ROMA – Umberto Bossi ha dichiarato che la Lega è contraria all’innalzamento dell’età pensionabile, specie per le donne. Il ministro Maurizio Sacconi è poco convinto, almeno ufficialmente. Ma la realtà è tale che – demagogia a parte e a meno di voler contribuire alla deriva “greca” dell’Italia – a partire dal 2020 si dovrà andare tutti, uomini e donne, in pensione a 67 anni, non più a 65. Nonostante i dinieghi e le secchiate di acqua sul fuoco, nel governo c’è chi pensa di anticipare di due anni, dal 2015 al 2013, l’andata in pensione delle donne a 65 anni anche nel settore privato. Si tratta evidentemente di un modo per poi alzare anche per le donne l’andata in pensione a 67 a partire dal 2020 o poco dopo, se non prima sotto la spinta dei conti pubblici. Come sempre ci saranno proteste, accuse e lamenti più o meno “rosa”, ma purtroppo abbastanza slegati dalla realtà.
Il cavallo di battaglia di chi è contro l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni anche per le donne è che sul gentil sesso, una volta detto “sesso debole”, pesa ancora oggi l’incombenza di fare, allevare e accudire i figli, che a dire il vero sono ormai piuttosto rari, e occuparsi della casa, a volte anche dei propri genitori anziani. Il quadro che ne viene fuori è che la condizione femminile è più usurante di quella maschile, e quindi l’andata in pensione a 65 anni per le donne è una iniquità. Qui c’è da fare una prima osservazione: le statistiche dimostrano che le donne vivono in media cinque anni più degli uomini, perciò è assolutamente da escludere che la loro condizione sia più usurante di quella maschile, visto che i maschi muoiono prima, e in media ben cinque prima.
Per l’esattezza, in Italia siamo ormai a una vita media di 84,3 anni per le italiane e di 79,1 per gli italiani. Il che può significare che occuparsi dei figli e della casa è più gratificante che occuparsi prevalentemente del mondo fuori casa. L’ambiente domestico e familiare è infatti di solito più umano, nel bene e nel male, del mondo esterno, che non a caso si usa dire sia una “jungla”, ecco perché il mondo domestico e il famoso “lessico familiare” costituiscono un buon ammortizzatore delle tensioni. Pur non essendo ovviamente sempre un paradiso, come dimostrano spesso purtroppo anche le cronache. Ma se è per questo le cronache dimostrano di ben peggio per il mondo fuori casa.
Poi c’è da fare una seconda osservazione: di figli se ne fanno sempre meno, quando se ne fanno, perciò parlare di gran lavoro per “i figli” appare temerario. L’Istat dice infatti che le donne italiane fanno 1,4 figli a testa (nel 2009, la media era 1,41; nel 2008, 1,42). E’ solo grazie alle donne immigrate, che fanno 2,3 figli a testa in media. L’Istat inoltre dice che: “Il 55,4% delle famiglie italiane è costituito al massimo da due componenti: sono costituite da coniugi senza figli e famiglie monogenitoriali. Il 28% di famiglie ha un solo componente: per la metà – dice l’Istat – si può pensare si tratti di persone vedove, perché hanno più di 65 anni; nell’altra metà, ci sono i single, i separati, gli omosessuali, le nubili e i celibi. Gli ultra 65enni sono già un quinto della popolazione e si stima che nel giro di pochi anni ne costituiranno un terzo. Il numero degli ultracentenari è di oltre 16mila ed è più che triplicato negli ultimi 10 anni”.
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