ROMA – In realtà, è papa Ratzinger che vorrebbe sfrattare la salma di De Pedis per poter andare in visita all’Università dell’Opus Dei del palazzo di S. Apollinare, ma nessuno ha il coraggio di dirlo. Ecco allora che i titoli e i sommari dei giornali non hanno dubbi: “Irregolare sepoltura De Pedis nella basilica S. Apollinare”; “Il corpo del boss della Banda della Magliana, Renato De Pedis, venne inumato nella Chiesa romana di Sant’Apollinare in spregio alla severa normativa dell’epoca. L’Antimafia, sollecitata da Walter Veltroni, ha svolto accertamenti dettagliati che hanno dato questo riscontro”. Insomma, l’ormai stucchevole romanzone della “misteriosa” sepoltura di Enrico De Pedis nella basilica romana di S. Apollinare prosegue.
Nell’ultima – per ora – puntata ci si è tuffato a capofitto mesi fa addirittura Walter Veltroni che, anziché badare alla politica, al parlamento e ai guai del Partito Democratico, ha voluto vestire i panni dello sdegno civil-religioso tirando fuori dal cilindro una letterona a Repubblica per chiedere a gran voce lo sfratto del feretro. Il tardo pomeriggio del 5 di ottobre, Veltroni è tornato alla carica nella sala della Congregazione dei Bergamaschi, in via di Pietra, approfittando della presentazione della nuova edizione di un libro della collega Angela Camuso sulla ormai trita e ritrita, nonché ubiqua ed eterna Banda della Magliana, approfittando della presenza del sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia di Roma, Maurizio De Lucia. Il libro della Camuso è stato stampato in proprio e ordinabile solo via web perché gli Editori Riuniti, stranamente, non hanno voluto accollarsi anche la nuova edizione, forse anche a causa dei vistosi errori e invenzioni della prima. La seconda edizione annuncia trionfante in copertina “60 pagine di rivelazioni inedite”. Tra le “rivelazioni”, quella che il palazzinaro tuttofare Enrico Nicoletti è in galera, quando invece – come ha fatto rilevare lo stesso Veltroni nel suo intervento – se ne sta comodo a casa sua a concedere interviste a destra e a manca, compresa una a L’Espresso da me in parte riportata l’anno scorso nel mio libro “Cronaca criminale”.
Visto che c’era un membro della Direzione Nazionale Antimafia, ne avrei approfittato per chiedergli notizie su un fatto clamoroso emerso di recente, ma tenuto in disparte dai giornali e ignorato dalle tv: ben 7 uomini da oltre 10 anni marciscono nelle galere siciliane perché condannati in via definitiva all’ergastolo per l’autobomba in via D’Amelio a Palermo che nel ’92 uccise il magistrato Paolo Borsellino, mentre ora si scopre, che quei 7 sono innocenti, con l’autobomba e l’uccisione di Borsellino non c’entrano assolutamente niente. Insomma, a De Lucia avrei chiesto se non fosse il caso di andarci più cauto nel prendere per oro colato tutte le “rivelazioni” snocciolate dai pentiti, compresi quelli osannati dalla nuova edizione del libro.
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