ROMA – Incredibile, ma vero: Alì Agca è tornato a farsi pubblicità pontificando su tutto un po’, fine del mondo compresa, e promettendo le solite mirabolanti “rivelazioni” sia sul suo attentato a Papa Wojtyla che sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Cosa ancor più incredibile, c’è pure chi gli dà retta.
Il palcoscenico utilizzato per la “clamorosa” uscita è lo stesso di quando sparò a Wojtyla il 13 maggio 1981, vale a dire piazza S. Pietro. Questa volta però, vestito di tutto punto, cravatta compresa, al posto della pistola, a suo tempo usata come un dilettante, impugna un doppio mazzo di rose bianche. Che ha voluto andare a deporre sulla tomba dello stesso Papa al quale ha sparato. Un gesto di sincera contrizione e tardiva devozione?
Se così fosse, lo avrebbe fatto in silenzio, senza fotografi in piazza S. Pietro per immortalarlo col doppio mazzo di rose bianche in mano e senza strombazzamenti massmediatici. Si tratta invece con tutta evidenza di un modo per restare a galla, strappare ancora uno straccetto di notorietà per non affogare nell’anonimato. La sua vita da balordo dallo sguardo febbrile e dal parlare istrionico a mo’ di profeta biblico lo ha infine portato a vivacchiare nel quartiere di Bakirkoy, sulla sponda europea di Istanbul, vivendo non tanto con i proventi di interviste e del suo improponibile libro autobiografico quanto invece con l’aiuto di parenti e amici.
Visto però che il “mistero Orlandi” in Italia è una miniera d’oro non solo per programmi televisivi tanto longevi quanto sul punto inconcludenti, Agca – volto sempre più scavato e capelli ormai bianchi – cerca di trarne anche lui qualche pepita mettendo mano a progetti di libri, documentari e spera anche lui in un film. Anzi, spera in un filmone nel quale rifilare il sunto della sua sterminata massa di “verità”, in particolare il terzo mistero di Fatima, il Vaticano, l’attentato a Wojtyla e le asserite e mai dimostrate connessioni con la scomparsa di Emanuela Orlandi. Riguardo la sorte della quale Agca ci ha tenuto ha ribadire la solita solfa: è viva ed è chiusa in qualche convento per volere del Vaticano…. Bontà sua, almeno non è chiusa in un “manicomio nel centro di Londra”, come invece giurava un altro personaggio strano, il fasullo “ex 007 Lupo Solitario”, al secolo tale Luigi Gastrini, condannato per le sue “rivelazioni” orlandiane a sei mesi di carcere per millantato credito.
E, sempre bontà sua, non è svanita chissà dove, come sostiene invece il “supertestimone” Marco Fassoni Accetti e neppure in Medio Oriente, madre di più figli sposata con uno dei suoi rapitori, come sostiene disinvoltamente da tempo l’avvocato Ferdinando Imposimato. Che dopo essere stato per qualche mese il legale proprio di Agca rinchiuso nel carcere di Ancona è diventato il legale della signora Maria Pezzano, vale a dire, della madre di quella stessa Emanuela Orlandi che a dire della vulgata durata 30 anni, avvalorata anche da Imposimato, era stata rapita proprio per essere scambiata con Agca….
Che ci sarebbe stato l’exploit dei fiori sulla tomba del papa che Agca per poco non riuscì a uccidere era chiaro da due settimane. Per la precisione, fin da quando annunciò Urbi et orbi “fatemi entrare in Italia, voglio andare sulla tomba di Wojtyla”. Esattamente come fece nell’81: quando annunciò che avrebbe ucciso papa Wojtyla e poi puntualmente ci tentò. In un modo molto pasticciato, più da esaltato isolato che da killer al servizio di chissà chi e perfino utilizzando i suoi veri documenti per girovagare in Europa e arrivare infine a Roma, come ha ricordato Marco Ansaldo nel suo libro sull’attentato di Agca. E proprio Marco Ansaldo ha intervistato lo strano turista turco, ricavandone le solite affabulazioni ormai neppure divertenti. L’unica cosa concretamente interessante è che Agca annuncia di voler scrivere, cioè vendere, un altro libro e realizzare, cioè vendere, un documentario televisivo che spazia dalla Casa Bianca al Cremlino passando per le “complicità del Vaticano” nel suo attentato a Wojtyla. Nell’intervista, Agca parla del suo viaggio dalla Turchia a Roma, in parte in aereo, ma poi anche in auto e infine a piedi, come quello di “un lupo solitario” e della “nuova tappa” che sta progettando:
“Fatima, la città della Madonna che ha annunciato il Terzo segreto, quello appunto dell’attentato al Papa di cui sono stato lo strumento, come hanno rivelato anni dopo i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano”.
Agca, che cosa vuole dimostrare con questi blitz? ha chiesto Marco Ansaldo:
“Ho compiuto questo evento, per me storico, perché sono venuto fino in Piazza San Pietro per dire che questo è il miracolo della Madonna di Fatima. Così farò anche in Portogallo. Io, con il gesto di depositare due mazzi di rose bianche sulla tomba del Santo Giovanni Paolo II, ho adempiuto a una promessa e svolto un dovere morale, umano, che sentivo forte dentro di me per tanti anni. Karol Wojtyla è venuto da me, in carcere, a trovarmi e a perdonarmi della mia azione. Così, ieri, ho voluto dare io un messaggio al mondo. E’ stato un dovere personale di amicizia nei confronti di quel grande Pontefice, di umanità, e che per me non finirà mai, perché ci siamo abbracciati come fratelli davanti al mondo. Questo ho voluto dire”.
Però, insiste Marco Ansaldo, molti, anche in Vaticano, si aspettavano che lei rivelasse finalmente, almeno in questa occasione che lei reputa così importante, chi le armò la mano per l’attentato del 13 maggio 1981 in Piazza San Pietro contro il Papa polacco. E invece, ancora una volta, non l’ha fatto. Perché?
“Beh, insomma è impossibile rispondere così, su questo fatto storico. E poi oggi nessuno crede più a quello che dico”.
La risposta è seguita dall’annuncio di un documentario televisivo “in cui tutto sarò chiarito: dal ruolo della Casa Bianca, a quello della Cia, ai Lupi grigi, al Cremlino accusato, al Vaticano accusato”.
Per ora la risposta del Vaticano alla sua richiesta di incontrare Francesco è stata gelida, osserva Marco Ansaldo: solo fiori sulla tomba di Giovanni Paolo II, nessun incontro con Bergoglio:
“Io ho cercato in tutti i modi di incontrare Papa Francesco e alcuni cardinali al vertice della Santa Sede. E questo già prima della visita del Pontefice argentino alla fine dello scorso novembre in Turchia. Però, non ho ricevuto risposte. E comunque, adesso, mi sembra che la reazione generale degli esponenti vaticani sia positiva per il mio gesto e per la visita che ho compiuto alla tomba di Wojtyla. Nessun dissenso. Sono contento delle reazioni in Vaticano, perché dimostrano di avere capito”.
Fin qui la sintesi dell’intervista. Come l’omicida mafioso pentito Vincenzo Calcara, Agca ha chiesto di essere ricevuto da papa Francesco per rivelargli “la verità” sul caso Orlandi ( ) così Agca vuole essere ricevuto pure lui dal pontefice per rivelargli “la verità” sul suo attentato a Wojtyla. Qui però c’è da rilevare qualche incongruenza. Pretendere di essere ricevuto dallo stesso Papa che Agca accusa di tacere la verità sul caso Orlandi è un po’ eccessivo anche per chi, come l’attentatore turco, a suo tempo s’è proclamato “unico Gesù Cristo sulla terra”. Ma cosa c’è da “rivelare” ancora a papa Francesco se Agca s’è premurato di gridare man mano dozzine di “verità” tra loro diverse per infine pubblicare la “verità definitiva” con il suo libro autobiografico sopra citato?
Agca può sparare le verità che più gli aggradano, resta però che Indro Montanelli ha raccontato che nel 1986, invitato a cena da Wojtyla, seppe dal pontefice che nel colloquio che ebbe con Agca in vista del Natale 1983 il suo attentatore si disse traumatizzato per averlo solo ferito gravemente e di non essere riuscito invece ad accopparlo, lui che si riteneva un killer infallibile.
Come si vede, la modestia ad Agca non è mai mancata.
I commenti sono chiusi.