ROMA – Il mistero Orlandi passerà dal tormentone sulla sepoltura di Enrico De Pedis, ucciso nel 1990, al tormentone della sepoltura di Katty Skerl, strangolata nel 1984? Il tormentone sulla cripta dell’asserito “boss della banda della Magliana”, per quanto grottesco, è durato una decina d’anni. Quello sulla bara al Verano della figlia del regista Peter – controversa meteora dei film erotici – ha sì anch’esso l’aspetto di un’altra macabra e intrigante montatura, ma pare invece destinato a durare poco, in tribunale forse neppure il classico espace d’un matin, nonostante le scatenate pressioni dell’inventore e dei fautori del nuovo tormentone. Ma andiamo per ordine.
Le vacanze estive sono ormai finite ed è invece prossima la camera di consiglio con la quale il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) Giovanni Giorgianni, a partire dal 30 del settembre in corso, deciderà se accettare o no la richiesta di archiviazione formulata lo scorso 5 maggio dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. Il quale ha chiesto anche l’uscita di scena di tutti gli indagati e l’apertura di un procedimento per calunnia e autocalunnia contro il “reo confesso” Marco Fassoni Accetti, il fotografo romano che ha sostenuto davanti al magistrato di avere fatto parte a suo tempo di “una fazione vaticana, favorevole alla politica anticomunista di Papa Wojtyla, in lotta contro la fazione contraria a tale politica” e di essere lui l’organizzatore del “finto sequestro” di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori per conto della sua fazione.
Sequestro finto perché secondo la cervellotica e improponibile “confessione” di Accetti le due ragazze erano d’accordo nel simulare il rapimento così come erano d’accordo anche i loro padri. Questi infatti, sempre secondo la narrazione del “reo confesso”, erano d’accordo perché bisognosi: di soldi il padre di Mirella e di “protezione” il padre di Emanuela.
Quest’ultimo infatti, sempre a dire di Accetti, temeva punizioni per non avere vigilato a sufficienza sulle udienze di Papa Wojtyla tanto da avere permesso che vi partecipasse anche Alì Agca, il terrorista turco che nell’81 aveva attentato alla vita del pontefice e per questo con dannato all’ergastolo. Peccato però che il papà di Emanuela, Ercole Orlandi, fosse solo il postino di Wojtyla e che quindi nulla aveva a che vedere con le udienze…. Ma tralasciamo.
Dopo avere tenuto banco per mesi grazie alle sue “confessioni”, iniziate con il clamoroso exploit della consegna alla redazione del programma televisivo di Rai3 “Chi l’ha visto?” del cosiddetto “il flauto di Emanuela” , strumento che la ragazza studiava alla pontificia scuola di musica Ludovico Da Victoria, Accetti è man mano finito sempre più nell’ombra. Fino alla debacle, il 5 maggio scorso, rappresentata dalla richiesta di procedere contro di lui per calunnia e autocalunnia. Da allora il clamoroso “reo confesso” caduto ignominiosamente nella polvere ha covato una forte voglia di rivincita, e ha promesso più volte che dopo l’estate lui ai magistrati colpevoli di non averlo preso sul serio avrebbe fatto vedere i sorci verdi.
“Dovranno ricredersi!”, ha giurato più volte. E ha annunciato clamorose novità sull’uccisione di Katty Skerl, delitto da lui già addebitato nell’aprile di due anni fa alla “fazione avversa”. Si chiamava Katty Skerl, ma chissà perché Accetti continua a chiamarla Katy, con una sola t.
Passate le vacanze, le “clamorose novità” sono puntualmente arrivate nei giorni scorsi. Come? Con la consegna ai magistrati di un dossier con l’ennesima “confessione”. La prova regina della bontà del nuovo botto sarebbe la camicetta che farebbe parte del vestito con il quale sarebbe stata sepolta Katty: camicetta che a dire del “reo confesso” per il caso Orlandi e “supertestimone” del caso Skerl sarebbe stata fatta sparire da violatori della tomba, ovviamente gente della “fazione avversa”, per fare sparire l’etichetta di un negozio di via Frattina.
La riprova che la bara col cadavere della Skerl sia stata davvero rapita consiste in una frattura del marmo e in alcune stuccature del “fornetto”, detto anche loculo, dove è stata conservata la salma della ragazza (Vedi foto). Uccisa, ripetiamo, nell’84.
Quando e perché la “fazione avversa” è entrata in azione necrofila sui resti di Katty? Elementare, Watson! Non appena morto Wojtyla, il 2 aprile 2005, Accetti ha avvisato la “fazione” che intendeva andare a vuotare il sacco dai magistrati. Perché avvertirla delle proprie intenzioni è un bel mistero, sta di fatto che secondo i racconti dell’avvisatore la fazione terrorizzata corre a rubare la bara con i resti della Skerl, morta da 21 anni, per fare sparire la camicetta…..
Ma che ci azzecca l’etichetta? Secondo la fantasiosa “confessione” c’entra perché è la prova del collegamento col caso Orlandi. Senza temere il ridicolo, il “reo confesso” afferma infatti che una donna della “fazione avversa” ebbe modo di assistere alla vestizione del cadavere della povera Katty e poté così notare che la camicetta aveva l’etichetta di un negozio di via Frattina. Il nome di via Frattina venne poi riferito dalla donna per essere riportato in un comunicato del cosiddetto Fronte Turkesh, che in un italiano sgangherato e sconnesso voleva far credere di essere l’organizzazione rapitrice di Emanuela e che l’avesse rapita per barattare la sua libertà con quella dell’ergastolano. Peccato che il colonnello Gunter Bohnsack, ex dirigente del X Dipartimento della Stasi, cioè dei servizi segreti dell’allora Germania Est, abbia abbondantemente spiegato – a me nel 2001 e al collega Marco Ansaldo di Repubblica nel 2008 – che i comunicati firmati Turkesh e lo scambio tra la libertà di Emanuela e quella di Agca erano invenzioni prodotte dal suo ufficio per creare confusione sul mistero Orlandi. E tenere così sotto scacco il Vaticano dell’anticomunista Wojtyla.
A prendere ancora sul serio Accetti è rimasto solo il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, che ha definito la faccenda del furto della bara e dell’etichetta della camicetta “rivelazioni sconvolgenti oltre ogni immaginazione”.
Rivelazioni suffragate dalla foto del loculo, che presenta un marmo rotto e qualche stuccatura, prove indiscutibili dell’effrazione con la quale la “fazione” ha rubato il cadavere. E siccome le rivelazioni sono “sconvolgenti”, ecco una pioggia di accuse alla magistratura di non avere ancora aperto il loculo per constatare la bontà della nuova saga. Difficile chi i magistrati si lascino suggestionare e intimidire anche questa volta, visto che a differenza della faccenda della cripta di De Pedis e del “flauto di Emanuela” questa volta “Chi l’ha visto?” e tutte le tv e i giornali si tengono bene alla larga dalla nuova “pista”. Gli ultimi fuochi del mistero Orlandi più che fuochi d’artificio da grande spettacolo pirotecnico pare proprio siano destinati a restare fuochi fatui, almeno una volta non rari nei cimiteri, o petardi dalle polveri bagnate. Staremo a vedere.
L’unica cosa certa è che se tutti loculi con segni dell’usura del tempo e di una cattiva manutenzione fossero la prova di furti di bare e cadaveri, non solo il Verano sarebbe la sede preferita da un esercito di necrofili incalliti.
Per sistemare l’aggeggio, ben visibile nella foto, che simula l’accensione perpetua di una fiamma, è andato rotto il marmo del loculo della Skerl. Ci sono testimonianze, e lo ha ammesso lo stesso diretto interessato, che Accetti usa da tempo frequentare cimiteri, specie quando vengono dissepolte le bare con cadaveri destinati non ai loculi o alle tombe di famiglia, ma alla discarica comunale. Non li frequenta per necrofilia, ma per trarre ispirazione e raccogliere qualche souvenir utile per l’allestimento delle sue foto artistiche. Che in effetti non difettano né del macabro né del cimiteriale né del sepolcrale.
Come già accaduto altre volte, Accetti ha smentito le ricostruzioni pubblicate da Peronaci, ma questa volta ha anche annunciato che lo querela. Salvo poi le minimizzazioni del giornalista, il quale giura che
“ci siamo spiegati e abbiamo chiarito come fanno le persone civili”.
I maligni però pensano che si tratta di un gioco delle parti. Noi non vogliamo essere maligni. Staremo a vedere.