ROMA – Nel mistero Orlandi le piste crollano, in compenso arrivano nuove affermazioni tanto clamorose quanto non credibili. Ma andiamo per ordine.
Ora è finalmente certo: per quanto riguarda il mistero Orlandi, le analisi dei DNA delle migliaia di ossa umane trovate nel sotterraneo della basilica di S. Apollinare a Roma sono terminate e la relazione finale sarà presentata se non questa settimana al più tardi la prossima. Hanno infatti terminato le analisi sia il Laboratorio di Antropologia e Odontoiatria Forense (Labanof) di Milano sia il laboratorio della polizia scientifica di via Tuscolana a Roma sia infine il prestigioso Beta Analytic negli Usa (sedi anche in Australia, Brasile, Cina, Corea, Giappone, India e Inghilterra). Perché fossero datate con il radiocarbonio erano state inviate negli Usa poche ossa, non più di una dozzina, agli occhi del Labanof un po’ “sospette”, cioè a dire forse appartenenti a “giovani donne di tempi recenti”, modo indiretto di indicare Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, ma la doccia fredda è arrivata anche da oltre Atlantico.
Si chiude così l’incredibile capitolo della pista della basilica, iniziata nel 2005 con una telefonata anonima a “Chi l’ha visto?” di un buontempone desideroso di dare un “aiutino” pubblicitario al programma “rivelando” una cosa vecchia di una decina di anni, chiarita infatti dal magistrato romano Andrea De Gasperis con la sua inchiesta del 1995-’97: l’anonimo “rivelava” la presenza nel sotterraneo di S. Apollinare della tomba di Enrico De Pedis, detto Renatino, indicato con insistenza degna di miglior causa come “capo della banda della Magliana” nonostante da vivo fosse stato assolto da questa e da tutte le altre accuse. Due anni fa con l’apertura della bara di De Pedis si è scoperto l’ovvio, cioè che nella bara c’erano solo i resti di De Pedis e non anche quelli della Orlandi o della Gregori come molti favoleggiavano. Crollava quindi anche la pista del “rapimento malavitoso per farsi ridare i soldi prestati dalla banda della Magliana a papa Wojtyla per finanziare gli anticomunisti della natia Polonia”. Ma ecco che il posto di De Pedis nel tiro al piccione è stato preso da don Piero Vergari, ex rettore (cioè ex parroco) della basilica. E nella leggenda metropolitana televisiva il rapimento malavitoso è stato sostituito con la pista sessuale delle orge in S. Apollinare, complice chissà perché don Vergari. Da notare che a sua volta la pista malavitosa aveva preso il posto di quella politico terroristica durata anni sulla base di men che niente: la pista cioè che voleva Emanuela e Mirella rapite per costringere le autorità italiane a liberare l’ergastolano Alì Agca, il terrorista turco che nell’81 aveva sparato a papa Wojtyla in piazza S. Pietro.
E se la pista delle orge fa acqua da tutte le parti, poco male: ecco che all’inizio dello scorso aprile viene lanciata con clamore, sempre da “Chi l’ha visto?”, anche la pista del finto doppio rapimento organizzato dal fotografo romano Marco Fassoni Accetti, che ha addirittura consegnato quello che secondo lui era il flauto suonato da Emanuela nella scuola di musica nel palazzo di S. Apollinare adiacente alla basilica. Rapimento finto perché a dire di Fassoni Accetti, che del “rapimento” sia di Emanuela che di Mirella si è auto accusato davanti al magistrato, le due ragazze erano d’accordo nel simularlo. Una pista che non sta in piedi per il semplice motivo che, a parte tutto il resto, flauto compreso, è semplicemente ridicolo credere che le due ragazze, a dire del “rapitore” libere di muoversi per Roma per settimane prima di essere “trasferite all’estero”, non abbiano mai telefonato a casa e non si siano mai comunque fatte vive in nessun modo neppure nei 30 anni successivi.
Non dimentichiamo che prima di Fassoni Accetti si è autoaccusato di avere organizzato lui il rapimento di Emanuela il sedicente ’”ex 007 dei servizi segreti militari” Luigi Gastrini, nome in codice “Lupo”. E che proprio in questi giorni Gastrini è stato condannato a otto mesi di carcere perché s’è inventato anche l’appartenenza ai “servizi”. Prima di Gastrini c’era stata tale Sabrina Minardi, sedicente “amante decennale di De Pedis”, che aveva raccontato di avere saputo dal suo “amante” che le due ragazze le aveva rapite e accoppate lui. Vedremo che fine farà la pista di Fassoni Accetti, da molti ironicamente ribattezata “la pista del piffero” a causa del suo flauto portato sotto i riflettori. Nel frattempo, di fronte a questi fuochi d’artificio impallidirebbe anche Luigi Pirandello con il suo “Uno, nessuno e centomila”…
Con l’avvicinarsi dell’inevitabile crollo anche delle nuove “rivelazioni” ruotanti attorno alla basilica, vengono fatte entrare in scena altre affermazioni smentite dai fatti certi. Il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, audace lanciatore di piste come quella dei “preti pedofili di Boston” dal grande fragore ma dal seguito nullo, per la pagina Facebook della petizione lanciata da Pietro Orlandi per poter essere ricevuto dal papa, Ratzinger prima e Bergoglio ora, ha scritto un lungo elenco interessante. Ci sono tutti quelli che per lui sono gli elementi che rendono credibile Fassoni Accetti e che dunque la “verità” sia in dirittura d’arrivo. Per quanto possa apparire assurdo, tra le altre cose molto audaci il collega ha affermato che a rendere credibile il nuovo “rapitore” è “l’anagramma del nome Orlandi per Terlano”: possibile che nessuno, neppure il fratello di Emanuela, si renda conto che Terlano NON è l’anagramma del cognome Orlandi? Terlano è il paesino dell’Alto Adige dove, nonostante i magistrati abbiano appurato da anni che non è vero, s’insiste a dire che vi è stata vista Emanuela durante una sosta nel suo “trasferimento” all’estero.
Il 28 ottobre 2013 al programma della Rai “La vita in diretta” Pietro Orlandi ha fatto affermazioni tanto suggestive quanto infondate. Ha insistito a dire che don Vergari e “vari della banda della Magliana” sono indagati per concorso nel sequestro di sua sorella. Perfino la Procura emise un comunicato per spiegare che l’avviso di garanzia a don Vergari era solo un atto dovuto per potergli sequestrare un computer. Inoltre per Libero Angelico detto “Ruffetto”, Gianfranco Cerboni detto “Giggetto”, Angelo Cassani detto “Ciletto” e Sergio Virtù, indicati come membri della banda, i termini sono scaduti da un bel pezzo, Angelico non è mai stato indagato, perciò non è vero che sono indagati.
Pietro inoltre ha affermato che Emanuela poco prima di sparire telefonò a casa dalla scuola di musica dicendo di avere un appuntamento con un tizio “che doveva darle un pacco di volantini da portare a casa”. Affermazione smentita dalle testimonianze verbalizzate degli stessi familiari, che si sono sempre limitati a parlare di una telefonata nel corso della quale Emanuela aveva solo detto di avere avuto un’offerta di lavoro consistente nel distribuire volantini a una sfilata di moda.
Come se non bastasse, Pietro Orlandi ha voluto spiegare che le centinaia di ossa di bambini nel sotterraneo della basilica gli fanno venire in mente le vittime della “pedofilia rituale” diffusa anche negli alti gradi del clero ( guarda qui il servizio ). A parte il fatto che è assodato, anche dalle analisi, che si tratta di ossa vecchie di secoli, perché non si cita mai almeno un esempio di bambini vittime della tanto strombazzata “pedofilia rituale”? E perché non si cita mai neppure un nome di almeno un monsignore che ha accoppato un bambino nella propria “pedofilia rituale”?
Per parte sua, il conduttore del programma ci ha tenuto a dire che la famosa telefonata anonima a “Chi l’ha visto?” del 2005 fece “scoprire che De Pedis era sepolto nella basilica”, quando invece la faccenda, come ben sappiamo, era vecchia come il cucco: nota fin dal 1995 alla magistratura, ai giornali, ai sindacati di polizia che protestarono, alla Lega Nord che chiese spiegazioni in parlamento e allo stesso Peronaci, che nel ’97 scrisse infatti un articolo sostenendo anche lui che la basilica godeva dell’extraterritorialità (Leggi qua l’articolo ).
Sorpresa finale, almeno per ora: il 4 novembre Pietro Orlandi nel programma della Rai “I fatti vostri” ha affermato – al minuto 21 – che papa Francesco, quando lo incontrò all’uscita di una messa domenicale in Vaticano, gli ripeté per ben quattro volte che Emanuela è morta ( guarda il servizio ). Fino a prima del 4 novembre Pietro aveva detto che papa Francesco quell’affermazione l’aveva fatta una sola volta e che a sentirla gli si era “ghiacciato il sangue” ( guarda il video ). Abbiamo già fatto notare più di una volta che il filmato ( guarda il video ) mostra che nel breve e casuale incontro Pietro alle parole che gli dice il papa ride felice. Possibile che se il papa gli dà la ferale notizia, ripetendola per giunta quattro volte, lui, che fino a un momento prima lo si vede quasi cupo, si metta a ridere? E che rida anche la madre?
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