È ” nazista nell’animo” Giorgia Meloni? Così ritiene il prof. Luciano Canfora, un noto filologo. E ribatte il suo pensiero: “Continuo a pensarlo e lo ridirei”, risponde ai giornalisti che lo incalzano. Ecco, un’altra battaglia giudiziaria tanto per non venir meno alla moda.
Giorgia Meloni legge e si rivolge ai giudici, querelando il professore per diffamazione. La prima udienza del processo si svolgerà il 16 aprile in un clima infuocato, perché un congruo numero di intellettuali non è d’accordo con la Meloni e ritiene che questo sia “un attacco alla libertà di stampa”. Si aggrega qualche sindacato, così il quadro è completo.
I campi larghi o le ammucchiate non mancano mai. Questa è l’ennesima dimostrazione anche se siamo fuori dalla sfera prettamente politica. Sarà vero? Assoloutamente no, perché è proprio l’ennesima battaglia che divide la destra dalla sinistra.
I primi sono dalla parte di Giorgia Meloni,i secondi tuonano e fanno le bizze perché un presidente del consiglio non dovrebbe mai comportarsi così. Infatti – sostengono – quando si occupa la poltrona di Palazzo Chigi, non si può avere la querela facile.
Insomma, si scatena il solito putiferio che piace tanto all’informazione, perché le notizie ghiotte vanno a braccetto con le vendite dei giornali o con gli indici di ascolto. Però stavolta non si tratta di un episodio tanto al chilo. E’ la premier che si indigna perchè non può essere considerata una nazista.
Questo è l’interrogativo che suscita il caso: un capo del governo può rimanere zitto difronte ad un’affermazione del genere? E’ superfluo ricordare quale significato ha il sostantivo nazista. Rappresenta le forze armate del governo hitleriano, i campi di concentramento, lo sterminio degli ebrei e quant’altro che la storia ci ha insegnato.
Allora, si deve far finta di niente anche quando si ha il compito di guidare una Nazione? Gli autori della raccolta delle firme e i cespugli che si sono aggregati si indignano e sostengono che se qualcuno ti dipinge come un nazista non si deve reagire, in specie se si è un presidente del consiglio.
Vuol dire limitare la critica, venir meno ad un principio sacrosanto della nostra Costituzione. Si fa quindi ricorso alla libertà di stampa perché il bavaglio è proibito in un Paese civile e democratico come il nostro.
E’ altrettanto vero però che un premier non può essere considerato un nazista perché così si insulta non solo un presidente del consiglio, ma anche i milioni di italiani che votando l’hanno mandata a Palazzo Chigi.
Luciano Canfora non arretra di un centimetro, è convinto che le sue parole hanno un fondamento di verità, che Giorgia Meloni non può rappresentare il nostro Paese perché il suo curriculum politico parla chiaro fin da quando era nelle file del Movimento Sociale, caro a Giorgio Almirante.
Ragionando così, ognuno di noi potrebbe essere considerato un fautore delle follie hitleriane e rimanere in silenzio se qualcuno ti apostrofa con quel termine. Allora, se un cittadino conune reagisce e si reca dal giudice per presentare una sacrosanta querela contro chi lo considera più che un antisemita, non c’è scandalo. Se invece, un premier reagisce e si comporta come un italiano qualsiasi si scatena il putiferio.
“No, Palazzo Chigi non lo può fare, non può impedire le critiche”, ripetono gli avversari della Meloni. Ma sono soltanto critiche o c’è dell’altro?
Ora non si sa in che modo andrà a finire il contenzioso Meloni- Canfora. In ogni caso non vorremmo essere nei panni di quel giudice che dovrà pronunciarsi a proposito. Forse non dormirà tranquillamente come il principe di Condè alla vigilia della battaglia di Rocroi.
Lo si comprende, meno facile è capire il perché di un simile putiferio. Il Paese passa giorni difficili, ma la consuetudine non cambia.
Salvini è contro Tajani perché ha paura del sorpasso, il ministro Valditara non condivide il pensiero di Sergio Mattarella a proposito della scuola di Pioltello che vede il 43 per cento dei ragazzi dell’istituto di religione islamica, gli ultras dell’opposizione non si accontentano delle dimissioni di un solo ministro, Daniela Santanchè, ma vogliono anche che tornino a casa Valditara e Salvini che non la pensano come il presidente della Repubblica sulla festa del Ramadan: chiudere una scuola per venire incontro ai desideri di una minoranza islamica.
Domanda: quando la pianteremo di inventare grane e pensare solo ai veri problemi che assillano l’Italia?