Che il magistrato Antonio Esposito abbia sbagliato non ci piove. Farà bene il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) a sanzionarlo in qualche modo, ammonendolo o trasferendolo. Giudice della sezione della Corte di Cassazione che nei giorni scorsi ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi a quattro anni di detenzione, Esposito è stato così sprovveduto, ingenuo, imprudente e scorretto da accettare di conversare al telefono con un giornalista riguardo le motivazioni della sentenza nonostante la Cassazione non le renderà note prima di un paio di mesi.
E, come se non bastasse, tale giornalista ha anche autorizzato a pubblicare come sua intervista il testo con le domande e le risposte inviatogli via fax. Che poi tale giornalista sia “una persona che conosco da 35 anni” non fa che peggiorare le cose. Esposito non è stato “tradito da un amico”, ma dalla propria leggerezza e dabbenaggine.
Ho ascoltato attentamente e più volte il file con la registrazione della conversazione telefonica: Esposito è indifendibile,in quel guazzabuglio di parole in libertà e in napoletano, spesso smozzicate o sbiascicate, come è inevitabile fare con “una persona che conosco da 35 anni”.
Di cosa è responsabile – ovviamente di fronte ai lettori – il giornalista? Del pezzo pubblicato o dei pezzi man mano scritti e cestinati prima di arrivare alla versione “buona”, cioè epurata da errori, azzardi e strafalcioni’? Il giornalista è responsabile anche delle parti non pubblicate? Certo che no! Io in un mio articolo posso scrivere che Berlusconi, Esposito e il direttore del Mattino vanno ad escort insieme, ma se in redazione tale indebita affermazione me la tagliano e nel pezzo pubblicato non figura, mentre resta la mia firma perché approvo il taglio, è evidente che non devo certo risponderne a nessuno: l’averlo scritto rimane un fatto mio privato.
Resta il fatto, ripeto, che il magistrato Esposito ha comunque commesso un grave errore sia concedendo l’intervista, sia approvandola dopo averla visionata, sia conversando – quali che ne sia i modi, lo stile e le parole usate – della sentenza della Cassazione con un estraneo. Per giunta giornalista “che conosco da 35 anni”.
Bene farebbe il Csm a intervenire con una sanzione, onde evitare finisca del tutto nella spazzatura l’obbligo per i nostri magistrati, spesso inopportuni esibizionisti, di parlare solo ed esclusivamente con i propri atti processuali e le proprie sentenze. Proprio come si fa in ogni Paese civile degno di questo nome.