ROMA – Nel mistero di Emanuela Orlandi c’è una vulgata che vuole il turco Alì Agca attentatore alla vita di Papa Wojtyla per conto dei comunisti cattivi di Mosca e per giunta effettivo beneficiario del “rapimento” di Emanuela Orlandi.
Per capire di quali fantasiose suggestioni si nutra la vulgata, basta guardare e ascoltare questa intervista al giornalista Sandro Provvisionato.
Provvisionato, un bravo giornalista che ho conosciuto in Kosovo all’epoca della guerra civile, è un vecchio estimatore dell’ex magistrato Ferdinando Imposimato al punto da avere scritto con lui due libri: uno sul caso Moro e uno proprio sull’attentato a Wojtyla. Difficile dire quale dei due sia il più ricco di convinzioni personali non suffragate da prove certe.
Al minuto 6 e 25 secondi dell’intervista Provvisionato comincia a spiegare che Agca ha smesso di collaborare con i magistrati quando il 24 giugno 1983 ha appreso dai giornali dell’avviso messo dai familiari per chiedere notizia a chi avesse visto Emanuela Orlandi: tanto è bastato ad Agca, a detta di Provvisionato, per capire al volo che la ragazzina era una cittadina del Vaticano prelevata a bella posta per essere scambiata con lui.
Che non ci sia concordia di date fra quanti riportano questa tesi, con una discrepanza di ben sei mesi, lo si capisce confrontando l’intervista con l’articolo di Rita Di Giovacchino sul Fatto quotidiano di domenica 19 maggio. L’articolo riporta parole di Marco Fassoni Accetti, che non sembrano una intervista e non risultano nemmeno estratte da un verbale: è comunque un lungo racconto, in cui MFA dice che Agca ha iniziato a ritrattare il 21 dicembre ’83, dopo l’uccisione da parte dello stesso Marco Fassoni Accetti, di Josè Garramon, il 20 dicembre, il giorno prima.
José Garramon, 12 anni, figlio di un funzionario uruguayano dell’Onu, come ha scritto Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera,”fu investito e ucciso da un furgone nella pineta di Castel Porziano, vicino a Roma. Al volante c’era proprio Fassoni Accetti, che si allontanò e fu rintracciato dalla scorta di Severino Santiapichi, il magistrato che si occupava dell’attentato al Papa e aveva la villa poco distante. Il regista finì in carcere per un anno”. Fassoni Accetti fu condannato per omicidio colposo.
Fassoni Accetti, lo ricordiamo, è il fotografo romano che si è autoaccusa della scomparsa di Emanuela Orlandi. Mercoledì 15 maggio è stato ascoltato per alcune ore dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo.
Che si tratti di affermazioni prive di basi reali lo si ricava da una serie di verifiche. L’avviso di cui parla Provvisionato venne portato ai giornali romani da Mario Meneguzzi, zio di Emanuela Orlandi, ed era composto da una foto del solo viso e da poche righe sotto le due righe del titolo “Chi ha visto Emanuela?”.
Il tutto in appena 3 centimetri di larghezza per 7,5 di altezza. Quanto un paio di francobolli. Emanuela Orlandi era difficilmente riconoscibile sia perché la foto era piuttosto scura, tanto da far parere la ragazza un’anziana signora anziché una quindicenne, sia perché le dimensioni erano quelle di un francobollo. L’intero testo scritto era grande quanto un altro francobollo e non parlava affatto di scomparsa né di rapimento, si limitava a dire che “dalla sera del 22 si sono perse le tracce di Emanuela Orlandi” e a chiedere a “chi l’avesse vista o ne avesse notizie” di telefonare al 69.84.982. Non c’era indicazione alcuna che il numero fosse del Vaticano e che fosse cittadina vaticana Emanuela Orlandi.
Come si vede, nulla che faccia pensare a rapimenti o affini. E infatti magistrati, carabinieri e polizia pensavano si trattasse della solita breve fuga d’amore o di protesta niente affatto rara nella difficile età dell’adolescenza. In ogni caso, il 24 l’avviso venne pubblicato solo dal quotidiano romano Il Tempo.
Sostenere con Provvisionato che il turco Agca, il quale oltretutto fino all’8 agosto era fino in un carcere fuori dal Lazio, comprasse e leggesse in carcere Il Tempo è piuttosto azzardato. Ed è azzardato anche sostenere che fosse in grado di leggere e capire la lingua italiana scritta. Affermare per giunta che da quelle poche parole avesse capito non solo che la ragazza era stata rapita, ma che era pure una cittadina vaticana e magari anche figlia del “postino del papa”, non è neppure temerario, ma francamente assurdo.
Lo stesso testo, con le stesse dimensioni, venne pubblicato il 25 nelle pagine di cronaca romana da Il Messaggero e Paese Sera, giornale quest’ultimo dell’allora Partito comunista italiano, che quindi il fanatico musulmano Agca difficilmente poteva apprezzare.
Può parere incredibile, ma tutto ciò non scoraggia però né Pietro Orlandi né il suo intimo amico giornalista Fabrizio Peronaci del Corriere della Sera dall’avvalorare ancora oggi la pista Agca, volenterosamente ripresa da Giacomo Galeazzi su La Stampa.
Per il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi siamo cioè all’ennesima “apertura di nuovi scenari”.
Evidentemente ha ragione chi sostiene che il domani ha un cuore antico, tanto da affermare sempre e comunque, qualunque cosa accada: “Nulla di nuovo sotto il sole”.
I commenti sono chiusi.