LIBIA – Visto in tv il cadavere di Gheddafi, mi sorgono spontanee un paio di domande.
Ucciso Gheddafi, a chi andrà ora il suo 10% della partecipazione azionaria nella società Quinta Communications?
Silvio Berlusconi possiede ancora con Tarak Ben Hammar la quota del 10% di questa società?
L’acquisto è stato una delle conseguenze della visita libica di Berlusconi due anni fa. La notizia dell’intreccio Berlusconi-Gheddafi è stato di fatto confermato dallo stesso governo italiano, infatti il suo sito riporta per intero un articolo de Il Messaggero che dà conto delle varie compartecipazioni tra Italia e Libia.
Un articolo che così parlava della Fininvest, cioè di Berlusconi: “Poi ci sono i legami indiretti con l’Italia. Il fondo sovrano è anche intrecciato via Francia a Fininvest, visto che la Lia, attraverso la società Lafi Trade, è presente con il 10% in Quinta Communications S.A., società di diritto francese controllata al 68% dal finanziere franco tunisino Tarak Ben Ammar e in cui è presente anche Fininvest, con una quota del 22% (detenuta attraverso la controllata lussemburghese Trefinance)”.
In attesa delle risposte, passiamo ad altro, restando sempre in tema Gheddafi. Strano che a gioire della sua uccisione a sangue freddo, quando era ormai stato catturato e quindi protetto dalle leggi della Convenzione Internazionale di Ginevra, e a gioire anche del successivo suo scempio siano proprio coloro che ancora oggi condannano in massa “i comunisti” e i partigiani della guerra di liberazione che fucilarono Mussolini ed esposero come un trofeo animale il suo cadavere a piazzale Loreto.
Strano, ma non troppo. La destra e i perbenisti sono da sempre i campioni dei due pesi e due misure. Ma, gioire a parte, è sempre più chiaro che l’intervento militare della Nato in Libia voluto soprattutto dai francesi punta a qualcosa che somiglia al bis del Biafra, la cui secessione dalla Nigeria, costata qualche milione di morti, è stata a suo tempo voluta dai francesi per gli stessi motivi petroliferi che hanno spinto TOTALmente Sarkozy a intervenire in Libia per sottrarla alla storica sfera di influenza italiana e portarla sotto l’influenza francese. In termini petroliferi, si tratta di sostituire l’italiana ENI con la francese TOTAL.
Dobbiamo solo rimarcare qui che per il governo italiano la vicenda libica è stata una delle pagine più umilianti e imbarazzanti a livello mondiale dalla fine della Guerra.
Il fatto però che a vantarsi pubblicamente di avere convinto Sarkozy a intervenire in Libia sia stato Henry Bernard Levy, sionista duro e puro che vuole Israele alla guida della riscossa europeo-cristiana contro il mondo arabo-islamico, fa pensare a scenari più complessi.
Fa pensare che si voglia applicare alla Libia la stessa ricetta applicata all’Iraq: disossare lo Stato, distruggere le strutture portanti della coesione nazionale, cioè di fatto inter etnica e inter tribale, per trasformare lo Stato e la società in un’altra massa amorfa, priva di identità, gestita da governi fantocci proni a Parigi a livello internazionale e docili verso Israele a livello regionale.
Gli osservatori più avveduti hanno fatto notare che avere accettato le condizioni di Hamas per la liberazione del caporale Shalit è un’altra mossa del governo israeliano, in questo caso di Netanyahu, per erodere ancor più l’Autorità Nazionale Palestinese e spingere i palestinesi verso il fanatismo di Hamas onde poter meglio additarli al mondo come tutti “terroristi”, tutti nemici. Unito al ricompattamento degli israeliani sotto le ali della destra militarista ottenuto con la liberazione di Shalit, tutto ciò può essere utile a Netanyahu per fare le due cose che figuravano abbastanza chiaramente nel suo programma elettorale e per le quali è stato comunque votato: impedire a tutti i costi la nascita dello Stato palestinese e colpire militarmente l’Iran.
Colpirlo per bloccarne la forte crescita economica e impedire così che diventi una potenza regionale o comunque in grado di fare concorrenza a Israele.
Contrastato dagli Usa sull’opzione iraniana, ma assecondato dagli Usa nella lotta contro i palestinesi, una volta “normalizzata” la Libia, Netanyahu potrebbe non resistere alla tentazione di colpire l’Iran mettendo gli Usa di fronte al fatto compiuto, specie se l’eventuale rielezione di Obama dovesse passare ancor più per il gradimento delle lobby sioniste statunitensi, le stesse che, assieme ai cristiani sionisti, invisi al papa ma graditissimi a Netanyahu, decretarono la rielezione di George W. Bush.
La rottura delle relazioni con la Turchia, passata da alleato politico militare ad antagonista lanciatissimo verso l’egemonia in Medio Oriente, e le incognite della “primavera araba”, possono convincere Netanyahu al colpo di testa contro l’Iran. L’unica speranza che non salti il fosso è, oltre alla prosecuzione del “No!” della Casa Bianca, la convinzione dei vertici militari israeliani, servizi segreti in testa, che una eventuale campagna militare contro l’Iran si rivelerebbe “un disastro”.
Ma torniamo alla Libia. La campagna per convincerci della giustezza della guerra della Nato è stata lastricata di bugie, né più e né meno come quella per convincerci che era giusto invadere l’Iraq. Lo diceva già Eschilo nell’antica Grecia: “La verità è la prima vittima delle guerre”. Quando è stato chiaro che in Iraq non esistevano né le atomiche né altre armi di distruzione di massa, l’allora vicesegretario alla Difesa Usa Paul Wolfowitz ha ammesso candidamente che “parlare di atomiche irachene era l’unico modo per fare accettare all’opinione pubblica l’invasione dell’Iraq”.
L’ennesima conferma dell’affermazione di Eschilo viene dalla Libia, la cui conquista è stata presentata come una passeggiata, mentre ci sono voluti invece sette mesi di guerra e nessuno sa quante decine di migliaia di morti. Per scaldare gli animi europei c’è stata rifilata prima la balla dei “10.000 morti civili provocati dai bombardamenti dell’esercito di Gheddafi”, balla lanciata dalla tv Al Arabiya, proprietà privata dell’emiro parassita petrolifero del Qatar.
Poi sono arrivati il video e le foto con le quali il sito americano One day on Earth ha spacciato per fosse comuni con migliaia di vittime di Gheddafi un cimitero sulla spiaggia di Tripoli ampliato nell’agosto scorso. A seguire è arrivata la frottola delle truppe gheddafiane “imbottite di Viagra per stupri di massa di donne e bambini”, frottola appurata come tale dopo lunghe indagini dalla ricercatrice Donatella Rovera di Amnesty International e dalla responsabile di Human Rights Watch per i diritti delle donne, Liesel Gerntholtz.
A lanciare l’accusa dei fantomatici stupri di massa è stata una psicologa di Bengasi, tale Sergewa: guarda caso, la stessa che ha accusato Gheddafi e i suoi figli di stuprare sistematicamente le famose pretoriane guardie del corpo di Gheddafi.
Infine, poche settimane fa, un altro scoop troppo precipitoso: l’annuncio al mondo della macabra scoperta di una fossa comune con 1.700 cadaveri nei pressi della prigione di Abu Salim, notizia anche questa partita da Al Jazeera, che nella versione inglese titola senza indugi “Mass grave of Libyan prisoners found”.
A dire di Al Jazeera si tratta dei resti dei prigionieri di una rivolta fallita del 1996 e secondo alcuni giornali italiani anche di quella attuale. Nessuno si chiede come possa Al Jazeera avere contato il numero dei sepolti prima ancora che si inizi a scavare. In compenso Khalid Sharif, portavoce del consiglio militare del CNT, dichiara: “Abbiamo trovato il luogo dove tutti quei martiri sono sepolti”. E aggiunge che “è la prova degli atti criminali del regime di Gheddafi’”. Come se non bastasse, un altro membro del CNT, Salim Al Ferjani, ci ha tenuto a precisare: “Hanno infierito con l’acido sui corpi, per eliminare le tracce”.
Poi però sul posto arriva l’americana CNN, certo non filo Gheddafi, e lo scoop comincia a crollare: i giornalisti della CNN non vedono una marea di ossa umane, ma ossa di animali senza nessuno scavo. Per prudenza, nella prima versione sul suo sito l’emittente Usa specifica: “Non è chiaro se il sito sia una fossa comune, perché non ci sono stati scavi. Hanno mostrato ossa ai media, ma dei medici lì presenti con lo staff della CNN hanno sostenuto che non sono ossa umane”.
Poi nell’articolo di cui al link sparisce il riferimento ai medici, però i dubbi restano: “Il CNT sospetta si tratti di una fossa comune, benché non ci siano stati scavi e non siano stati trovati resti umani. Un team della Cnn è stato portato sul posto, un campo fangoso, con altri media, e ha trovato solo ossa apparentemente animali”. La cosa strana è che la CNN afferma si tratti di una scoperta avvenuta il 20 agosto: ma allora perché tacere per un intero mese? In un aggiornamento del suo sito la CNN specifica: “Il CNT ha spiegato ai reporter che alcune ossa trovate sono in effetti troppo grandi per essere umane”. Un altro membro del CNT, Jamal Ben Noor, ammette non senza imbarazzo che “il sito potrebbe essere qualcos’altro, stiamo investigando”.
Ora però non serve più che si continui a investigare o a far finta. La caccia a Gheddafi infatti è finita.