Dopo il canale televisivo belga RTBF anche il settimanale tedesco Der Spiegel ha notato che in Portogallo di Covid-19 ci si ammala meno e ancor meno si muore rispetto altri Paesi europei.
Soprattutto Spagna e Italia.
E con l’aiuto di esperti hanno cercato di capire e spiegare i perché.
Per la tv belga
“Rispetto alla Spagna o all’Italia, in Paesi relativamente vicini, il Portogallo sembra avere un numero significativamente inferiore di casi di coronavirus in termini sia di infezione che di morte”.
Il Portogallo ha poco più di 10 milioni di abitanti (come la Lombardia), mentre la Spagna ne ha poco più di 47 milioni.
Fatte le debite proporzioni tra i rispettivi numeri di abitanti, la tv belga rileva che “il Portogallo ha 13 volte meno morti rispetto alla Spagna”.
Secondo i belgi, il Portogallo è favorito geograficamente perché ha solo un confine terrestre con un altro Paese, proprio la Spagna, cosa che facilita il controllo dell’ingresso e dell’uscita del Portogallo.
Il confine è stato chiuso alle persone, ma non alle merci, già il 16 marzo ed è sicuro che resterà chiuso per almeno un altro mese.
La RTBF fa anche notare che “il governo ha preso misure più serie quando sono stati contati 100 casi”, senza aspettare che il contagio diventasse massiccio.
Il presidente della Repubblica ha infatti dichiarato lo stato di emergenza in tutto il Paese, con regole e limitazioni severe (un anno di carcere per chi sgarra), già il 18 marzo.
All’inizio per sole due settimane, come prevede la legge, per poi rinnovarlo di altre due settimane perché per legge è rinnovabile.
Difficile che sia tolto prima della prima settimana di maggio.
Durante il fine settimana di Pasqua tutti gli aeroporti sono stati chiusi e sono stati vietati i viaggi in altre città.
Un modo per limitare al massimo le tradizionali visite pasquali dei portoghesi che vivono all’estero.
La RTBF inoltre fa notare che
“l’autodisciplina dei portoghesi, che potrebbe aver contribuito a mantenere basso il numero di casi.
Si sono chiusi nelle loro case di campagna, hanno smesso di andare in caffè, bar e ristoranti e hanno evitato di mandare i bambini a scuola”.
Non c’è stata nessuna follia del tipo “Lisbona non si ferma”.
Anzi, molti bar e ristoranti hanno preferito chiudere spontaneamente in attesa di tempi migliori, mentre quelli rimasti aperti possono fare solo take away.
I negozi e i supermercati che hanno preferito restare aperti hanno ingressi contingentati.
Chi ha più di 65 anni può andare a fare la spesa solo nelle prime due ore di apertura dei negozi.
È un fatto che tre quarti dei ristoranti e degli hotel portoghesi sono chiusi.
Secondo il canale belga inoltre:
“il primo ministro socialista António Costa ha immediatamente capito che quanto più durava la crisi sanitaria.
Tanto più drammatico sarebbe l’impatto sul turismo, un settore essenziale per l’economia portoghese.
Pertanto, ha scelto di adottare misure radicali, per poter poi cercare di uscire dalla situazione di contenimento il più presto possibile
E ridar fiato al turismo il più presto possibile”.
Inoltre il governo conoscendo le debolezze del sistema sanitario nazionale ha voluto evitare assolutamente il sovraccarico degli ospedali.
Cosa che ha evitato anche la follia di ospitare malati di Covid-19 nelle case di riposo per anziani.
Nel confronto con la Spagna la tv belga sottolinea infine due aspetti:
1) – ”C’è un aspetto politico, una permanenza. La sinistra è al potere dal 2015, in Spagna, negli ultimi 5 anni, ci sono state 4 elezioni generali.
2) – “Il governo portoghese ha deciso di estendere i diritti alla salute anche agli immigrati, tutti. Gli immigrati possono così beneficiare del sistema sanitario gratuito.
Possono anche richiedere l’indennità speciale per i lavoratori che hanno bisogno di rimanere a casa per prendersi cura dei propri figli.
Avendo così gli stessi diritti dei portoghesi tutti gli immigrati potranno quindi proteggersi dal Covid-19.
In Spagna invece il partito populista di destra Vox ha richiesto che almeno gli immigrati privi di documenti paghino i loro servizi sanitari di tasca propria”.
Lo Spiegel parla esplicitamente di “miracolo portoghese” mentre “ la Spagna continua a combattere un terribile scoppio di coronavirus”. E a proposito di miracoli scrive:
“Esistono diverse teorie sul perché il coronavirus ha causato molte meno sofferenze in Portogallo rispetto alla vicina Spagna.
Il più difficile da confutare è il seguente:
“Abbiamo Fatima. Gli spagnoli non hanno nulla del genere”.
Il riferimento è al luogo di pellegrinaggio di Fatima, situato tra Lisbona e Coimbra. Nel 1917, la Vergine Maria apparve a tre pastorelli in varie occasioni, affidando loro tre segreti.
Incluso, presumibilmente, il tentato assassinio di Papa Giovanni Paolo II nel 1981”.
Anche se, a dire il vero, gli spagnoli hanno la famosa cattedrale santuario di Santiago de Campostela.
È la più famosa e antica meta di pellegrinaggio fatto anche a piedi lungo il “cammino di Santiago, che a seconda dell’itinerario scelto può arrivare anche a 800 chilometri di lunghezza.
Per non parlare del santuario della Nostra Signora del Pilar, Patrona della hispanidad.
Da secoli attrae a Saragozza masse imponenti di pellegrini e che ha la sua festa “pilarica” il 12 Ottobre con la giornata della hispanidad.
Vale a dire, della Spagna e di tutti i Paesi di lingua e cultura spagnola.
Religione e pellegrinaggi a parte, lo Spiegel spiega bene alcune cose del “miracolo portoghese”:
“È stata la paura di sviluppi simili a quelli osservati in Spagna che hanno spinto il Portogallo ad adottare tempestivamente misure precauzionali.
Ai primi di marzo, il presidente Marcelo Rebelo de Sousa è stato il primo capo di stato ad andare in quarantena volontaria.
Fortunatamente, si trattava di un falso allarme, ma serviva come avvertimento.
Le catene di supermercati come Pingo, Doce, Continente e Lidl hanno iniziato a consentire solo piccoli gruppi di clienti alla volta.
Gli acquirenti erano sorprendentemente disciplinati e più scure erano le notizie da Madrid, Barcellona e Milano, maggiori erano le distanze tra le persone che aspettavano in fila”.
L’autodisciplina dei portoghesi sorprende chi non li conosce: da sempre la gente fa spontaneamente la fila anche alle fermate dei pullman.
Il bilancio alla mezzanotte del 12 aprile è di 1.187 ricoverati, 16.934 malati, 188 persone in terapia intensiva.
Il paragone con la Lombardia, che Der Spiegel non fa, è ancora più sorprendente.
I dati del 13 aprile vedono 1.262 nuovi malati di Covid-19 nella regione italiana, portando così il totale a 60.314, i ricoverati sono 12.028, dei qual 1.143 in terapia intensiva.
Mentre i morti ammontano a 10.901, con un aumento di altri 280 rispetto il giorno prima.
Der Spiegel fa anche un paragone con la Germania, oltre a quello con la Spagna:
“Nonostante un sistema sanitario meno robusto – il Portogallo ha 6,4 letti di terapia intensiva per 100.000 residenti contro i 33,9 della Germania – il tasso di mortalità tra i pazienti con coronavirus è del 2,7%.
In Spagna, al contrario, il tasso di mortalità è del 9,8 per cento – con 10 volte il numero di casi positivi.
Il risultato: il numero di vittime è quasi 40 volte più alto in Spagna che in Portogallo.
Ogni nuovo rapporto statistico proveniente dalla Johns Hopkins University fornisce ancora più conferme che la risposta di Lisbona è stata migliore del suo fratello maggiore Madrid”.
Un’altra cosa che può avere favorito il Portogallo, e sfavorito Spagna e Italia, è che
“a differenza della Spagna e dell’Italia, gli anziani in Portogallo sono generalmente vaccinati contro la tubercolosi.
Un recente studio ha trovato una possibile correlazione tra i paesi in cui tale vaccino è obbligatorio e un tasso di morbilità COVID-19 inferiore”.
Infine una nota che mette il dito nella piaga di quanto avvenuto in vari ospedali lombardi:
“In Portogallo l’87% di coloro che sono morti aveva più di 70 anni e due terzi erano più di 80, numeri simili alle statistiche di altri Paesi.
La stragrande maggioranza dei casi sospetti o pazienti con sintomi lievi sono tenuti a casa, pari all’85% di quelli che sono risultati positivi.
È una strategia prudente, dato che nel nord Italia il virus si diffonde spesso negli ospedali, nonostante tutte le precauzioni”.
Lisbona l’anno scorso era la capitale più gettonata d’Europa, oltre che a detta di molti la più vivace, con un via vai incessante di aerei di linea ed enormi navi da crociera.
Invece dei 500 voli internazionali in partenza dal Portogallo, ogni giorno ora ce ne sono solo 24.
La Lisbona attuale Der Spiegel la ritrae così:
“Da quando il Paese ha dichiarato l’emergenza nazionale il 18 marzo, la città di Lisbona è irriconoscibile.
O, per essere più precisi, può essere nuovamente riconosciuto come il posto speciale che era una volta. I tuk tuk sono spariti così come i turisti ubriachi in piazza Rossio.
I negozi di souvenir sono chiusi, le navi da crociera sono assenti e le folle di turisti si sono diradate.
Non ci sono scie di vapore nel cielo, nessun clacson, nessuna risata e la sera, solo raramente si sente un’auto nella città vecchia.
È solo lo stridio dei gabbiani e, in questi giorni, il suono del vento.
Avenida da Liberdade, la risposta di Lisbona agli Champs-Elysées, sabato scorso sembrava il set per un film post-apocalisse”.
Lisbona, che era riuscita a riprendersi dai giorni bui della crisi finanziaria in gran parte grazie al turismo.
E che ha rinunciato ai pagamenti degli affitti fino alla fine di giugno per tutti gli alloggi di proprietà pubblica.
Il Portogallo, che cominciava a parlare di “miracolo economico” e aveva iniziato di recente ad allentare le misure di austerità.
E che vuole guardare avanti con coraggio. E con l’immancabile fede.
Le scuole potrebbero essere riaperte all’inizio di maggio, a titolo di prova.
E potrebbero tornare in funzione piena il 13 maggio, anniversario dell’apparizione della Vergine Maria a Fátima.
Sperando in un “altro suo miracolo” per non dover rinunciare, almeno non del tutto, all’intero mese di feste e marchas populares in tutto il Paese, con una miriade di iniziative a Lisbona, che sempre esplode a giugno per ricordare la nascita di S. Antonio.
Il famoso S. Antonio da Padova, in realtà nato a Lisbona e vissuto a Padova solo negli ultimi due anni della sua vita.