ROMA – Emanuela Orlandi: le ossa non erano di una donna, ma di un uomo. Non sono degli anni ’80, sono invece vecchie di più o meno 2.000 anni. Se l’argomento non verrà lasciato cadere nel dimenticatoio, come già successo per varie altre “svolte risolutive” del mistero Orlandi rivelatesi delle autentiche “sole” o dei volgari bluff, si verrà a sapere che secondo i laboratori della polizia scientifica le famose ossa umane trovate alla fine dello scorso ottobre con tanto clamore nell’ambasciata del Vaticano in Italia, trovate cioè a Roma a Villa Giorgina, muro di cinta lungo via Po, via Salaria, via Peri e via Caccini, non possono assolutamente essere né di Emanuela né di Mirella Gregori. Perché? Per il semplice motivo che sono di un uomo e troppo vecchie per poter essere delle due ragazze scomparse a Roma nel 1983.
Tanto vecchie da appartenere molto probabilmente a una persona – di sesso maschile – sepolta molti secoli fa nell’enorme area cimiteriale utilizzata fin dal tempo dell’Urbe Caput Mundi per seppellire i morti fuori dalle mura: la loro sepoltura al suo interno era infatti vietata. Si tratta, per l’esattezza, della ben nota area del Sepolcreto Salario, il grande cimitero a immediato ridosso delle mura aureliane che occupava una grande estensione tra via Salaria Antica (l’attuale via Pinciana) e via Salaria Nova (l’attuale via Salaria).
Dopo la breccia di Porta Pia e la conquista di Roma da parte delle truppe italiane, nel 1871 ebbe inizio una serie di lavori per sistemare la parte delle mura aureliane danneggiata dalle cannonate italiane e per creare l’attuale piazza Fiume venne demolita la Porta Salaria, che permetteva di uscire da Roma per immettersi direttamente sulla via Salaria attuale. Nel corso dei lavori vennero rinvenuti vari sepolcri e tombe che costituivano un’unica grande necropoli dell’antica Roma, romana, necropoli oggi ben nota come Sepolcreto Salario o anche come Sepolcreti Salari, al plurale, perché per motivi di catalogazione e studio si usa consideralo diviso in cinque parti, una delle quali sita proprio in via Po:
– Sepolcreto di via Allegri e via Peri (lungo la quale passa il muro di cinta di Villa Giorgina)
– Sepolcreto di via Isonzo e via Tevere
– Sepolcreto di via Po e via Caccini (idem)
– Sepolcreto di via Tevere via di Santa Teresa
– Sepolcreto di viale Liegi e via Salaria (idem)
Altre sepoltura sono state rinvenute in occasione della costruzione dei sottopassaggi e del viadotto di corso d’Italia per le Olimpiadi del 1960. Tracce se ne possono vedere nel sottopassaggio di piazza Fiume, lato via Nizza, in corso d’Italia 38 e proprio in via Po, angolo con via Giovanni Sgambati, nella rampa del garage della Casa Generalizia dei Carmelitani Scalzi. Nel settembre 2012 al numero 10 della vicina via Giacomo Puccini sono state trovate, esattamente come alla Nunziatura, ossa umane sotto il pavimento del piano terra durante lavori di ristrutturazione, poi sono emerse altre ossa e resti di opere murarie facenti chiaramente parte del Sepolcreto Salario. Inoltre proprio a pochi metri da Villa Giorgina c’è il mausoleo di Licinio Peto, nei pressi della facoltà di Sociologia dell’Università della Sapienza di Via Salaria.
Come si vede, Villa Giorgina confina con ben tre dei Sepolcreti Salari: quello di via Peri, via Caccini e via salari.
La zona di Porta Pinciana fuori mura, che delimita Villa Borghese dalla parte di via Po/via Salaria, era adibita in particolare alla sepoltura di prostitute, ladri, vagabondi, impenitenti e chiunque ritenuto irrecuperabile e di basso rango. La leggenda vuole che perfino il fantasma di Nerone si aggiri da quelle parti, perché per sfregio hanno voluto seppellirlo proprio in quella zona malfamata affollata di cadaveri di malfamati di tutti i tipi.
Data la notorietà dell’enorme area del Sepolcreto in questione, e dei singoli cinque suoi sepolcreti, sorprende molto che certi programmi televisivi e i vari giornali che si sono occupati del ritrovamento di Villa Giorgina ne abbiano taciuto completamente l’esistenza. E che abbiano invece preferito fantasticare sull’abitazione in via Po 25 di un membro “vicino” all’immancabile Banda della Magliana, tale Giuseppe Scimone, tirato in ballo a vanvera anche lui dalla immaginifica Sabrina Minardi a proposito dell’asserito “rapimento” di Emanuela. E sbagliando oltretutto l’epoca in cui Scimone ci ha abitato, che è stata successiva alla scomparsa di Emanuela e Mirella.
Cade così molto malamente, nel ridicolo, anche questa ennesima svolta clamorosa e “decisiva” delle ossa dell’ambasciata vaticana, detta anche Nunziatura Apostolica. E cadono nel ridicolo, come prevedibile e previsto, anche le affermazioni del tipo “Il Vaticano è terrorizzato da questa inchiesta sulle ossa”, “Il Vaticano deve spiegare come mai quelle ossa si trovavano proprio lì”, “La Procura della Repubblica ora deve riaprire le indagini”: affermazioni tanto perentorie quanto avventate (e immotivate) fatte da chi è superfluo nominare ancora, nome arcinoto sempre in pista: meglio non infierire e non essere né parere polemici. Meglio limitarsi a esporre i fatti.
Per capire inoltre chi ha lanciato il sasso della “clamorosa scoperta”, spendendo subito il nome di Emanuela e nascondendo ora la mano, basta confrontare tra loro il comunicato stampa col quale il Vaticano, senza azzardare nomi, ha reso noto quel rinvenimento in via Po, i lanci dell’Ansa, la grancassa subito suonata in tv e in certe pagine Facebook. Il tutto condito con una pretesa sparata a razzo con immediatezza sospetta: “Il Vaticano deve dirci di più, non basta il suo comunicato”.
E adesso? Esploderanno in futuro altre “clamorose novità decisive” o si cercherà più umilmente la verità anche se ormai troppo tardi?
C’è da scommettere che pur di continuare il vociare dell’ormai ultra 35ennale show i maniaci del mistero Orlandi e del grande “gomblotto” insinueranno che ne fa parte anche la polizia scientifica…
A quando le accuse ai marziani?