Ovviamente spero anch’io che il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi si risolva una volta per tutte, se non altro per sua madre, ma in questa storia di scheletri e ossa ritrovate nella Nunziatura del Vaticano in via Po, a due passi dalla redazione de L’Espresso, per il quale ho lavorato una vita, ci sono cose che non quadrano. Prima di vedere quali sono, e sempre che le notizie fin qui note siano vere, è d’obblogo fare alcune considerazioni.
– Se è vero che lo scheletro è stato trovato sotto il pavimento della casa del custode basterebbe sapere quando è stata costruita: se dopo del 22 giugno 1983 è chiaro che non può trattarsi dello scheletro di Emanuela.
– Se è stato trovato nel cemento è un conto, se è stato trovato nel terreno sotto il cemento del massetto del pavimento è un altro conto. Nel primo caso si tratta quasi sicuramente di un delitto, che ricorda il caso di Stefania Bini, sepolta nel cemento del pavimento dallo zio che l’aveva uccisa l’anno dopo la scomparsa di Emanuela. Nel secondo caso può trattarsi di qualcuno sepolto lì quando tutta quell’area era priva di costruzioni.
– Se lo scheletro era nel cemento, per sapere se si tratta di quello di Emanuela o di quello di Mirella Gregori, ruota di scorta che non sempre appare quando si parla di Emanuela perché la sua scomparsa ha meno appeal, basta misurare la lunghezza dello scheletro: nel cemento si è certamente conservato bene, quindi si può vedere se è compatibile con la lunghezza di una di quelle due sfortunate belle ragazze.
– Ma se il cadavere è stato sepolto nel cemento è inspiegabile che ci siano solo le ossa e non l’intero cadavere sia pure ridotto in condizioni orribili.
Veniamo ora alle cose che non quadrano.
1) 13 maggio 2001. Nel confessionale della chiesa di S. Gregorio VII, sita tra il Vaticano e Monte del Gallo, il parroco trova un teschio. Passano quasi tre mesi ed ecco che nella caldana del mese di agosto il solito vuoto vacanziero di notizie viene riempito da uno scoop bomba, riportato da vari giornali, anche seri: il teschio “pare” sia di Emanuela Orlandi. E se non è il suo è di Mirella Gregori. Qualcuno si deve essere ricordato che il 13 maggio era l’anniversario delle revolverate sparate in piazza S. Pietro dal turco Alì Mehmet Agca a papa Wojtyla, e così ha deciso di inzupparci il biscottino. Il parroco si sgola inutilmente a spiegare che si tratta di un teschio vecchio di almeno 100 anni, il balletto di ipotesi, “indiscrezioni”, “analisi dei periti”, ecc., va avanti per un pezzo. Tanto che nel mio secondo libro sulla scomparsa della ragazzina vaticana, edito da Baldini Castoldi, non ho potuto fare a meno di scriversi un capitolo. Titolo: La ballata del teschio.
2) Settembre 2005. Il programma televisivo “Chi l’ha visto?” spara la notizia che prima delle vacanze è arrivata nella segreteria telefonica della redazione una telefonata, ovviamente anonima, che dice:
“Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi, per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare”.
Si scoprirà poi che la telefonata è stata tagliata nella coda perché si sarebbe capito che chi parlava della faccenda Orlandi in realtà sapeva poco, inoltre alla magistratura la telefonata NON risulta fatta dall’esterno…
Però nella cripta era sepolto Enrico De Pedis, detto Renatino, de promosso sul campo a “boss” della banda della Magliana, e anche del suo “ramo più pericoloso, quello dei testaccini”, cioè dei membri che vivono nel quartiere del Testaccio. Il “mistero” di quella sepoltura era già stato chiarito ad abundantiam dal magistrato Andrea De Gasperis: nulla di illecito. De Pedis si era sposato in quella chiesa e la vedova, Carla, ha chiesto e ottenuto che fosse seppellito nei suoi sotterranei per evitare possibili atti di vandalismo nel cimitero di Verano dove lei lo aveva fatto seppellire nella tomba di famiglia. Sotterranei peraltro sconsacrati e dove NON è seppellito neppure un prelato di rilievo, tanto meno “papi, santi e principi della Chiesa” come hanno invece scritto e detto in tv un po’ tutti. Renato per poter sposare Carla ha dovuto tagliare i ponti con le sue poco raccomandabili frequanatzioni precedenti, e gli ex amici si sono vendicati uccidendolo. Possibile quindi che infieriscano anche sulla tomba.
Guarda caso per quel settembre era atteso il film Romanzo criminale, tratto dall’omonimo best seller di strepitoso successo scritto dal magistrato Giancarlo De Cataldo. Il romanzo e il film illustrano le gesta della Banda della Magliana, e tra i suoi capi c’è un elegantone soprannominato il Dandy: stampa e tv decidono all’unisono che il Dandy è De Pedis. Inizia così una sagra ultra decennale finita solo quando il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone nel 2015 archivia finalmente l’inchiesta dopo che, tra molti altri “supertestimoni” tutti fasulli, è entrato in scena il fotografo romano Marco Fassoni Accetti, che si auto accusa del rapimento di entrambe le ragazze, a suo dire “consenzienti” perché era solo una messinscena che doveva durate poco e con il consenso anche dei loro genitori. A capire che Accetti farneticava e che il “flauto di Emanuela” da lui esibito come prova del proprio ruolo ci voleva poco, ma, portato in trionfo da “Chi l’ha visto?” e dagli Orlandi, ha tenuto banco per un pezzo.
E poiché nei sotterranei della basilica c’erano 400 cassette di ossa dei sepolti nei secoli scorsi, quando i cimiteri non esistevano e i defunti erano tumulati sotto le chieste o nel terreno loro circostante, non mancano i colpi di scena sulle “ossa di Emanuela e/o Mirella”.
3) – Nel 2008 a supportare il romanzone su De Pedis entra in scena Sabrina Minardi, ex consorte di un grande giocatore di calcio, Bruno Giordano e, a suo stesso dire, ex prostituta più o meno d’alto bordo, ormai ridotta male in salute dagli abusi, tanto che quando “vuota il sacco” si trova in un centro di recupero, ospite anche di una clinica per malattie mentali. Minardi si spaccia per “amante decennale” di De Pedis e “rivela” che a rapire Emanuela è stato ovviamente De Pedis. Minardi non trova di meglio che “rivelare” che Emanuela è stata impastata nel cemento di una betoniera, cosa peraltro fisicamente impossibile, per essere poi colata nelle fondamenta di un edificio a Torvaianica. Guarda caso, un giornale locale qualche tempo prima aveva reso noto il ritrovamento di ossa umane nelle fondamenta di una costruzione in via di demolizione: i resti di patrioti fucilati dai tedeschi in ritirata da Roma alla fine della seconda guerra mondiale.
4) – Nel 2013 gli operai al lavoro nei sotterranei di una chiesa a un chilometro di distanza dalla basilica di S. Apollinare trovano due scheletri. “Chi l’ha visto?” non resiste alla tentazione di dare la “notizia” che sono stati trovati nel sotterraneo di S. Apollinare e che “forse sono gli scheletri di Emanuela e Mirella”. Per tenersi in allenamento, più o meno in quel periodo il programma televisivo spara un’altra notizia, meno clamorosa, però tutto fa brodo:
“a S. Apollinare è stato trovato un teschio e ossa umane di 30-40 anni fa”.
Quindi ovviamente della povera Emanuela…. Magari pure della ruota di scorta Mirella.
Come si vede, è piuttosto grottesco che a ogni ritrovamento di ossa umane, vero o presunto, scatti il riflesso pavloviano di tirare in ballo la Orlandi (e in subordine la Gregori).
Come si vede, è piuttosto grottesco che a ogni ritrovamento di ossa umane, vero o presunto, scatti il riflesso pavloviano di tirare in ballo la Orlandi (e in subordine la Gregori).
Tutto ciò premesso, appare piuttosto strano che il Vaticano abbia segnalato la faccenda alla magistratura italiana: gli altri casi di scheletri, per esempio i due sopra citati, e ossa umane rinvenute sotto chiese romane non pare siano stati segnalati alle autorità italiane. Quella del Vaticano potrebbe quindi essere una mossa per far vedere che non è vero che per le indagini sulla Orlandi fa sempre ostruzionismo. O forse c’è una nuova direttiva di Papa Francesco che impone su certe impone una collaborazione che prima non c’è mai stata. Oppure il Vaticano ha capito benissimo, date le condizioni dello scheletro e il posto dove è stato trovato, che non può essere di nessuna delle due ragazze, ma molto più vecchio se non antico. In tal caso, fa la sua bella figura di collaboratore di giustizia senza spendersi molto.
Come che sia, la Procura ha ovviamente deciso di confrontare il DNA delle ossa della Nunziatura con quello di TUTTE le persne scomparse a Roma e delle quali si ha o si può avere il DNA, compre, TRA LE ALTRE, la Orlandi e la Gregori. Quindi NON è vero che la Procura sta indagando solo sulla loro scomparsa. La notizia di questa attività dovuta della Procura è ovviamente arrivata all’avvocatessa Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi. E questo può spiegare bene perché è improvvisamente nato questo nuovo chiassoso battage.
Stiamo a vedere: speriamo bene.