ROMA – “Se credono di coprire le loro responsabilità continuando a ripetere “Siamo in guerra, siamo in guerra!” in modo da tappare la bocca ai “disfattisti”, si sbagliano. E di grosso.
Per riparare al fatto di avere mandato medici e infermieri all’assalto del coronavirus a mani nude o armate solo di baionette, come i fanti italiani delle guerre mondiali contro trincee nemiche e carri armati, dovranno come minimo assegnare la medaglia d’oro a quelli che ci hanno lasciato la pelle.
E oltre alle necessarie indagini della magistratura sarà il caso che si faccia un bella commissione d’inchiesta parlamentare. I medici di base hanno già cominciato a muoversi. Quelli ospedalieri seguiranno. A migliaia, se non vengono minacciati”.
Il medico che mi parla, di un ospedale milanese, è un fiume in piena. Smette di parlare solo perché scoppia a piangere per lo sdegno, la rabbia, il dolore.
I medici di base di cui parla, quelli che hanno cominciato a muoversi, sono per ora quelli della Federazione Medici di Medicina Generale (FIMMG).
Il loro legale, avvocato Paola Ferrari, ha inviato alle Regione Lombarda una diffida e per conoscenza ne ha inviato copia, a mo’ di esposto, a tutte le Procure della Repubblica della Lombardia.
Il succo del discorso è semplice e chiaro: “In Lombardia c’è stata una sottovalutazione della pandemia”.
Sottovalutazione che ha prodotto “la mancata predisposizione di misure di sicurezza minime, sia per il personale sanitario negli ospedali che per i medici di base”.
Il tutto mentre il governatore della Regione, Attilio Fontana, “si esibiva con la mascherina, la raccomandava a tutti, poi è ricomparso senza mascherina e infine l’ha indossata di nuovo in discorsi pubblici o per il pubblico o in annunci alla stampa”.
Le accuse messe nero su bianco dal legale della FIMMG sono assai simili a quelle di altre istituzioni scientifiche nazionali e internazionali.
Che hanno puntato anche loro il dito contro l’incapacità della Regione causa dell’immane disastro ancora in corso.
Con annessa esportazione del nuovo virus al sud con la fuga in massa alle prime voci di chiusura almeno di Milano.
E quanto meno anche in Spagna con la partita di calcio Atalanta-Valencia fatta irresponsabilmente giocare, e proprio a Milano.
A chi invoca come attenuante la novità imprevista del nuovo virus, che ha colto tutti di sorpresa e quindi, di conseguenza, comprensibilmente impreparati, l’avvocatessa ribatte con fermezza:
“I segnali c’erano già stati, come dimostra l’anomala crescita delle polmoniti apparsa fin da dicembre/gennaio”,
e aggiunge:
“le precauzioni andavano prese a tutela di medici e sanitari anche perché la regione era più esposta alla diffusione del virus con la presenza di tre aeroporti internazionali”.
Infine l’accusa che non ammette repliche, a fronte della quale non ci sono né esimenti né giustificazioni:
“Esisteva il piano pandemico risalente al 2009, che, seppur datato, avrebbe potuto funzionare.
“Ma la Regione è arrivata totalmente impreparata per l’assenza di protocolli di sicurezza negli ospedali e di presidi di tutela”.
Impreparazione che tra l’altro – checché strepiti Fontana contro il governo a Roma – ha impedito un adeguato approvvigionamento di mascherine, presidi sanitari e tamponi per verificare l’eventuale presenza del virus nel personale delle strutture sanitarie.
Che oltretutto così sono diventate centri di irradiazione del contagio anziché centri di sua cura ed estinzione.
Dopo i medici di base è probabile che si muovano anche i medici ospedalieri.
Secondo indiscrezioni, sono in preparazione ricorsi legali a migliaia contro le dirigenze amministrative dei nosocomi per assoluta mancanza di presidi di difesa individuale.
Uno di loro mi telefona urlando: “Ci hanno mandati all’assalto contro le mitragliatrici senza neanche le divise!
“Stanno facendo passare noi ospedalieri per eroi in modo da tenerci buoni verso le insufficienze gravissime dell’organizzazione sanitaria, ormai tutta di pura marca legaiola”.
Poi c’è la delibera numero XI/2906 dell’8 marzo con la quale la Regione Lombarda ha chiesto alle Aziende Territoriali della Sanità di individuare nelle case di riposo per anziani
“strutture autonome per assistere pazienti Covid 19 a bassa intensità”.
Luca Degani, presidente della parte lombarda dell’Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale, che conta quasi 400 Residenze Sanitarie per Anziani (RSA), meglio note come case di riposo per anziani, sulle 900 esistenti in Italia, con dichiarazioni alla stampa punta il dito contro l’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera e contro il presidente Attilio Fontana con accuse ben precise, senza peli sulla lingua:
“Chiederci di ospitare pazienti con i sintomi del Covid 19 è stato come accendere un cerino in un pagliaio.
“Quella delibera della giunta regionale l’abbiamo riletta due volte, non volevamo credere che dalla Regione Lombardia potesse arrivarci una richiesta così folle.
“Certe cose dobbiamo dirle: i nostri ospiti hanno una media di 80 anni, sono persone con pluripatologie.
“Come potevamo attrezzarci per prendere in carico malati spostati dagli altri ospedali per liberare posti-letto?
“Ci chiedevano di prendere pazienti a bassa intensità Covid e altri ai quali non era stato fatto alcun tampone.
“Si sono infettati medici e sanitari in strutture molto più attrezzate della nostra.
“Non ci hanno dato i dispositivi di protezione ma volevano darci i malati… Il virus si stava già diffondendo.
“Stavamo per barricarci nelle nostre strutture, le visite dei parenti erano già state vietate”.
Prudenza e misure protettive mandate all’aria dalla richiesta della Regione.
Perché molti direttori di case di riposo per anziani non si fanno trovare al telefono?
“Dipendiamo per un buon 30% dai finanziamenti della Regione, logico che molti abbiano paura di perderli. Non parlano e io li capisco. Ma noi facciamo parte del Terzo Settore e siamo non profit”.
E la parola profit, cioè profitto, forse può spiegare alcune cose.
Il sistema socio-sanitario della Lombardia comprende otto Agenzie di Tutela della Salute (ATS) e ventisette Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST).
Durante i molti anni di presidenza della Regione occupata da Roberto Formigoni, ciellino – cioè militante – della prima ora di Comunione e Liberazione, buona parte della sanità lombarda è stata privatizzata.
Cioè rilevata dalla Compagnia delle Opere, il braccio imprenditoriale di Comunione e Liberazione (CL).
Che aveva costruito un piccolo impero spesso di non cattiva anzi buona qualità, i dirigenti ciellini avevano competenze accettabili, le cooperative o ditte di CL che vincevano gli appalti fornivano servizi adeguati.
Sotto la presidenza lombarda di Fontana, la dirigenza della sanità appare di tutt’altra marca.
Vera o falsa che sia la versione secondo la quale la sostituzione è avvenuta con metodi spicci – minacce, ricatti, inchieste, spesso del tutto pretestuose – sta di fatto che la mappa delle poltrone al vertice parla chiaro.
E oggi come oggi non sarebbe male sapere se sono privati o pubblici i laboratori incaricati delle migliaia e migliaia di test, tamponi, ricerca di anticorpi e sapere quanto paga la Regione ai privati per tutta questa enorme serie di servizi.
Insomma, c’è una miccia accesa che può fare esplodere scandali nel settore sanitario lombardo?
Dopo l’ondata di retorica patriottarda a base di “siamo in guerra” e “siamo un grande Paese” potrebbe arrivare un’ondata di iniziative giudiziarie.
La Lombardia, già madre di Tangentopoli e Mani Pulite, partorirà anche Sanitopoli e Tamponi Puliti?
Una domanda sorge legittima e spontanea.
Perché Matteo Salvini, leader della Lega, sponsor e punto di riferimento del leghista Fontana in Regione, ha presentato un emendamento al decreto Cura Italia col quale riguardo il disastro da Covid-19 avrebbe salvato da eventuali accuse penali e civili i dirigenti sanitari scaricandole sui medici?
Leggiamo cosa dice l’emendamento intitolato non a caso Responsabilità datori di lavoro operatori sanitari e sociosanitari:
“Le condotte dei datori di lavoro di operatori sanitari e sociosanitari operanti nell’ambito o a causa dell’emergenza Covid-19, nonché le condotte dei soggetti preposti alla gestione della crisi sanitaria derivante dal contagio non determinano, in caso di danni agli stessi operatori o a terzi, responsabilità personale di ordine penale, civile, contabile e da rivalsa, se giustificate dalla necessità di garantire, sia pure con mezzi e modalità non sempre conformi agli standard di sicurezza, la continuità dell’assistenza sanitaria indifferibile sia in regime ospedaliero che territoriale e domiciliare.
2. Dei danni accertati in relazione alle condotte di cui al comma 1, compresi quelli derivanti dall’insufficienza o inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuale, risponde civilmente il solo ente di appartenenza del soggetto operante ferme restando, in caso di dolo, le responsabilità individuali”.
Ai maligni potrebbe parere un rozzo tentativo di spegnere eventuali micce e disinnescare eventuali bombe dirompenti in tema di nomine della dirigenza sanitaria.
Sempre i maligni sussurrano abbia man mano preso larga parte di quella precedente, lasciando invece il cerino acceso in mano a medici e infermieri.
Maligni o no, sta di fatto che dopo le proteste dei sindacati della funzione pubblica il buon Salvini ha preferito ritirare l’emendamento.
Intanto non sarebbe male se invece di assolvere in partenza i dirigenti si cominciasse intanto a insignire della medaglia d’oro al valor civile i medici e gli infermieri che per generosità, abnegazione ed errori della dirigenza di vario tipo sono, come si suol dire quando si tratta di poliziotti e carabinieri, caduti nell’adempimento del loro lavoro.
Le medaglie d’oro al valor civile sono conferite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Interno.
Sergio Mattarella e Luciana Lamorgese ci pensino. Sarebbe un gran bel segno non solo per le famiglie dei caduti, ma per l’Italia intera.