Mistero Orlandi, cosa nasconde il mistero delle tombe vuote e della lettera anonima? Ecco alcuni indizi. Con un piccolo aiuto da Marco Fassoni Accetti.
1) – Chi ha scritto a Pietro Orlandi e al suo avvocato Laura Sgrò la lettera anonima con il suggerimento “Cercate dove guarda l’angelo” sapeva già che la tomba era vuota, ha infatti copiato la frase dallo sceneggiato televisivo “Il segno del comando”, andato in onda nel 1971 nei giorni in cui a Genova si cercava il corpo di un’altra ragazza uccisa, Milena Sutter. Nello sceneggiato il protagonista obbedisce al suggerimento di cercare dove guardava l’angelo e arriva così a un sepolcro anch’esso antico e vuoto. Me lo ha fatto rilevare chiaro e tondo 2-3 giorni fa Marco Fassoni Accetti, che – pur dimostrando che sarebbe stato bene in grado di farlo, anche come mentalità e mania per certi argomenti suggestivo “cimiteriali” – nega di essere lui l’autore della lettera anonima. Ma me lo ha negato a suo modo…: dire, non dire, insinuare, semi ammettere, semi smentire.
Come che sia, resta confermato da Pietro in persona che la lettera anonima è UNA SOLA, e non più lettere come invece sostenuto più volte dal suo avvocato. Lettera anonima che Pietro si è sempre molto stranamente rifiutato di mostrare a chicchessia, autorità vaticane comprese. Scrive infatti Il Messaggero del 12 luglio:
“La Segreteria di Stato aveva accolto l’istanza della famiglia con una certa cautela anche perché ai magistrati vaticani, in tutti questi mesi, non è mai stata data la possibilità di prendere visione della lettera e dell’immagine acclusa, al fine di svolgere le indagini di prassi per verificare l’attendibilità della fonte. Pietro Orlandi si è sempre rifiutato categoricamente di consegnare sia ai magistrati che in Segreteria di Stato la lettera. Ne ha però parlato a lungo in diverse interviste rilasciate in questi mesi, sottolineandone la consistenza. Sia lui che l’avvocato Laura Sgrò assicuravano che la fonte era indubbiamente degna di fede, così come le indicazioni circostanziate che forniva sulla possibile tumulazione di Emanuela all’interno del piccolo Stato pontificio”.
2) – Pietro Orlandi ha dichiarato che qualche giorno prima della loro apertura gli aveva telefonato Francesca Immacolata Chaouqui, protagonista qualche tempo fa di uno scandalo vaticano assai brutto e anche piuttosto pecoreccio e a conclusione del relativo processo vaticano è stata condannata a 10 mesi per avere passato al giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi documenti riservati vaticani e dell’archivio del Papa. Al processo, soprannominato Vatileaks, la signora era assistita dall’avvocato Laura Sgrò, diventata legale anche di Pietro. Tra le altre carte a Fittipaldi è stato rifilato un dossier fasullo, da lui incautamente pubblicato al volo, che riportava “notizie” e “note spese” anche per “visite ginecologiche” riguardanti Emanuela Orlandi in Inghilterra e chissà dove altro. Che Pietro Orlandi dia retta alla Chaouqui è francamente incredibile: roba da masochisti.
Come che sia, la signora al telefono ha annunciato a Pietro che le tombe erano vuote
. Pietro si chiede come facesse la signora a saperlo, ma è impossibile non sappia che in Vaticano sono molti coloro che ricordano come la costruzione delle fondamenta, iniziate nel 1965, del palazzo a ridosso del cimitero teutonico ha imposto la risistemazione, e lo svuotamento, quanto meno delle tombe sul lato adiacente al palazzo in costruzione.
Nel mio secondo libro sul mistero Orlandi, edito da Baldini Castoldi nel 2011 e riedito nel 2013, ventilavo l’ipotesi che Emanuela potesse essere stata sepolta in Vaticano o nella tenuta pontificia di Castel Gandolfo. Prima di consegnare il libro all’editore mi sono pertanto informato sul piccolo cimitero teutonico e sono state varie persone a dirmi, tra l’altro, che le tombe sul lato del muro erano state risistemate. E che molte delle tombe di quel camposanto sono in realtà vuote, monumenti alla memoria, perché per vari motivi, anche di conservazione, le ossa specie se antiche si preferisce tenerle in appositi ossari.
Pietro Orlandi dentro il Vaticano ci ha abitato e vissuto fin da neonato, ci ha anche lavorato per decenni e tuttora abita in una casa vaticana a pochi metri da S. Pietro: possibile che ignorasse come stavano e stanno le cose in quel piccolo cimitero vaticano a un tiro di sasso anche dall’attuale sua abitazione?
Chaouqui nel proprio profilo Facebook, oltre a criticare pesantemente Carola Rackete, il capitano della Sea Watch, perché non si rade le ascelle, ha scritto:
“Ho a cuore la vicenda Orlandi e ho stima per Pietro Orlandi e per Laura Sgró che mi ha affiancato durante Vatikeaks [ndr: testuale]. Quando ho saputo che la magistratura vaticana ha autorizzato l’apertura delle tombe e ho sentito Pietro ho colto la speranza e l’aspettativa e cercando di smorzare l’ennesima delusione ho detto a Pietro che le tombe sarebbero state trovate vuote. Non aggiungerò nessun dettaglio quindi questa è l’unica dichiarazione sulla vicenda: sono a disposizione della magistratura vaticana e in contatto continuo con la gendarmeria pontificia ma non potrò aggiungere alcun dettaglio neanche a loro finché non verrò dispensata dal segreto pontificio da cui ricordo non mi sono sciolta neanche durante il processo Vatikeaks [ndr: testuale] per difendermi”.
Dunque la protagonista di Vatileaks, che lei scrive Vatikeaks, lascia intendere che sa le verità del caso Orlandi, ma non le può rivelare perché misteriosamente imbavagliata dal segreto pontificio, impostole da chissà chi, ma comunque necessariamente da un pontefice, l’unico che lo può imporre. Pare una prosecuzione di Vatileaks… Anzi, di Vatikeaks.
In ogni caso è curioso come anche il “supertestimone” e “reo confesso” Marco Fassoni Accetti abbia sempre taciuto i nomi dei suoi complici della “fazione vaticana” per conto della quale ha “confessato” ai magistrati di avere organizzato lui il rapimento “consenziente” di Emanuela della sua ruota di scorta Mirella Gregori. Consenzienti le ragazze e consenzienti i loro genitori, visto che il “rapimento” era finto e doveva durare poco.
Un’altra donna che del mistero Orlandi diceva di sapere tutto per averlo appreso da un suo zio cardinale, ma di non poter dire nulla “per rispetto” a non ha mai detto chi, è la buonanima di Gabriella Pasquali Carlizzi, la visionaria “mistica” che ha preceduto Chaouqui di molti anni con un particolareggiato articolo pubblicato il 6 maggio 2004 sull’ormai inesistente sito Disinformazione e ripubblicato il 27 giugno 2008 sul sito tuttora esistente de La giusta informazione.
Articolo nel quale Pasquali Carlizzi afferma di avere saputo della sorte di Emanuela dal suo prozio cardinale Sergio Guerri della Curia vaticana e tira in ballo anche il giornalista Corrado Augias pur avendo l’accortezza di indicarlo solo con le iniziali anziché con il nome e cognome completi. Augias, appositamente da me interpellato, afferma:
“Per quanto mi sforzi, di questo incontro non ho nessuna memoria”. Modo elegante per dire che la buonanima vaneggiava.
Con l’accortezza, o il trucco, delle sole iniziali – questa volta S. G. – Carlizzi afferma anche di avere come prozio l’immancabile “potente cardinale di curia”, che non è difficile individuare in Sergio Guerri e che a dire della signora è la fonte delle sue “rivelazioni”:
“Ebbene, all’epoca del “rapimento” di Emanuela Orlandi, persone che mi conoscevano anche nell’ambito delle mie parentele, seppero quanto io avevo direttamente appreso da un mio prozio, potente Cardinale e morto alcuni anni fa. [….] Fu così che un giorno ricevetti la telefonata di una Suora dei Servizi Segreti del Vaticano, Suora che naturalmente operava sotto copertura e falsa identità, tale “Suor M.” la quale mi chiedeva se potevo riceverla insieme ad un notissimo conduttore televisivo che all’epoca curava una trasmissione in qualche aspetto simile a “Chi l’ha visto?”. E che con un certo imbarazzo esordì: “ Signora Carlizzi, sappiamo che lei è a conoscenza che Emanuela Orlandi è viva, e che si troverebbe ben protetta nei pressi del Vaticano. Come lei sa, io sto seguendo il caso nella trasmissione da me condotta e vorrei, anche a nome degli autori, chiederle se lei è disposta a svelarci quanto le risulta rinunciando a che si faccia il suo nome, nel senso che sarebbe la trasmissione a vantare la paternità delle informazioni”. Lo interruppi: “Dottor A. la prego di alzarsi immediatamente e di uscire da questa stanza. […..] Dica pure ai suoi interlocutori che preferiscono rimanere nell’ombra, che sono tuttavia personalmente a loro disposizione, non solo per confermare che la ragazza è viva, ma per accompagnarli a prenderla, anche in questo momento, se vogliono. Ma ci si dimentichi che la soluzione di questo caso possa essere da me ceduta ad altri””.
Vediamo ora le “rivelazioni” della Chaouqui, fatte rispondendo a domande nell’intervista sul suo libro intitolato Nel nome di Pietro:
Domanda – “Nel libro fa anche un riferimento al caso Orlandi. Cito testualmente: “C’è il file di Emanuela Orlandi e capisco il finale di una storia che deve rimanere sepolta”. Cosa significa questa frase ermetica e sibillina?
Risposta – “Nel libro ci sono delle cose che aiutano a ricostruire la mia verità, e ce ne sono altre che ho inserito solo per far capire il contesto nel quale ho lavorato. Se rivelassi alcune cose non aiuterei nessuno, non farei il bene della Chiesa. Ma non è il mio ruolo. Non sono io a dover dire certe cose”.
Domanda – Sì, però lei dimostra di sapere la verità sul caso Orlandi. Perché non la dice?
Risposta – “Non volendo, ho letto delle cose. Ho letto molte cose, sì. E se fossi io a decidere se rivelarle o no, parlerei. Ma è una mia precisa impostazione: parlo solo di ciò che è di mia competenza. Anche perché non ero tenuta a vedere quei documenti sul caso Orlandi””.
Come si vede, la signora NON fa nessun cenno al preteso segreto pontificio che accampa oggi per evitare di portare almeno uno straccio di indizio alle sue rumorose affermazioni. In ogni caso, c’è da restare sbalorditi alla constatazione che il lanciare il sasso e nascondere la mano, il dichiarare “so come sono andate le cose, ma non lo dico”, lo ripetono più meno eguale più persone a distanza di anni.
Cosa c’entri tutto questo, spettacolo sempre più nauseabondo, con la ricerca della verità sulla fine della povera Emanuela è un bel mistero. Per nulla glorioso. E neppure buffo alla Dario Fo.
Immaginiamo il dolore, a ondate successive sempre più massicce, della madre di Emanuela, signora Maria Pezzano. Dovrebbe mettersi a urlare a squarciagola “BASTAAAA!!!!” per imporre il silenzio su questa sua tragedia familiare e la parola fine a queste speculazioni.