ROMA – Ma che fa Ali Agca? Parte, non parte, parte, non parte…. Alla fine i petali della margherita sfogliata per l’intera giornata di ieri tra un tentato colpo di scena e l’altro sono finiti al petalo “parte”. Ormai soprannominato dal popolo del web Alì Agca-cha-cha-cha per le sue mille versioni – una più incredibile dell’altra sia per il suo attentato a Papa Wojtyla che per le sue “rivelazioni” sul mistero Emanuela Orlandi – in tarda serata il turco, fresco reduce dall’avere scenograficamente deposto un mazzo di fiori sulla tomba in S. Pietro della sua vittima, è finalmente partito: caricato d’autorità su un areo ed espulso dall’Italia verso la natia Turchia.
Si è così conclusa una giornata decisamente particolare, che vale la pena raccontare anche per le incredibili pretese da parte dei patiti del mistero Orlandi di condizionare e pilotare le indagini sulla scomparsa di Emanuela in modo da far continuare all’infinito quello che man mano è stato ridotto solo a show di pessimo gusto e a uso di programmi televisivi troppo disinvolti, oltre che di gruppi Facebook di visionari maniacali senza freni e dalla calunnia fin troppo facile. Pretese respinte senza esitazioni dai magistrati Giancarlo Capaldo e Simona Maisto, che hanno infatti bollato in modo chiaro, inequivocabile e definitivo Agca come “non credibile”: troppe le sue “verità” man mano sbandierate nel corso dei decenni… compresa la promessa di riportare “Emanuela a casa entro la fine dell’anno” 2010, vale a dire ormai cinque anni fa, quando si era già anche detto “pronto a rivelare tutto”. S’è visto!
Quando nella mattinata di ieri s’è sparsa la voce che il giudice di pace aveva deciso che Agca, trovato in possesso di documenti irregolari, poteva essere espulso, i legali della famiglia Orlandi hanno presentato un’istanza per chiedere che Agca fosse invece trattenuto in Italia e interrogato dai magistrati. E Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, dichiarava quanto segue:
“E’ stata respinta l’istanza presentata [lunedì mattina]. Non hanno nessuna intenzione di interrogarlo. Credo sia abbastanza allucinante questa fretta di espellerlo, partirà stasera. Inattendibile o meno, lui ha fatto delle dichiarazioni precise su Emanuela, e siccome c’è un’indagine aperta, sarebbe stato un dovere da parte della magistratura verificarne la veridicità attraverso un’interrogatorio che poteva porre fine alle esternazioni di Agca e capire una volta per tutte se c’era solo follia, nelle sue dichiarazioni, o qualcosa di più concreto. Spero in un ripensamento”.
Come possa Pietro Orlandi credere ancora alle chiacchiere dello stesso Agca che in Turchia nel 2010 gli aveva promesso di riportare Emanuela a casa entro pochi mesi è un bel mistero. Mistero ancor più misterioso dal momento che lo stesso Agca già nel 2006 aveva “rivelato”, e ribadito pochi anni fa, che Emanuela “è stata portata nel palazzo del principe Hans Adam del Liechtenstein dopo un apposito incontro con la segreteria di Stato del Vaticano”, incontro che a dire del turco sarebbe avvenuto il 15 giugno 1983, cioè una settimana prima della scomparsa della ragazza, Come se non bastasse, anche dei recente, cioè l’altro ieri dopo la sceneggiata dei fiori per Wojtyla, Agca ha invece detto e ripetuto che Emanuela è chiusa in un convento, forse del Lazio, e che ovviamente il Vaticano sa e tace….
Lunedì la tensione dei patiti dell’Emanuela Orlandi Show saliva alle stelle quando Agca raggiunto per telefono dal giornalista Marco Ansaldo di Repubblica faceva accortamente sapere di essere pronto a restare “e a rispondere alle domande dei giudici sull’attentato a Wojtyla e sul caso Orlandi”. Peccato che lo avesse già detto e promesso nel 2010….. Cosa che però non ha impedito ai fan del mistero Orlandi di lanciare una mobilitazione generale via Facebook:
“Alle 18:15 saremo a protestare con gli striscioni a Piazzale Clodio davanti la Procura di Roma. Chi è disponibile su Roma, venga!!!”.
Ad andarci sono stati solo in tre. Che, vista la malparata, hanno pensato bene di stendere qualche striscione e qualche cartello per fotografarli e farli così girare in rete: il buio poteva far pensare che a protestare ci fosse chissà quanta gente…
A questo punto si è ripiegato sulla protesta via e-mail, così annunciata sulla pagina Facebook che da qualche anno su iniziativa di Pietro Orlandi cerca di tenere viva l’attenzione sul mistero della scomparsa di Emanuela:
”Visto che do per certo che la Procura di Roma rappresentata dal Dott. Giancarlo Capaldo e dalla Dott.ssa Simona Maisto si tengono informati sull’andamento di questa pagina di FB, li invito calorosamente a fare il possibile affinchè il Sign. Alì Agca non venga subito espulso tra poche ora dall’Italia ma che colgano l’occasione di convocarlo al più presto in Procura per una audizione e magari un confronto tra le sue teorie e quelle del super testimone MFA.
Li ringrazio da parte di tutti gli attivisti della Petizione se presteranno attenzione a questo messaggio”.
E nel caso – molto probabile – non vi prestassero attenzione, ecco pronta l’alternativa:
“Suggerirei di inviare un’e-mail di protesta per il non utilizzo di Ali Agca – visto che si trova in Italia – e/o confronto con Marco Fassoni Accetti”.
Ma a chi inviare le mail di protesta? A quale indirizzo di posta elettronica? Ecco le risposte:
“La e-mail è procura.roma@giustizia.it , all’attenzione del Dott. Giancarlo Capaldo e dalla Dott.ssa Simona Maisto. Scatenatevi!!!!!”.
A scatenarsi era più che altro il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, autore due anni fa di un libro a quattro mani con Pietro Orlandi intitolato “Voglio tutta la verità” e autore di recente del libro “Il ganglio”, che ha la strana pretesa di trasformare le affabulazioni auto accusatorie di Marco Fassoni Accetti riguardo la scomparsa della Orlandi, finora da nulla confermate, addirittura in “verità storica”. Verità storica delle lotte in Vaticano pro e contro la politica anticomunista di Wojtyla: cioè a dire, come il Vaticano ha vissuto gli ultimi anni della cosiddetta Guerra Fredda. Questo l’anticipo sensazionalistico di Peronaci su Facebook, con un occhio bene attento a fare pubblicità al proprio libro:
“Alì Agca è a Roma, la Procura a un bivio. Pietro spera che i magistrati interroghino il turco e rinnova la richiesta di essere ricevuto da papa Francesco.
E’ tornato Alì Agca, e solo una sottovalutazione del suo ruolo e delle coperture di cui ha beneficiato (dalla fine degli anni ’70 a oggi, tramite un forte potere di interdizione e ricatto, evidentemente) possono far minimizzare quanto accaduto oggi nella basilica di San Pietro.
Adesso la questione principale, di importanza cruciale per l’accertamento della verità sulla scomparsa di Emanuela e Mirella, riguarda le mosse che effettuerà la Procura di Roma, titolare dell’inchiesta Orlandi-Gregori, nelle prossime ore. “Deciderà di interrogare Agca o lo lascerà ripartire senza sentirlo?”, si chiede Pietro in una intervista in uscita domani.
Le connessioni tra attentato al Papa-ruolo di Agca (1981) e duplice sequestro (1983) sono d’altronde di tutta evidenza. In tutte le inchieste aperte in tre decenni i magistrati le hanno considerate consustanziali alla ricostruzione storica e giudiziaria degli eventi, considerato che (tanto per ricordare un indizio pesante) prima di Emanuela altre ragazze con cittadinanza vaticana furono pedinate da uno straniero con sembianze mediorientali, forse turco.
Nell’ultimo anno e mezzo, con l’iscrizione tra gli indagati di Marco Fassoni Accetti, questo scenario si è sostanziato ulteriormente, per almeno 5 elementi acquisiti nell’istruttoria.
1. Accetti dice che fu lui a telefonare alla pensione Isa, in Prati, per prenotare la stanza di Agca (e il proprietario all’epoca, in sede processuale, ricordò che la prenotazione fu fatta da un italiano)
2. Accetti dice che il movente del sequestro di Emanuela e di Mirella (incrociando le rispettive cittadinanze per premere su Santa Sede e Italia) era indurre Agca a ritrattare le accuse ai bulgari come mandanti dell’attentato al Papa, in modo da salvaguardare il dialogo con l’Est che stava a cuore alla fazione ecclesiastica denominata “Il Ganglio”.
3. Accetti dice che scelse di farsi arrestare (circostanza facilmente verificabile) nel 1982, per diffondere la falsa voce in carcere che un arruolato del kgb stesse per uccidere Agca, in modo da indurre il turco a non proseguire con le accuse all’Est.
4. Accetti dice che alcuni ecclesiastici incontrarono Agca nei mesi precedenti, in particolare un prelato orientale che aveva prestato servizio in Brasile, adombrando con ciò complicità “interne” nell’attentato del maggio 1981
5. Accetti si mostra a conoscenza di un presunto accordo tra Agca e i mandanti dell’azione in piazza San Pietro volto a non colpire il papa, ma a creare panico tramite l’esplosione di alcuni colpi di pistola in aria. L’intesa sarebbe poi stata fatta saltare all’ultimo momento dal turco, che sparò al petto di Wojtyla, per motivi non emersi.
Tali sono dichiarazioni rese a verbale, non verità acclarate. Appare alquanto lampante concludere che un interrogatorio incalzante di Agca, prima dell’annunciata e imminente espulsione, potrebbe fornire elementi molto importanti ai fini della conclusione dell’inchiesta Orlandi-Gregori, ormai prossima alla fase del rinvio a giudizio e dunque del processo vero e proprio, davanti a una corte d’assise. (f.p.)
Ps. A conferma della connessione tra gli eventi attentato al Papa-duplice sequestro, nel libro “Il Ganglio”, incentrato sulle recenti novità dell’inchiesta, Mehmet Alì Agca viene citato 270 volte, Emanuela Orlandi 301 e Mirella Gregori 132. Fu d’altronde lo stesso cardinale Re, due anni fa, a dire a Pietro che a suo avviso il rapimento era stato compiuto per impedire che Agca facesse i nomi del suoi complici”.
La tesi di quest’ultimo impedimento è semplicemente ridicola, dal momento che una volta constatato che il “rapimento” non gli aveva giovato neppure un po’ è ovvio che Agca i nomi dei complici li avrebbe fatti. Ma tant’è, Peronaci è tornato alla carica sulle pagine laziali del Corriere con parole perentorie di Piero Orlandi indirizzate ai magistrati:
“Adesso gli inquirenti non hanno scusanti. L’uomo che sparò a Wojtyla e che è sempre stato collegato al sequestro di mia sorella è qui. La Procura di Roma e anche le autorità vaticane, visto che Emanuela è una loro concittadina, dovrebbero sentire il dovere di ascoltarlo. Solo così sapremo una volta per tutte se esiste un fondo di verità in ciò che Agca dice o se è solo mitomania.
C’è un indagato che ha fatto il nome di Agca in numerosi interrogatori e in un memoriale. Accetti ha detto di aver telefonato lui alla pensione Isa, dove il turco pernottò prima dell’attentato. E in effetti l’albergatore ricordò che la prenotazione fu fatta da un italiano. Lo stesso Accetti afferma che mia sorella fu sequestrata per indurre Agca a ritrattare le accuse all’Est, ai bulgari, come mandanti. E di essersi fatto arrestare per minacciare il turco, in carcere. Come può la Procura non compiere delle verifiche?”.
Per cercare di forzare la mano alla Procura, ecco che Peronaci fa ricordare a Pietro Orlandi quel che gli disse Agca quando andò a trovarlo in Turchia nel 2010:
“Disse che nel rapimento erano coinvolti Vaticano, Sismi e Cia e che una personalità importante, il cardinale Re, mi poteva aiutare. Ho la registrazione, ma la Procura non l’ha voluta sentire. Perché? È ora che il muro alzato dalla Santa Sede crolli. Per questo ho chiesto più volte, finora senza risposta, di essere ricevuto da papa Francesco”.
Tutto inutile! Giustamente i magistrati hanno deciso di non farsi prendere in giro anche loro da Agca. Respinte tutte le pressioni, comprese le istanze dei legali degli Orlandi, hanno pensato bene di emettere un comunicato che marchia il fantasista turco per quello che è, come del resto è noto e assodato da ben 34 anni: mentitore incallito oltre che assassino nel 1979 del giornalista turco Abdi Ipecki e mancato assassino nel 1091 di papa Wojtyla, che comunque ferì gravemente a pistolettate.
A essere bollato però a ben vedere non è solo Agca, ma la mania della giustizia-spettacolo e fai-da-te alimentata da vari mass media. Vale a dire, in questo caso, bollato l’intero Emanuela Orlandi Show con i vari personaggi e interpreti che, ingrassati da programmi televisivi compiacenti, continuano a sfornare “verità” di comodo pur di poterlo mandare avanti all’infinito per poter così avere un po’ di luce della ribalta: con la scusa, ormai frustra e decisamente improponibile, del “dovere morale di cercare la verità”.
Finora chiacchiere, interviste e puntate tv a fiumi, ma verità zero.
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