Afghanistan, le colpe di Biden seguono il disastro di Trump, in 20 anni hanno guadagnato solo i mercanti di droga

Afghanistan, grande fuga da Kabul, tutti a dare addosso al Presidente USA Joe Biden. Ma cos’altro poteva fare se non dare esecuzione a un accordo raggiunto dal suo predecessore Donald Trump? Anzi, gli accordi raggiunti da Trump erano due, firmati entrambi il 29 febbraio 2020.

Un accordo è stato firmato a Doha dall’allora segretario di Stato Mike Pompeo e dal numero due dei talebani, il mullah Abdul Ghani Baradar. L’accordo era  modellato sulle esigenze politiche ed elettorali di Trump. Espresse con lo slogan programmatico America First. Anziché sulle aspettative degli afghani. Sulle esigenze del governo di Kabul. E sui modi e i tempi realmente necessari per arrivare a una pace vera, solida, non di facciata.

L’accordo di Doha ha legittimato politicamente i talebani. Concedendo loro molto. A partire dal ritiro completo delle truppe straniere, da concludersi entro la fine di aprile 2021.

Senza neppure interpellare gli altri Paesi militarmente presenti in Afghanistan con la NATO. Senza neppure interpellare, in particolare, l’Unione Europea. 

Gli incontri di Doha erano iniziati su decisione di Trump nel settembre 2018 tra Zalmay Khalilzad, il rappresentante speciale USA confermato da Biden. Trump a differenza dei suoi predecessori ha voluto negoziare un accordo bilaterale coi talebani, escludendo totalmente il governo di Kabul.

I talebani hanno ottenuto il ritiro delle truppe, velocemente ridotte intanto a soli 2.500 soldati USA. In cambio della promessa di rompere con organizzazioni terroristiche come al-Qaeda. E di iniziare un dialogo con i politici afghani, compresi quelli allora al governo neppure mai consultati, che mettesse fine alla guerra civile.

L’altro accordo, firmato a Kabul, serviva a rassicurare il governo allora in carica. Ma in realtà al presidente afgano Ashraf Ghani, quello fuggito lo scorso 15 agosto, non ha garantito nulla. Ed è stato tenuto fuori dai colloqui di Doha nonostante fosse lui l’uomo che nel febbraio del 2018 aveva avuto il coraggio di aprire ai talebani. Avendo capito che senza un accordo con loro la guerra civile e la presenza militare straniera sarebbe proseguita per chissà ancora quanto tempo.

Trump vedeva in Afghanistan uno slogan elettorale

Trump ha incassato la fine delle ostilità tra USA-NATO e talebani, incasso utile per lui in chiave elettorale. Ma ha fatto accettare a Ghani decisioni che questi avrebbe voluto o evitare o almeno posticipare. Per avere lui tempo e spazio per trovare un accordo coi talebani.

Per esempio, avrebbe voluto trattare lui il rilascio dei 5.000 detenuti talebani in cambio del rilascio dei 1.000 prigionieri governativi. Invece senza neppure essere interpellato ha dovuto accettare il fatto compiuto. Compiuto dagli USA senza che lui ne sapesse nulla. E che Biden s’è trovato in eredità assieme al resto.

Anche Biden sperava di farsi pubblicità in casa

Biden ha voluto anche lui usare il ritiro militare per farsi pubblicità. Ha infatti spostato la data del ritiro completo dalla fine di aprile 2021 all’11 settembre. Data molto simbolica, specie negli USA. L’11 settembre del 2001 è il giorno in cui i kamikaze di al-Qaeda schiantandoglisi contro con due aerei di linea hanno fatto crollare il simbolo e vanto di New York, le Twin Towers. Provocando così in un sol colpo oltre 3mila morti, più o meno 10mila feriti e lo shock del primo attacco in territorio nazionale in tutta la storia degli Stati Uniti. Poi come è noto sotto l’incalzare dell’avanzata talebana Biden ha dovuto anticipare l’abbandono dell’Afghanistan al 31 agosto. 

Tutti a dare addosso a Biden, ma nessuno ricorda che il 1°maggio 2003, cioè ben 18 anni fa, l’allora presidente USA George W. Bush ha annunciato trionfante che l’operazione militare Usa in Afghanistan “ha raggiunto il suo obiettivo”. Bush era stato preceduto dal suo Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, che il 1° marzo aveva dichiarato la “fine dei combattimenti in Afghanistan“.

La guerra in Afghanistan più lunga di tutte le altre assieme

Come è ben noto, la guerra in Afghanistan è durata più della seconda guerra mondiale, della guerra di Corea e di quella del Vietnam messe assieme. Nel corso di questi sciagurati 20 anni sono stati uccisi duemila soldati USA (l’Italia ha avuto 57 militari uccisi e 700 feriti) e non si sa esattamente quante decine di migliaia di civili afgani. Il totale delle vittime, afghane e non, pare arrivi a 170mila. Secondo altre fonti, la cifra reale è il doppio. In ogni caso, un altro sanguinoso e tragico buco nell’acqua, costato anche cifre pazzesche. 

Da notare che in questi 20 anni gli USA e la NATO in Afghanistan non hanno costruito nulla, neppure un ponte, una strada, una scuola, un ospedale. Gli antichi romani in 20 anni di occupazione avrebbero costruito terme, ponti, strade, acquedotti, anfiteatri, templi… E magari avrebbero anche sradicato la produzione di oppio, argomento sul quale è bene dire qualcosa.

Nel luglio del 2000 i talebani misero al bando la coltivazione dell’oppio nelle aeree sotto il loro controllo, cosa che non ne impedì la coltivazione illegale. Ma, già l’anno successivo, portò a una riduzione del raccolto del 94%.

Poco dopo l’invasione dell’Afghanistan a guida statunitense del 2001 la produzione di oppio incrementò nuovamente e nel 2005 l’Afghanistan aveva riconquistato la sua posizione di primo produttore mondiale di oppio. Sfornava il 90% dell’oppio mondiale. Con un giro d’affari annuale semplicemente mostruoso, calcolato in oltre 6,6 miliardi di dollari secondo i dati dell’Unodc (l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine). In sostanza i produttori e trafficanti d’oppio hanno agito dall’interno della coalizione di occupazione statunitense dell’Afghanistan.

Ci hanno guadagnato i trafficanti di droga

L’ex presidente Hamid Karzai, l’uomo che si è proposto per la mediazione nel corso dei drammatici avvenimenti dell’agosto scorso, ha aiutato i trafficanti di droga a scappare dalla giustizia. Ha graziato 5 poliziotti impegnati a smerciare droga. E ha permesso l’arresto di un sindaco che denunciava la corruzione. Lo scrive nell’agosto del 2009 l’ambasciatore Usa a Kabul in un rapporto ufficiale.

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