A proposito del muro in difesa di Berlusconi alzato dai suoi fedelissimi, con in testa Giuliano Ferrara, è strano che nessuno abbia fatto notare alcune cose.
“Silvio torni ad essere il Berlusconi del ’94!”, ripete Ferrara. Bella frase, che però ha un paio di difetti clamorosi. Il primo è che nel ’94 Berlusconi con il suo primo geverno espresse subito il peggio di sé e della sua strategia “politica”, quella che s’è tradotta in una pioggia di leggi ad personam per se stesso e in una serie di tentativi di pericolosi strappi istituzionali. Nel ’94 infatti Berlusconi tentò di insediare come ministro della Giustizia addirittura il suo avvocato di fiducia Cesare Previti, che, come si è infine scoperto, era utilizzato dal suo straricco cliente per comprare da magistrati romani, corrompendoli, le sentenze che gli facevano comodo.
Per fortuna a una tale vergognosa nomina si oppose il presidente delle Repubblica di allora, Oscar Luigi Scalfaro. Berlusconi allora ebbe il fegato di piazzare il suo avvocato comprasentenze sulla poltrona di ministro della Difesa. Vale a dire, a capo del dicastero dal quale dipendono anche i carbinieri e il servizio segreto militare… Come è noto, Previti per le sue imprese corruttorie è stato condannato in via definitiva. Come è però meno noto, nella sentenza della Cassazione c’è scritto chiaro e tondo che quelle sue non comendevoli imprese le realizzava non solo “per” Berlsuconi, ma anche “con” Berlusconi, che era consenziente e partecipe. L’unico che fino ad oggi ha avuto il coraggio di rivelare questo particolare della sentenza della Cassazione è stato – che io sappia – Mario Pirani su Repubblica. Non dovrebbe bastare questa affermazione della Cassazione per far decadere Berlusconi dalla carica di primo ministro?
Il secondo difetto dello slogan di Ferrara è che Berlusconi nel ’94 nominò ministro dei Rapporti con il parlamento proprio lui, Ferrara. Nomima come è noto finita ingloriosamene come spesso capita a chi come Ferrara ama strafare.
Come si vede, il “Berlusconi del ’94” non è affatto un buon vino di un’ottima annata da tirar fuori dalla cantina, ma un boccone avvelenato che conteneva già 17 anni di veleni e pericolose tossine.
Dietro la massiccia mole di Ferrara si agitano i vari Sallusti e giornalisti di Mediaset, diventati di colpo neo teorici del negazionismo e del riduzionismo. In tema di bunga bunga e annesso meretricio e corruzione di minore la loro linea in difesa del Berluscao Meravigliao è semplice e di buon effetto sugli sprovveduti: “A fare come Berlusconi sono in molti, anche a sinistra. E comunque a casa sua anche lui può fare quel che gli pare”.
Il grave di questo modo di (s)ragionare è che si fa finta di dimenticare che Berluscao non è un qualunque privato cittadino, ma un primo ministro. E mettere sullo stesso piano la vita privata di un Pinco Pallo con la vita privata di un capo di governo denota una gravissima mancanza di senso civico e di cultura civile. E’ vero che anch’io e molti personaggi anche di buon rango che conosco se solo potessimo permettercelo ci sollezzeremmo volentieri con bellone varie, anche se francamente in molti preferiremmo non avere a che fare con “zoccole e perfino donne incapaci di parlare in italiano”, per usare le parole della signora Nicole Minetti.
Ma io e i personaggi in questione non siamo ministri e tanto meno primi ministri. A differenza di Berlsuconi, non abbiamo cioè l’obbligo di non renderci ricattabili, anche dai servizi segreti e governi stranieri, e non abbiamo neppure l’obbligo di rispettare l’articolo 54 della Costituzione, che impone senza possibilità di equivoci a chiunque ricopra cariche istituzionali di tenere alto il decoro delle istituzioni che rappresenta.
Infine, un’ultima osservazione. Quando fu coinvolto in faccende di sesso non proprio commendevoli l’ex governatore del Lazio, Marrazzo, dopo qualche tentativo di difendersi tirando in ballo la famiglia e la volontà degli elettori che lo avevano votato si dimise senza se e senza ma. A difendere oggi a tutti i costi il Berluscao Meravigliao sono gli stessi che per molto meno hanno a suo massacrato Romano Prodi, quando il capo del govern era lui, per delle banali foto del suo stretto collaboratore Sircana “sorpreso” in auto mentre rivolgeva la parola a un trans fermo in strada.
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