non so che cosa è successo.
Anche questo video l’hanno visto milioni di occhi, con curiosità e qualche raccapriccio. Ma anche qui nessun brivido civile e collettivo. Cucchi era un drogato, un detenuto. Le foto del suo cadavere straziato fanno anche pena alla brava gente. Pena e via, andare. Andare alla vita “concreta” di ogni giorno. Può capitare che mentre sei in galera ti spezzino le ossa. Deplorevole incidente. La reazione dopo averlo saputo? Un sospiro di compassione e non facciamo vedere le immagini ai bambini. Finito il sospiro, amen: chi è morto giace e la brava, normale e quotidiana gente si dà pace. Anche il secondo video, quello del corpo di Cucchi, inquadra e manda in onda una sostanziale “reazione zero” e tolleranza massima di un’umanità tanto rassegnata quanto incattivita.
Quella stessa umanità che abbiamo visto all’opera la sera prima in una trasmissione tv, “Terra” di Canale5. Ottimo lavoro giornalistico mosso da una sensibilità rara. Sono andati a Montalto di Castro dove hanno fatto parlare la gente. La brava, normale e quotidiana gente che però si fa fatica a definire tale. Un padre di uno stupratore confesso e condannato che urla al martirio di suo figlio, responsabile solo di “una ragazzata”. Va bene, anzi male. Ma è il padre, un padre ottuso e corresponsabile come mancato educatore della violenza del figlio, ma un padre. No, non è solo il padre: ecco donne e ragazze di Montalto di Castro che inveiscono contro la quindicenne stuprata perché viene da un altro paese, che la invitano a “mettersi la maschera” della vergogna per essere stata violentata. Ecco madri c e nonni che la chiamano puttana, ecco quello scarto umano di ragazzotto che dice ridendo: «Se c’ero io, eravamo in nove…». A stuprarla infatti sono stati solo in otto. È quasi tutto un paese che fa così contro la “strega” che ha inguaiato i “bravi ragazzi”. Solo una donna si sottrae al coro e praticamente l’aggrediscono in piazza.
Anche questo di Montalto di castro è un video della nostra contemporaneità, inquadra e manda in onda il tribalismo incivile, la crudeltà familiare, la cultura in fondo camorristica della comunità e del territorio.
Due video, anzi tre. L’esecuzione in pubblico e nessuna reazione. Un detenuto a perdere, un uomo ridotto a scarto di umanità. Reazione: e io che c’entro? Una ragazzina stuprata. Reazione del paese degli stupratori: bruciatela sul rogo. Due video, anzi tre che inquadrano la brava, normale, quotidiana gente che si fa i fatti suoi, ai fatti suoi pensa e che tiene famiglia.
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