Strano che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sia andato a trovare i detenuti di Poggioreale e, dato che c’era, abbia lanciato a fine settembre, cioè a estate ormai passata, l’idea di sfoltire le carceri con una amnistia. Tale proposta andava fatta semmai PRIMA dell’estate, perché l’estate con le sue temperature sopportabili solo in montagna o sotto l’ombrellone in spiaggia è il periodo classico delle ribellioni dei detenuti, chiusi a bollire in celle sovraffollate e in carceri nella gran parte assolutamente indecenti. Un esempio per tutti: a Roma, Regina Coeli doveva essere demolita o trasferita già negli anni ’50 perché al posto dei mille detenuti previsti ne ha sempre contenuti troppi di più, ma è ancora al suo posto con annesso sovraffollamento.
Vero è che Napolitano già a febbraio nel corso della sua visita al carcere milanese di S. Vittore ha parlato, commovendosi, della “vergogna delle carceri sovraffollate”, con le quali “è in gioco il prestigio dell’Italia”, e ha dichiarato che lui l’amnistia l’avrebbe “firmata dieci volte”. Però quei discorsi in periodo elettorale suonavano purtroppo – e per questo vennero criticati – come captatio benevolentiae delle decine di migliaia di detenuti e loro familiari in vista del voto per il rinnovo del Parlamento.
Vero anche è che l’Italia ha il record europeo della percentuale dei suicidi tra detenuti e che la situazione carceraria è di fatto fuori legge perché calpesta la Costituzione: questa infatti prevede che la detenzione non sia afflittiva bensì rieducativa, mentre invece nelle carceri italiane è vero l’esatto contrario. Insomma, il presidente della Repubblica di motivi per dire la sua in tema di galere e detenzione ne ha più d’uno. Però è inevitabile che questo appello ormai autunnale del Capo dello Stato faccia pensare almeno ai maligni che l’amnistia cascherebbe a fagiolo per lanciare un salvagente a Silvio Berlusconi.
Non solo: dire, come ha fatto Napolitano, che per varare l’amnistia ci vorrebbe però un governo e un parlamento “più coeso” significa di fatto spingere il partito berluscone a restare dove si trova. Vale a dire, in parlamento e nel governo Letta. Insomma, una amnistia “ad personam” con il pregio di essere anche “ad parlamentum” e “ad governum”.
Ma è davvero necessaria o anche solo molto utile una amnistia? Premesso che io vorrei che in galera non ci fosse nessuno, vediamo un po’ come stanno le cose, cioè la realtà. I detenuti in Italia sono poco meno di 70 mila con una dotazione di posti letto nettamente insufficiente: appena 42.000. Vero è che circa 11.000 detenuti non dormono né vivono in carcere perché 7.000 sono in affidamento o in prova di affidamento e circa 4.000 agli arresti domiciliari. L’esubero di persone in galera scende quindi a 15.000 esseri umani. A conti fatti, un detenuto di troppo ogni 5-6 chiusi in cella.
Da notare che 25.000 detenuti sono stranieri e che se esistessero degli accordi per la loro detenzione nei Paesi dai quali sono venuti una buona metà, cioè almeno 12.500 persone, sarebbe rimpatriabile. Altre 10.000 persone con pene inferiori ai tre anni potrebbero andare ai servizi sociali se solo se i Comuni offrissero non chiacchiere, ma servizi sociali degni del nome.
Circa 9.000 persone stanno in carcere per violazione della legge sulle armi, e anche per loro si potrebbero prevedere sanzioni diverse dal carcere. o pene detentiva diversa dal carcere. si potrebbero estendere alcuni benefici a parte dei 10.000 detenuti con pene residuali inferiori ai tre anni. Oltre 26.000 detenuti sono tossicodipendenti e le Carte dei Diritti che l’Italia ha firmato prevedono per tutti loro una reale assistenza sanitaria e un adeguato supporto psicoterapeutico per chi dal tunnel della droga vuole uscire. Se invece delle chiacchiere o delle firme senza seguito reale si facessero i fatti le carceri non sarebbero imbottite di tossicodipendenti di mille nazionalità e non sarebbero per costoro una scuola di degrado e un girone dell’inferno.
Per cancellare il sovraffollamento e le crudeli condizioni incostituzionali delle carceri più che l’amnistia serve dunque una politica carceraria degna di un Paese civile. Putroppo una tale politica manca. Come per il nostro record europeo di morti sul lavoro, abbondano invece gli appelli retorici. Che purtroppo si prestano a essere interpretati come caccia ai voti degli elettori o come salvagente ad Berlusconem.
Insomma, Napolitano, per la sua visita a Poggioreale e annesso appello a una nuova amnistia, avrebbe fatto meglio ad aspettare tempi meno sospetti. Visto anche che l’estate è passata senza sommosse carcerarie e quindi l’urgenza è un po’ meno urgente. Fermo restando che avrebbe fatto comunque meglio a sollecitare pubblicamente il Governo e il Parlamento a partorire finalmente una politica carceraria meno “all’italiana”. Ottenendo così risultati simili a quelli di una nuova amnistia, ma meno effimeri e più duraturi.
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