Donne contro gli abusi, uno dei tanti cortei? La Boldrini ha sistemato le portaborse?

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Donne contro gli abusi, uno dei tanti cortei? La Boldrini ha sistemato le portaborse?

Come diceva Confucio, ripreso poi da Mao, l’importante non è il colore dei gatti, ma che acchiappino i topi.

Ben venga dunque quella che pare una rinascita se non del femminismo almeno di una maggiore protesta e presa di coscienza organizzata delle donne contro le violenze e i soprusi che si consumano ogni giorno su di loro in troppi ambiti sociali e professionali.

Ben venga dunque la manifestazione nazionale indetta a Roma per fine novembre.

E ben venga anche se è sotto l’egida, se non sotto la guida, di due persone come Laura Boldrini e Asia Argento, non proprio con tutte le carte in regola per stare alla testa di una tale iniziativa, il cui logo è “Il pugno di Asia”. E siccome il pugno lo leva in alto un viso femminile corrucciato, c’è da concludere che anche il viso è quello della stessa Asia. Così stando le cose, c’è il rischio che i gatti non riescano a prendere nessun topo, ma solo (altra) pubblicità gratis per se stessi, o meglio per se stesse. Il tema della manifestazione del 24 merita invece ben altro.

Di Asia Argento si è già detto quanto c’è da dire e riferire. Aggiungiamo solo che evidentemente ci deve avere già ripensato sul suo auto esilio, annunciato Urbi et Orbi come protesta per essere stata criticata da una marea di donne per l’eccesso di ritardo, ben 20 anni, nelle “rivelazioni” sul produttore Harwey Weinstein. Rivelazioni dalle quali peraltro risulta per sua stessa ammissione che la allora 23-24enne attrice era consenziente: contraria, lei sostiene, ma comunque senza dirlo né farlo capire a Weinstein onde evitarsi eventuali danni professionali. Consenziente o no, comunque questi sono solo affari personali e privati della signora Argento. Come diceva Totò, “siamo uomini di mondo”, non ci scandalizziamo e non tranciamo giudizi, tanto meno condanne morali, per emettere le quali oltretutto non abbiamo nessun titolo e non vogliamo averlo.

Di Laura Boldrini si sa praticamente tutto. Di recente ha preso ferma posizione nello scandalo dei portaborse. Lo scandalo è nato da una puntata del programma televisivo “Le iene” e dalla denuncia della “portaborse” parlamentare Federica B. La stessa Federica B. che la presidente della camera dei deputati, onorevole Laura Boldrini, ci ha tenuto a incontrare di corsa per dirle “Hai fatto la cosa giusta”. Incontrarla non in privato, ma davanti a telecamere e giornalisti.

La polemica sul caso Weinstein ha acceso un faro anche sull’intricato rapporto fra portavoce, addetti stampa, responsabili della comunicazione, figure nel cui sfondo dietro le quinte operano tanto la Argento (Porta a Porta ha infatti reso noto che anche lei dispone di un proprio ufficio stampa) quanto la Boldrini, c’è una certa abbondanza.

Che non si tratti di un problema di lana caprina lo dimostra il varo lo scorso luglio di un’apposita commissione in seno all’Ordine dei Giornalisti incaricata di promuovere la modifica della legge 150 del 2000: si tratta della legge che regola le attività di comunicazione e di informazione dell’amministrazione pubblica distinguendo nettamente le prime, non giornalistiche, dalle seconde, giornalistiche.

La commissione è incaricata tra l’altro di proporre e promuovere la modifica dell’articolo 7 della legge 150, dell’articolo cioè che si occupa dei portavoce: l’obiettivo è quello di ottenere che siano giornalisti anche gli addetti stampa eliminandone così l’attuale contrapposizione.
Tale modifica dell’articolo 7, una riforma a costo zero, allineerebbe l’Italia con il resto della Comunità Europea. Tant’è che questo aspetto è stato discusso dall’apposita commissione dell’Ordine con Giovanni Grasso, portavoce del presidente della Repubblica e con Gianfranco Astori, consigliere particolare del Quirinale per l’Informazione, che hanno lodato l’iniziativa. Siamo però rimasti fermi alle lodi. Cioè alle chiacchiere.

L’argomento uffici stampa e addetti portavoce è talmente grande e contraddittorio/discriminatorio che nel luglio 2014 l’Ordine dei Giornalisti ha approvato un ordine del giorno che prevede l’introduzione di almeno un giornalista anche negli uffici stampa del settore privato. E sempre in tema di uffici stampa del settore privato nel febbraio 2016 l’Ordine ha approvato – all’unanimità – un altro ordine del giorno che ne segnala al legislatore il vuoto normativo e lo invita a eliminare le differenze tra uffici stampa del settore privato e uffici stampa della pubblica amministrazione.

Insomma, ce n’è a iosa perché si faccia finalmente chiarezza e si dia la dovuta dignità contrattuale e professionale all’esercito dei “collaboratori parlamentari/portaborse/addetti stampa/portavoce”, che – nominalismi a parte – per il proprio principale svolgono chiaramente lo stesso lavoro del portavoce della Boldrini, che è il giornalista professionista Roberto Natale.

Come che sia, sappiamo però che è molto difficile, se non decisamente impossibile, che in tutti questi anni né Boldrini né il suo portavoce Roberto Natale, già presidente dal 2007 al 2013 della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), il sindacato nazionale della categoria, non si siano mai accorti della situazione dello stuolo di assistenti dei parlamentari, meglio noti come “portaborse” quando invece ne sono anche e soprattutto i portavoce e gli addetti stampa.

Era lecito aspettarsi una maggiore sensibilità e capacità di osservazione da parte di Laura Boldrini, visto che come Natale viene dai ranghi del giornalismo, anzi viene dai ranghi del “portavocismo”: è stata infatti per 14 anni una portavoce per l’Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati dal 1998 al 2012. Inoltre, come se non bastasse, è anche lei una giornalista, oltre che moglie separata di un giornalista e compagna per anni di un altro giornalista.

Ci si poteva quindi attendere una sua maggiore attenzione per i suoi meno fortunati colleghi portavoce e giornalisti di fatto, che affollano il parlamento certo non meno dei parlamentari. Oltretutto è inevitabile che chi presiede la Camera e il proprio portavoce/addetto stampa abbiano spesso a che fare con i portavoce/addetti stampa di chi alla Camera ci sta come parlamentare e non come passante o impiegato.

Come nel caso della “portaborse” Federica B., la presidente della Camera dei Deputati ci ha tenuto a precipitarsi a dire la sua anche sulla vicenda Argento/Weinstein: a botta calda e in un’intervista al Corriere della Sera anche se era impegnata da giorni a New York e in Canada. Bene. Non vorremmo però che tutto si riducesse a pubblicità per sé e invece per gli altri a prosecuzione della beata ignoranza della loro situazione: vale a dire, in questo caso, della massa – soprattutto femminile – di chi pedala come ufficio stampa e/o come portavoce con contratti un po’ troppo disinvolti o addirittura assenti e paghe un po’ troppo di comodo e anoressiche.

Un ulteriore motivo di opportuna e doverosa chiarezza è rappresentato dal fatto che, come abbiamo visto, stando alle notizie che circolano Asia Argento e Laura Boldrini saranno alla guida della manifestazione nazionale indetta per il 24 novembre per protestare contro molestie e abusi sessuali sulle donne. Molte delle quali, si noti bene, lavorano in uffici stampa e come portavoce: difficile difendersi da eventuali molestie e abusi del “principale” se si resta prive di diritti acquisiti e quindi ricattabili di fatto.

Si è provveduto o si sta almeno provvedendo a far passare alle dipendenze del parlamento, come succede in vari Paesi civili, anziché, nonostante le chiacchiere e la solidarietà di maniera, farli restare alle dipendenze dei singoli parlamentari? I quali per pagare i propri “portaborse” prendono ogni mese in busta paga altri 3.700 euro. Finché questi soldi passeranno per le tasche degli onorevoli è difficile che il malcostume cambi. A meno di un’apposita clausola nel regolamento delle Camere, con annessi controlli. Fino ad oggi però non se ne vede neppure l’ombra.

Forse è il caso che la manifestazione del 24 si cerchi altre madrine. Oppure che non ci si lamenti troppo in caso di flop. Che speriamo comunque non ci sia. Ci auguriamo anzi quel largo successo del quale il grave tema sollevato dalla manifestazione ha bisogno e che sicuramente merita.

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