Bossi, la rana, i Lon(go)bardi

di Pino Nicotri
Pubblicato il 24 Ottobre 2011 - 09:04 OLTRE 6 MESI FA

L’ingloriosa fine del tentativo, in verità purtroppo un po’ farsesco, di portare alcuni ministeri a Nord, per la precisione a Monza, mette malinconia. Per tre motivi.

Il primo è che non si vede perché non si possano decentrare i ministeri in un’epoca in cui la possiiblità di comunicare a distanza come se si fosse uno di fronte all’altro è praticamente infinita. Non a caso si fanno teleconferenze in grandi aziende, multinazionali, tra ministri di governi europei, statunitensi, ecc. e anche tra sedi distaccate di giornali.

Comunicare, discutere e decidere stando alcuni a Mosca, altri a Tokio e altri ancora a New York e Roma (scritto per carità di patria, perché ormai l’Italia conta sempre meno in Europa e nel mondo) non è più un problema, è ormai un’usanza diffusa.

Il secondo motivo è che se il vice regno del Lombardo Veneto aveva per capitale sia Milano che Venezia, non si vede perché oggi il ruolo di capitale, inteso come centro governativo decisionale, non possa ruotare tra più città, da Palermo a Torino.

Il terzo motivo è che i lombardi, quando si chiamavano ancora longobardi, ebbero come capitale estiva per un certo periodo nel VII secolo proprio Monza ed erano anche re d’Italia prima ancora di mettersi in testa la famosa Corona Ferrea, hanno ricevuto una serie di bidoni e fregature clamorose. Storiche. Che hanno ritardato, tra l’altro, l’unità d’Italia di una decina di secoli.

Le fregature le hanno ricevute tutte dalla Chiesa, o meglio dai papi, pur essendo merito loro se lo Stato del Vaticano ha iniziato a prender forma territoriale fino a diventare, appunto, uno Stato. Nel 728 infatti il sovrano longobardo Liutprando con la famosa “donazione di Sutri” dona ai «beatissimi apostoli Pietro e Paolo», cioè al vescovo di Roma ovvero a papa Gregorio II, le rocche e i castelli laziali di Sutri, Amelia, Bomarzo e Orte, strappate con la guerra assieme ad altri territori ai bizantini. Che alla fine si ridussero ad avere in Italia solo i territori che oggi si chiamano Romagna, nome che a quanto pare deriva dall’aggettivo “romano” che accompagnava il nome dell’impero detto anche bizantino.