A proposito del flauto di “Chi l’ha visto?“comparso a un mese dal trentennale della scomparsa di Emanuela Orlandi, c’è un particolare di cui mi ero completamente dimenticato, che per fortuna mi ha ricordato un conoscente di Pietro Orlandi che apprezza i miei libri.
Il padre di Emanuela e Pietro, l’ormai scomparso Ercole Orlandi, mi raccontò che una volta lui e altri familiari portarono Emanuela Orlandi in una tappezzeria di corso Rinascimento, a Roma, per far riparare la custodia del flauto.
Il flauto era del tipo flauto traverso, noto anche come piffero. Emanuela Orlandi prendeva lezioni di quello strumento in una scuola di musica nel palazzo di Sant’Apollinare, attiguo alla omonima basilica. Un esemplare di flauto traverso è quello consegnato a Chi l’ha visto? da Marco Fassoni Accetti, “superteste” e auto accusato telefonista del presunto rapimento.
Ercole Orlandi mi raccontò la storia della tappezzeria in uno dei nostri incontri del 2001 e 2002, utilizzati per poter scrivere il libro “Mistero vaticano. La scomparsa di Emanuela Orlandi”, edito nel 2002, e mi riferì quel particolare per confutare l’affermazione di un presunto testimone, il vigile urbano Alfredo Sambuco, in servizio in corso Rinascimento, davanti a Palazzo Madama, sede del Senato.
Qualche giorno prima che vedessi Ercole Orlandi, Sambuco mi aveva raccontato di avere conosciuto talmente bene Emanuela Orlandi da averla accompagnata una volta in tappezzeria per una riparazione alla custodia del flauto. Come ho scritto a pagina 23 del libro, Sambuco per l’esattezza mi ha detto quanto segue:
“La vedevo passare tutti i giorni… Una volta mi aveva chiesto se per caso conoscevo un posto lì vicino dove far riparare la custodia del flauto, e io l’avevo accompagnata nella Tappezzeria del Moro”.
Ercole, come si legge a pagina 30, ha ribattuto dicendomi queste esatte parole:
“Se Sambuco dice che conosceva mia figlia o mente o dice una cosa nuova. La faccenda dell’aiuto dato per la riparazione della custodia del flauto è una invenzione: mia figlia alla tappezzeria Moretto [e non “del Moro”, ndr] ce l’abbiamo portata noi”.
A pagina 37 del mio successivo libro, edito nel 2008, ho specificato:
“Da notare che nei pressi del Senato non esiste comunque nessuna tappezzeria Moretto, bensì, al numero civico 39 di corso del Rinascimento, la tappezzeria Roma di Del Moro Alfredo ed Enzo“.
Moro, Moretto o Del Moro, resta il fatto che Ercole mi ha detto, e io l’ho scritto, che la custodia del flauto è stata portata a riparare almeno una volta. E una tappezzeria può fare riparazioni solo per quanto riguarda, appunto, la tappezzeria: che nel caso della custodia del flauto può essere solo la stoffa del rivestimento interno.
Che tipo di riparazione? E’ questo che gli Orlandi avrebbero dovuto controllare, compresa Natalina che nella puntata di “Chi l’ha visto?” del 3 aprile ha invece subito detto che la custodia poteva essere quella di sua sorella non appena chi gliela stava mostrando, il giornalista Fiore De Rienzo, dopo averla appoggiata su un tavolo aveva finito di aprire l’involucro di vecchi giornali che la avvolgevano. Possibilità dichiarata dunque senza fare prima una verifica riguardo la riparazione fatta fare in tappezzeria. Ed è curioso che di tale riparazione non ne abbia mai parlato nessuno e che nessuno abbia mai cercato di riscontrarla nella custodia del flauto “ritrovato”.
Da notare che in tappezzeria possono per esempio avere sostituito la stoffa interna della custodia. Se era rossa, come sostiene per esempio Pietro Orlandi, Emanuela Orlandi può benissimo averla fatta cambiare con una blu, e viceversa. Il che rende inutile stare ad accapigliarsi sostenendo che la Yamaha per i propri flauti utilizzava custodie con l’interno blu mentre invece quelli della Ramponi&Cazzani avevano la stoffa interna rossa.
La querelle sul colore interno delle custodie è nata quando un ex compagno di corso di flauto di Emanuela Orlandi, da me intervistato, mi ha raccontato che lei utilizzava uno strumento marca Yamaha e non un Rampone&Cazzani . Marca, quest’ultima, del flauto mostrato da “Chi l’ha visto?”. Pietro, spalleggiato dai suoi fans su Facebook, ha reagito all’intervista insistendo sul colore rosso. Querelle comunque assurda perché la Yamaha utilizzava anche custodie con stoffa interna di colore rosso.
Lo abbiamo dimostrato con l’articolo in cui ho pubblicato otto annunci di vendita di flauti Yamaha di seconda mano, prodotti negli anni ’70-’80, con astuccio dall’interno rosso. Astuccio che in certi casi era speficato essere proprio quello originale.
Ho già scritto che il flauto può essere stato contaminato casualmente o volontariamente con materiali organici di qualcuno tra gli Orlandi, contaminazione che comunque non potrebbe mai simulare un Dna specifico attribuibile a Emanuela. Alla polizia scientifica di recente mi hanno fatto notare però che c’è una possibilità anche di contaminazione con Dna proprio di Emanuela. Gli Orlandi i hanno sempre detto che la sua stanza e le sue cose sono sempre rimaste com’erano, in attesa del suo ritorno. Qualcuno può quindi avere strofinato sul flauto pagine del diario, dei quaderni e dei libri, oppure altri oggetti conservati con amore: pettini, spazzole per i capelli, spazzolini per i denti, biancheria intima, guanti (la parte interna è certo ricca di tracce organiche, fazzoletti, la famosa fascetta sulla fronte visibile in molte foto, ecc.
Qualche ospite potrebbe avere approfittato della distrazione della padrona di casa, mamma Maria, che in casa non ha più i figli né il marito. Non dimentichiamo che nella stessa palazzina dove abita ancora oggi la signora Maria abita anche Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo di papa Ratzinger processato e condannato in Vaticano per avere fotocopiato abusivamente una quantità impressionante di documenti riservati del pontefice. Ho chiesto di lui al centralino vaticano alle 12 e 20 del 14 maggio e la suora me ne ha passato l’abitazione: anche se forse a causa dell’ora non ha risposto nessuno, è il segno certo che abita ancora lì.
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