E se Emanuela Orlandi non fosse figlia di Maria Pezzano, vedova di Ercole Orlandi e sempre ritenuta madre di Emanuela, oltre che di Pietro, Natalina, Federica e Maria Cristina Orlandi? C’è un esame di DNA disposto dal Pm di Roma Simona Maisto che sembra puntare a questa conclusione, un nuovo mistero che allunga la sua ombra sul già fosco mistero che circonda la scomparsa di Emanuela Orlandi, il 22 giugno del 1983, mentre tornava a casa da una lezione di musica.
Ma quale Emanuela Orlandi? Quella nata il 14 gennaio 1968, la Emanuela Orlandi degli appelli di Papa Giovanni Paolo II e di Chi l’ha visto? o quella nata l’ 8 novembre 1971 cui si riferisce l’esame? Esiste un’altra Emanuela Orlandi, una parente, una cugina magari, della cui esistenza solo i magistrati sono venuti a sapere nelle loro estesissime indagini? O forse si tratta solo di uno scrupolo investigativo, dopo che qualcuno si prese la briga di cercare di dimostrare che Emanuela Orlandi era viva e viveva a casa del fratello, arrivando a prelevare dei tampax usati dal secchio dell’immondizia? E in ogni caso chi è la nuova Emanuela, più giovane di 3 anni di quella di cui ci siamo occupati finora?
Potrebbe essere, potrebbe non essere. Non si sa perché il magistrato abbia ordinato l’esame né a quali conclusioni siano pervenuti gli investigatori dopo il rapporto del laboratorio. Difficilmente la dott. Maisto, persona estremamente rispettosa del segreto istruttorio, ce lo farà sapere.
Mentre la polvere dell’oblio si stava posando sulla misteriosa scomparsa di Emanuela, dopo 33 anni di indagini e colpi di scena, con l’archiviazione definitiva della ultima inchiesta e il sigillo della Corte di Cassazione, ecco che dalle 20 mila pagine di atti della più recente tornata giudiziaria emergono carte che riportano la vicenda di Emanuela Orlandi al centro della attenzione.
A accendere dubbi sulla maternità di Emanuela non è un gossip o una voce da bar, bensì un documento del ministero dell’Interno datato 31 ottobre 2011 e firmato dalla dottoressa Elisabetta Mei, Responsabile della analisi, Direttore Tecnico Capo Biologo della Polizia di Stato. Il documento si basa sull’analisi del DNA. O meglio: dei DNA al plurale, per l’esattezza due DNA confrontati tra loro: quello della signora Maria Pezzano e quello di Emanuela Orlandi.
Nel documento è scritto:
“Il profilo genetico di Pezzano Maria è stato sottoposto a test di maternità con il profilo genetico di Orlandi Emanuela (nata 08.11.1971) utilizzando il software GenoProof 2Ed. della QualitypAG: dall’analisi effettuata su dieci loci, la maternità è esclusa.
Si allegano il Verbale di Inizio Accertamenti Tecnici, la documentazione fotografica e la scheda dell’esame di maternità”.
Sono detti loci (plurale di locus) i tratti di DNA contenenti un’informazione genetica. Le analisi sono state condotte dalla Sezione Biologia Forense della III Divisione della Polizia Scientifica: dopo avere localizzato dieci geni della Pezzano e altrettanti di Emanuela, la III Divisione ha dovuto constatarne l’incompatibilità.
A pagina 1 della stessa “Relazione Tecnica di Indagini Biologiche” firmata dalla dottoressa Mei si legge che il reperto biologico inviato alla Mei – reperto numero 6266-04-001 – consiste in
“nr 2 tamponi buccali ORLANDI Emanuela (nata 08.11.71)”
contenenti
“presunte saliva e cellule epiteliali di sfaldamento di un tampone buccale”.
È chiaro che nel 2011 il tampone, diviso poi per le analisi in due tamponi distinti – non può essere stato preso direttamente dalla bocca di Emanuela, all’epoca sparita da 28 anni. Hanno usato un vecchio spazzolino di Emanuela, conservato dai genitori nella commovente speranza di un suo ritorno o si tratta di un’altra Emanuela Orlandi?
Gli Orlandi hanno sempre detto di conservare intatta la stanza di Emanuela e tutto ciò che le apparteneva e usava a casa della sua famiglia in Vaticano. E’ quindi possibile – ma in Vaticano c’è chi lo dà per certo – che abbiano conservato anche lo spazzolino da denti e che sia questo dunque l’oggetto usato dalla polizia scientifica per i tamponi in questione.
Ma perché è stato ordinato un tale confronto dei DNA? E perché l’esame e il confronto dei DNA sono stati ordinati – come invece sono stati ordinati – proprio dai magistrati che si occupavano del mistero Orlandi e i risultati sono stati inviati proprio al magistrato Simona Maisto, che si occupava delle indagini sulla ragazzina vaticana scomparsa dell’83, con un documento protocollato con riferimento al “procedimento penale numero 11694/10” del registro giudiziario? Che è per l’appunto il numero di registro dell’inchiesta sulla scomparsa nell’83.
Un rebus. Ma un rebus che può avere una soluzione fornita dalla parola “presunte”, riferita alla saliva e alle “cellule epiteliali di sfaldamento”. Quel “presunte” indica infatti che la polizia scientifica non era affatto sicura che il materiale biologico dei prelievi fosse di Emanuela Orlandi, insicurezza che a sua volta dimostra che il prelievo non è stato fatto direttamente nella bocca della ragazza oggetto dell’esame. In quale altro modo può essere stato fatto? La risposta la fornisce un medico e docente universitario che ha a che fare anche con questo tipo di analisi:
“Quando si tratta di voler risalire al DNA di persone scomparse, il tampone può essere prelevato mettendolo a contatto, nei dovuti modi, con il loro rispettivi spazzolini da denti”.
Che gli accertamenti siano stati ordinati da magistrati del caso Orlandi è dimostrato, tra l’altro, anche dalla lettera datata 25 luglio, sempre del 2011, con la quale il dirigente Laura Tintisona del Gabinetto Interregionale per il Lazio, l’Umbria e l’Abruzzo della Polizia Scientifica comunica alla II Sezione dell’Ufficio Accettazione ed Acquisizione Reperti della Polizia Scientifica – e per conoscenza anche alla Procura della Repubblica di Roma, nella persona del sostituto procuratore Simona Maisto, e alla Squadra Mobile della questura di Roma – che le ha inviato:
“nr. 2 campioni salivali prelevati dalla bocca di Emanuela ORLANDI, nata l’8//11/1971, per l’esecuzione degli accertamenti disposti dalla competente Autorità Giudiziaria”.
Come si vede, la dottoressa Tintisona parla di tampone prelevato “dalla bocca” della Orlandi, della quale indica come data di nascita l’8 novembre 1971 anziché il 14 gennaio 1968. Ma può trattarsi di errori di battitura o di trascrizione o di sunto dell’argomento, errori che – come abbiamo già visto più volte – non sono affatto rari nei verbali di testimonianze e in altri documenti giudiziari del mistero Orlandi. Così come del resto anche in altre inchieste giudiziarie.
Esiste forse una seconda Emanuela Orlandi, nata davvero l’8 novembre 1971, cioè tre anni e mezzo dopo l’altra Emanuela Orlandi?
Ammesso che si tratti di un caso di omonimia, cioè di un’altra Emanuela Orlandi – e ce ne sono non solo a Roma, come si appura facilmente su Facebook e sulle Pagine Bianche – resta però da spiegare perché mai i magistrati si sono presi la briga di voler capire se sia anche lei figlia di Maria Pezzano. Figlia cioè della moglie di Ercole Orlandi e della madre di un’altra Emanuela Orlandi, che le sarebbe stata quindi sorella. A conti fatti, è più logico concludere che la Emanuela Orlandi delle analisi del DNA sia la stessa Emanuela Orlandi scomparsa il 22 giugno ’83. Ma, anche in tal caso, perché i magistrati hanno voluto appurare se fosse o no davvero figlia della sua madre anagrafica? E se in ipotesi non lo era, come pare dicano le analisi del DNA, di chi era in realtà figlia?