”Se l’analisi del Dna sul flauto dimostrerà che era davvero di Emanuela Orlandi allora le parole di questo ennesimo teste volontario potranno essere prese in considerazione, altrimenti farà la fine degli altri che sono venuti a raccontarci favole. Insomma, vedremo”: questo il commento che si raccoglie tra gli inquirenti dopo la nuova puntata del “flauto ritrovato”.
La stessa persona che ha indicato a “Chi l’ha visto?” un flauto traverso marca Rampone&Cazzani affermando che si tratta di quello di Emanuela Orlandi, sparita il 22 giugno del 1983, ha raccontato ai magistrati Giancarlo Capaldo e Simona Maisto l’ennesima “verità” sulla scomparsa della ragazzina del Vaticano.
Con un singolare tempismo, perché siamo a ridosso dalla ricorrenza dei 30 anni della scomparsa nel nulla di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983, sembra assistere a un crescendo di eventi preparatori: il flauto, il telefonista (ormai ampiamente coperto dalla prescrizione) e c’è da credere a qualche nuovo colpo di teatro nelle prossime settimane.
Rispetto a tutte le piste rivelate in questi 30 anni e etichettabili sotto la parola “bufala”, questa volta c’è una variante: non si è trattato di un rapimento a scopo di estorsione, politica o economica che fosse, tesi che infatti si è rivelata fin troppo inconsistente man mano che le indagini sono proseguite, ma di una messinscena di un non meglio specificato “gruppo di intelligence” che voleva fare non meglio precisate “pressioni sulla Curia del Vaticano”.
Messinscena con Emanuela di fatto consenziente perché allontanatasi di casa volontariamente con l’aiuto di “alcune amiche” e infine approdata a Parigi dove “ancora oggi forse abita”. Di Emanuela viva e almeno in primo periodo a Parigi ha parlato a suo tempo Ferdinando Imposimato, l’ex magistrato diventato avvocato e dal 2002 legale rappresentante della signora Maria Pezzano, madre di Emanuela.
Il nuovo misterioso “supertestimone”, in un primo tempo identificato con le iniziali, M. F. A., in serata ha acquisito una identità, quella di Marco Fassoni Accetti.
ha intanto ammesso di avere creato lui la messinscena con la formella di una stazione della via Crucis mettendo il flauto negli stabilimenti cinematografici abbandonati di Castelromano.
E pur affermando di essere stato “uno dei principali telefonisti del finto sequestro” non sa dire a chi avrebbe telefonato né quando, non è quindi né “Mario” né Pierluigi né il cosiddetto Americano, che man mano telefonarono a casa Orlandi, in Segreteria di Stato e all’avvocato Gennaro Egidio, legale di Ercole Orlandi, padre di Emanuela fino al 2005, data in cui è deceduto.
Il problema però è che agli atti dell’inchiesta e nelle cronache di questa ormai trentennale vicenda non esistono altre conversazioni e registrazioni di telefonate diverse da quelle dei personaggi appena citati. A chi avrebbe quindi telefonato più e più volte questo nuovo asserito “supertestimone”? Non si sa. Perciò, come dicono in procura, vedremo.
“Ero un appassionato di cinema, e per la mia creatività alcuni della Curia vaticana mi proposero di collaborare con sacerdoti un po’ peccatori per creare situazioni da usare contro certi Paesi dell’Est”,
ha anche detto il nuovo “superteste” con evidente allusione agli appoggi che Papa Wojtyla dava alla sua Polonia contro l’Unione Sovietica e il mondo comunista. Il racconto di questa new entry tira in ballo una non meglio precisata “intelligence” e così ricorda quello dell’”ex 007 Lupo”, al secolo il bergamasco Luigi Gastrini, che nel 2011 con una telefonata in diretta a RomaUnoTv convinse Pietro Orlandi che “Emanuela è viva e sta in un manicomio a Londra”, notizia che si rivelò una bufala assoluta.
Anche Gastrini disse che aveva fatto parte dei servizi segreti e che era presente come supervisore sulla scena del “sequestro” di Emanuela. E anche lui parlò, ancor più confusamente del nuovo arrivato, di misteriose ma imprecisate trame interne al Vaticano e maneggi di soldi illeciti da parte della banca vaticana Ior. M. F. A. invece sulla scena del “sequestro”, sempre in corso del Rinascimento, di fronte a palazzo Madama, questa volta però finto per sua stessa ammissione, sarebbe stato presente solo “per fotografare la Bmw sulla quale c’era Enrico Renatino De Pedis”, l’ormai famosissimo “Renatino” promosso da romanzi, film e serie televisive a “capo della banda della Magliana” e di fatto uscito di scena quando l’anno scorso venne aperta la tomba nella quale riposava nei sotterranei della basilica di S. Apollinare.
Cosa ci facesse nella nuova versione di M.F.A., che è stata rivelata sul Corriere della Sera da Fabrizio Peronaci, Enrico Renatino De Pedis con la “sua” Bmw, che peraltro non risulta aver mai posseduta, in corso del Rinascimento non è ben chiaro: forse si prestava al finto sequestro? No, a quanto pare è stato fotografato da MFA solo per poterlo poi accusare del “rapimento”. Dove sono queste foto? Non si sa, tanto per cambiare.
E qui viene in mente la serie di fandonie raccontate a “Chi l’ha visto?” da Maurizio Giorgetti, che tra le altre cose assicurava di avere avuto in mano foto di Emanuela in tempi recenti, chiusa in un monastero tra la Grecia e la Turchia, foto che però non ha mai esibito “perché mi sono state rubate”. Ovviamente.
Sta di fatto che secondo la sceneggiatura proposta da M.F.A. Emanuela pur di allontanarsi da casa acconsentì a salire sull’auto di un finto prete assieme a una sua amica in corso del Rinascimento, poco dopo essere uscita dalla scuola di musica Ludovico da Victoria nella vicina piazza S. Apollinare.
“L’idea era di liberarla presto, il tempo di avere in mano la denuncia di scomparsa per esercitare pressioni, ma il piano fallì soprattutto per l’appello del Papa all’Angelus, il 3 luglio, che diede risalto mondiale al caso”.
Qui c’è un primo punto debole: la denuncia della scomparsa venne fatta da Natalina Orlandi, sorella di Emanuela, già il 23 giugno, cioè il giorno immediatamente successivo alla scomparsa, perciò fino al 3 luglio sono passati oltre 10 giorni, durante i quali il testo della denuncia era più che disponibile. Comunque “Emanuela non subì violenze di nessun tipo, visse in due appartamenti e in due camper, le procurammo un pianoforte e la rassicuravamo dicendole che la famiglia era al corrente. Questo fino a dicembre 1983”. Impossibile che abbia creduto che i genitori fossero d’accordo a farle saltare il Liceo Scientifico.
E poi? Mistero. Notiamo comunque che mentre la “superteste” ha parlato di stupro di Emanuela prigioniere da parte di monsignor Marcinkus, capo dello Ior, e infine di sua uccisione, M.F.A. invece esclude ogni violenza.
Il secondo punto debole è il volersi addossare anche la scomparsa, pure questa finta, di Mirella Gregori, ragazza romana scomparsa un mese e mezzo prima di Emanuela. La sentenza istruttoria del dicembre ’97 del magistrato Adele Rando ha escluso che i due casi siano collegati, cosa che anche a “Chi l’ha visto?” preferiscono ignorare. Per giunta, M.F.A. afferma che Mirella “si innamorò di un nostro operatore, andò all’estero e tornò una sola volta a Roma, nel 1994, per incontrare sua madre in un caravan in corso d’Italia”. “Questa è una balla assoluta”, commenta Maria Antonietta Gregori, sorella di Mirella: “Se mia madre avesse incontrato davvero mia sorella io lo avrei saputo di sicuro. Io e il resto della famiglia”.
Dunque: la pista del sequestro politico, quella del sequestro malavitoso, quella del manicomio londinese, quella delle orge con prelati e diplomatici, quella delle messe nere in Vaticano e delle orge in S. Apollinare, la pista di Emanuela viva e felice sposa di un suo rapitore islamico prima a Parigi, poi in Ungheria, poi in Turchia e altri Paesi orientali, poi le “rivelazioni” del romanziere Luis Rocha “l’ho vista e le ho parlato”, infine la recentissima pista del rapimento voluto dall’Iran e con Emanuela oggi viva in un convento di clausura italiano. Ed ecco la nuova pista firmata M.F.A.. Dato che costui è un innamorato del mondo del cinema, potremmo concludere così: “Ciak, si gira!”. Non a caso tra poco si deve celebrare il trentennale della scomparsa di Emanuela.
Intanto ci associamo alla procura: vedremo. E speriamo sia la volta buona… Se non altro perché poi non se ne parli più.
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