Ora che, come diceva Giacomo Leopardi, “passata è la tempesta”, possiamo rilevare senza affanni sul caso Asia Argento/Harvey Weinstein alcune cose di interesse generale, peraltro rilevabili immediatamente da chiunque se non si fosse subito scatenata la polemica tanto accesa. La rissa ha impedito di accorgersi, tra l’altro, che nessun intervistatore ha notato e fatto notare, tra l’altro, che la Argento ha dato un’immagine di sé all’epoca del fattaccio decisamente poco credibile.
In realtà la tempesta è passata soprattutto in Italia, perché nel mondo anglosassone le rivelazioni sembrano succedersi senza fine.
Il racconto a scoppio molto ritardato di Asia Argento sulla prepotenza sessuale subita per opera del potente produttore cinematografico è stato di sicuro un colpo pubblicitario geniale. L’ha infatti riportata alla ribalta togliendola alla grande dal cono d’ombra che prima o poi inesorabilmente si staglia su tutti i viali del tramonto. Che lo abbia detto solo ora sono in definitiva solo fatti suoi, fatti personali e privati di Asia Argento, che non sta a noi – e a nessuno – giudicare. Quello che invece riguarda tutti è non solo come tutto ciò che ha detto è stato preso per oro colato dalle maggiori testate giornalistiche e dalle televisioni, Rai in testa e massmedia di sinistra compresi, ma anche come una legione di persone, uomini e donne, tutte “politicamente corrette”, sia stata immediatamente presa dal furore incendiario del linciaggio e della lapidazione contro Weinstein e dintorni, con tendenza a fare di tutte le erbe un fascio, mentre un’altra legione di persone, anche in questo caso uomini e donne, ma un po’ meno “politicamente corrette”, è stata presa dal furore di rispondere picche trasformando in boomerang le accuse lanciate dalla Argento.
Insomma, da una parte una sorta di riesplosione di femminismo selvaggio, sordo e cieco, e dall’altra una speculare esplosione di maschilismo stantio e rattristante: con Asia Argento di colpo negli improbabili panni sia di Giovanna D’Arco, vittima al rogo, sia della Marianna che bandiera in pugno “guida il popolo” nel celebre quadro di Eugène Delacroix. Probabilmente, come vedremo più avanti, in occasione della giornata mondiale per l’abolizione della violenza contro le donne l’attrice guiderà il popolo di donne nella manifestazione nazionale prevista per il 25 novembre a Roma.
Come che sia, la nostra nuova tempesta guelfo ghibellina ha fatto qualche vittima.
La prima vittima è stato il principio della presunzione d’innocenza: strano, perché la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva viene sempre invocata a gran voce da tutti, destra, sinistra e centro, curva sud e curva nord, da tutti i politicamente corretti e da tutti i garantisti, uomini e donne, quando si tratta di un proprio beniamino. Weinstein, definito maiale anche per l’aspetto fisico, il che è politicamente scorrettissimo, è stato invece condannato al rogo senza pietà. E non solo senza processo, ma senza neppure prendersi la briga di sentire la sua campana, o almeno quella di un suo avvocato. Molto probabilmente il produttore hollywoodiano è indifendibile, tanto che è prudentemente uscito di scena chiedendo scusa alle sue vittime e prendendosi una pausa dal lavoro. Pausa diventata permanente essendo stato estromesso di colpo dalla società di produzione The Weinstein Company per decisione degli altri soci, compreso suo fratello. Ma non è serio né molto civile non avere neppure tentato di sentire quale sia la sua versione passando subito al linciaggio. Teniamo presente che uno dei suoi avvocati, Lisa Bloom, specializzata in casi di molestie sessuali, ha reso noto che Weinstein
“smentisce molte delle accuse che sono palesemente false”.
La seconda vittima è stata l’ondata di volgarità: da una parte i Feltri e imitatori che parlano di “leccatina” e aggiungono un inelegante “prima te la danno…”, dall’altra la stessa Asia Argento, con imitatrici e supporter infuriati, che parla di “un orco tra le gambe”. E specifica, per chi non avesse ben compreso cosa è successo, che è stata “mangiata da un orco”: chiarissima ma non elegantissima allusione all’asserito cunnilingus somministratole da Weinstein.
La terza vittima per certi versi è stata il volto migliore, quello serio, del giornalismo, peraltro già non ben messo di suo, con caduta di stile anche in sedi istituzionali. Sulla vicenda il Corriere della Sera si è sentito in dovere di intervistare la presidentessa della nostra Camera, Laura Boldrini nonostante fosse da qualche giorno lontana migliaia di chilometri, e c’è chi ha chiesto al volo il suo parere alla moglie del presidente della Repubblica francese, signora Brigitte Macron, e al presidente degli Usa Donald Trump (che riguardo le voci su Weinstein si è detto “non meravigliato”) . Il Corriere nel titolo scivola inoltre su una buccia di banana: attribuisce alla Boldrini l’affermazione che “la gente” è con Asia Argento, affermazione che però nell’intervista non c’è e non poteva esserci. Lo scandalo infatti era esploso da poco, mentre la presidente della Camera era già impegnata ben lontano dall’Italia, motivo per cui la nostra parlamentare non poteva certo sapere se nel BelPaese “la gente” fosse o no con Asia Argento, peraltro prevedibilmente invitata nel corso dell’intervista a non attuare la minaccia di emigrare.
Per giustificare le foto che la immortalano sorridente e con la testa appoggiata al petto dell’orco Asia Argento afferma che Weinstein usava la furbizia di farsi fotografare agli Oscar assieme alle sue prede, sempre sorridenti e beate, per poter in seguito usare quelle foto per contraddire eventuali accuse di prepotenze sessuali. Sarà anche vero, ma le belle star abusate non potevano evitare di farsi fotografare con l’orco abusatore? Cosa le obbligava a sorridere sempre felici e contente anziché evitare i fotografi o avere almeno l’espressione imbronciata e contrariata se non disgustata? Cosa ha obbligato Asia Argento in almeno una foto a poggiare affettuosamente la sua testa sul petto dell’”orco mangiatore”?
Evitare di farsi fotografare in quelle pose radiose avrebbe forse potuto evitare o almeno ridurre l’inganno dell’immagine rassicurante del produttore bonaccione, benvoluto da tutte le belle e famose beniamine del pubblico.
“Ero una ragazzina”, ha detto lei. Beh, stando all’anagrafe la figlia di Dario Argento è nata il 20 settembre 1975, e poiché l’asserito incontro col produttore è avvenuto, come lei stessa ha raccontato, quando faceva parte del cast del film “B. Monkey”, l’attrice aveva ormai 23 anni se non 24, anche se in ipotesi non ancora compiuti. Argento ha infatti detto che aveva “solo” 21 anni, e che l’episodio è del 1997, ma il film di cui parla risulta prodotto nel 1998 ed è uscito per la prima volta il 10 settembre 1999 (negli USA). Anche ammesso che Argento di anni ne avesse “solo” 21, sta di fatto che ha cominciato a recitare all’età di 9 anni, ha avuto il suo primo ruolo di protagonista a 13, e quando di anni ne aveva 21 aveva già recitato in moltissimi film non solo del padre, aveva già riscosso premi in Italia e all’estero, era già stata candidata all’Oscar nel ’95 e l’anno prima aveva anche esordito come regista. “Una ragazzina”, che quando era ancora minorenne, cioè davvero ragazzina, il padre – Dario Argento, famoso regista del genere dark thriller – ha utilizzato in scene che gli hanno suscitato anche accuse perché ritenute scabrose.
Insomma, anche se aveva “solo” 21 anni anziché 23 o 24, tutto si può dire fuorché Asia Argento fosse “una ragazzina”. E con quel curriculum già alle spalle risulta difficile credere fosse facilmente plagiabile o potesse sentirsi psicologicamente dominata, fino alla paralisi, da una persona un po’ massiccia e più alta di lei. Nessun intervistatore però glielo ha fatto notare.
PARENTESI.
A proposito di “leccatine”, per usare il termine un po’ troppo riduttivo e innocentista di Feltri, nella carriera dell’attrice ce ne sono due di tutt’altro tipo, ma entrambe discutibili e infatti a suo tempo piuttosto discusse.
Nel ’99, anno di uscita del film B. Monkey, Asia Argento ha scritto, sceneggiato, diretto come regista e interpretato come attrice principale il cortometraggio intitolato “La tua lingua sul mio cuore”, dove il cuore ostentatamente leccato è quello di Gesù. Premiato al Locarno International Film Festival, l’eccessiva oscurità di molte scene del film, il loro rapido susseguirsi e a volte sovrapporsi fa sembrare il tutto piuttosto ambiguo, donde un sapore secondo alcuni sgradevole e sacrilego.
Nel 2007 nel corso della realizzazione del film Go Go Tales, regia di Abel Ferrara, Asia Argento in veste di spogliarellista “più bella del mondo” si esibisce per vari secondi nel reciproco leccarsi le lingue con un cane rottweiler, che ci prende anche gusto. Scena del tutto gratuita e ingiustificata dal contesto, oltre che piuttosto chockante almeno per gli spettatori, tant’è che per pudore i critici cinematografici l’hanno definita riduttivamente “la scena del bacio con un cane”.
Intervistata a Cannes il 27 maggio dello stesso anno dal Corriere della Sera, l’attrice difende spavaldamente quella scena:
“Ma quale scandalo! È stato un vero bacio di trasporto amoroso tra me e il rottweiler”.
E se ai primi di giugno, in vista dell’uscita del film di lì a pochi giorni, si dichiara pentita di averla girata, è solo perché il pubblico anziché parlare del film parla solo del “bacio” col cane:
“Vorrei non averlo mai fatto. La mia scena è stata strumentalizzata e si è parlato solo di quella”
CHIUSA LA PARENTESI.
Tralasciamo che il cantautore Morgan, suo ex compagno e padre della loro figlia Anna Lou, abbia a quanto pare smentito la Argento. E tralasciamo anche che Enrico Lucherini, il press agent più autorevole e informato d’Italia in fatto di ambiente cinematografico fin dai tempi della Dolce vita, riguardo le rivelazioni dell’attrice si sia detto “perplesso”. Tralasciamo. Ma se il sopruso sessuale c’è stato e se lei non ha più lavorato in film di Weinstein, è strano che, come lei stessa ha raccontato, lo abbia frequentato per altri cinque anni: stranezza che però nessun intervistatore le ha fatto cortesemente rilevare.
“Non mi sento più sola nelle mie battaglie”.
Ma di quali battaglie si tratta? Mistero. E questo è affar suo. Quello che invece riguarda tutti è che nessuno glielo ha chiesto. Altre dichiarazioni dal sapore eccessivo ed eccentrico, senza che nessuno glielo facesse cortesemente notare
“Me ne vado dall’Italia perché le donne non sanno lottare insieme”;
“Tornerò quando le donne potranno combattere insieme”;
“Ci verrò in vacanza”.
Cosa positiva, in mezzo a questa baraonda è nato il movimento Non Una Di Meno, che punta a raccogliere le denunce di tutte le donne che hanno subito prepotenze o violenze sessuali e che per il 25 novembre 2017 a Roma, in occasione della Giornata mondiale per l’abolizione della violenza contro le donne, ha convocato un corteo nazionale per lanciare
“il Piano Femminista contro la violenza, un piano di proposte e rivendicazioni scritto in un anno di lavoro di Non Una Di Meno”.
Asia Argento è stata invitata dal movimento in questione a restare in Italia e a partecipare al corteo.
A quanto pare l’unica voce fuori dal coro e controcorrente rispetto sia ai colpevolisti che agli innocentisti è quella dell’attrice triestina Maria Cristina Heller, da oltre 10 anni a Hollywood, che si è esposta affermando:
“Non è questione di sesso, ma di potere“.
Il potere da qualche millennio è – patriarchi o no – nella stragrande maggioranza dei casi appannaggio maschile, perciò va da sé che ad abusarne (anche) in campo sessuale siano i maschi. Realtà innegabile. Senza però far finta di non sapere che anche le donne di potere, quale che ne sia il tipo, quando possono amano usare certi metodi. Anche a livelli sociali non splendidi. Sono a diretta e personale conoscenza che, per esempio, nella civilissima Milano esistono casi di extracomunitari ai quali non è stato rinnovato il contratto d’affitto dei locali del loro esercizio commerciale per un ben preciso, documentabile e deprecabile motivo: la non più giovanissima proprietaria dell’immobile esigeva prestazioni che loro non avevano nessuna intenzione di erogare anche perché felicemente sposati.
Ha ragione Maria Cristina Heller: il problema è il potere. E chi ne ha molto di più o troppo tende ad approfittarne. Come dimostrano sia la Storia che le cronache.
Il che ovviamente non assolve né diminuisce le responsabilità di chi oggi viola la dignità altrui.
POST SCRIPTUM.
Poi ci sono quelli che sapevano e se ne sono stati sempre prudentemente zitti. Compreso il divo George Clooney, che se la cava curiosamente così:
“Harvey parlava delle donne che frequentava. E spesso non credevo a tutto quello che diceva, perché significava dover pensare male di donne e attrici che stimo. Per questo non me la sono bevuta. Ma dirò che qualcuno sapeva e sapeva esattamente che non erano storie inventate. Vorrei sapere chi sono queste persone. E se c’era un giornale che avesse queste informazioni, che ha investigato sulla vicenda, mi piacerebbe sapere quanti soldi abbiano ricevuto dalla Miramax o dalla società di Weinstein”.
Al che qualcuno potrebbe ribattere che se sapeva che qualcuno sapeva perché dice di voler sapere chi sono. E lui perché ha taciuto? Però, anche in questo caso, nessun intervistatore pone una tale domanda per quanto logica e ovvia.