Emanuela Orlandi, 39 anni dopo la sua scomparsa, si continua a parlarne. Una interessante teoria vorrei riproporre, anche se non nuova.
Mi viene di farlo leggendo le pagine di un libro non recentissimo (del 2007) dedicato alla misteriosa fine del banchiere italiano Roberto Calvi.
Quasi certamente si tratta di una delle tante piste perse nel deserto, come il delta del fiume Okawango. Ma tant’è, un tarlo me lo insinua. Se ne è scritto sui giornali, come altre volte di altre piste, o ipotesi investigative come le chiamano, ma senza apparente seguito.
La banda della Magliana dietro il rapimento di Emanuela Orlandi?
La teoria ripropone un collegamento fra la banda della Magliana e la scomparsa di Emanuela Orlandi. Si tratta probabilmente di una bufala. Però fanno riflettere tre fatti messi in fila:
1. indubbiamente la famigerata banda di criminali romani è stata implicata nel ferimento del vice di Calvi, Roberto Rosone.
2. Calvi era impasticciato con le finanze vaticane. Probabilmente per finanziare lo sforzo anti comunista e anti sovietico del Papa polacco Calvi mandò in dissesto il Banco Ambrosiano, probabilmente depositario di fondi di banditi o mafiosi.
3. Calvi fu ucciso a Londra in circostanze misteriose, fino ad oggi non chiarite per ragioni che, a pensarci su, sono strabilianti.
Emanuela rapita per errore
Così acquista un certo credito l’idea che Emanuela Orlandi sia stata rapita per errore, che la vittima predestinata fosse un’altra ragazza, Raffaella Gugel, figlia di Angelo, maggiordomo di Papa Giovanni Paolo II. Secondo tale teoria, i Gugel vivevano in un appartamento sopra quello degli Orlandi. Con la differenza che Orlandi padre era un semplice messo vaticano, non certo nell’intimità del sommo pontefice. La circostanza è stata smentita dallo stesso Gugel. Ma l’idea che i banditi volessero rapire la figlia del maggiordomo del Papa come avvertimento di una più pesante punizione ha un suo indubbio fascino
Perché poi rapire la piccola Gugel? Per mandare un segnale al Vaticano, dove qualcuno aveva forse dirottato in Polonia i fondi depositati dalla malavita nelle casse del Banco Ambrosiano di Calvi, lasciandolo sull’orlo della bancarotta.
Tutto va bene per demolire il comunismo
Per il Papa Wojtyla, pur santo ma innanzi tutto polacco, il fine di combattere e fare cadere il comunismo in Polonia giustificava certamente qualsiasi mezzo, incluso mandare a gambe all’aria una banca italiana. Che qualche criminale abbia reagito da pari è abbastanza logico, se si raffronta la capacità di vendetta dei criminali con la rabbia impotente di tanti poveracci defraudati dal crollo dei loro risparmi.
Il libro che ha acceso la mia fantasia è del 2007, ne è autore Philip Willan, giornalista inglese trapiantato a Roma, autore di vari libri sui tanti misteri italiani. Il titolo inglese è The last supper, l’ultima cena. In Italiano si trova:
L’Italia dei poteri occulti.
Il libro è di 15 anni fa ma solo in questi giorni l’ho letto, sempre incuriosito dalle varie ricostruzioni della morte di Calvi nel 1982. 40 anni fa, un anno prima della scomparsa di Emanuela Orlandi. Ci torno in fondo a questo pezzetto.
Emanuela Orlandi sempre di attualità
Il tema Orlandi è sempre di grande attualità, con polemiche anche violente e colpi di scena che poi si rivelano tutti fasulli. In questi giorni è uscito un nuovo libro, autrice Maria Giovanna Maglie. Si intitola Addio Emanuela. Forse vuol essere una parola definitiva su una vicenda che ha dell’incredibile, fra sempre nuove e tutte false piste, un programma tv, Chi l’ha visto, che tiene banco da sempre e il fratello di Emanuela, Pietro, sempre in tv quale emanuelologo a tempo pieno.
Costretto a seguire gli alti e bassi della vicenda Orlandi da quando lavoro per Blitzquotidiano, passando e pubblicando gli articoli di Pino Nicotri, uno dei massimi esperti in materia e anche il più credibile, mi ero fatto una opinione.
La teoria dell’adescamento pedofilo
Che Emanuela Orlandi sia finita vittima di un adescamento, attratta da qualche promessa di grande successo e facile guadagno. Sono miraggi che abbagliano facilmente ragazzi e ragazzi dell’età di Emanuela quando scomparve: 15 anni, il pieno della adolescenza, disponibile preda di un sogno di vita diversa da quella di figlia di un impiegato del Vaticano.
Forse la ragazzina scoprì l’inganno troppo tardi, si ribellò, fece una brutta fine. Ci sono elementi che collegano ad altra vicenda, ma non posso estendermi dove la magistratura non è arrivata.
La pista Magliana trova ora spunto in poche pagine verso la fine di The last supper. “Il denaro chiesto come riscatto era il denaro che una organizzazione criminale riteneva le appartenesse di diritto, forse il denaro affidato a Calvi e a mons. Marcinkus dello Ior”.
L’identikit del “Dandy”
Willan ripropone il fatto, a suo tempo enfatizzato dai giornali, che l’identikit di un giovane, visto parlare in strada con Emanuela, nei giorni della sua scomparsa, portasse una notevole somiglianza con la foto di Enrico De Pedis, noto come “Renatino” e “Dandy” nella versione televisiva dedicata ai fasti della banda della Magliana. Implicando che De Pedis potrebbe essere stato l’autore del rapimento, se rapimento ci fu.
Non è del tutto follia fare due più due, collegando l’attentato a Rosone alla scomparsa di Emanuela.Nicotri sostiene che De Pedis aveva abbandonato la strada del crimine per sposare una ragazza di buona famiglia. Ma le due cose non sono in contraddizione. Emanuela Orlandi è stata rapita nel 1983, De Pedis si è sposato 5 anni dopo.
Un punto di contatto fra la banda della Magliana e Roberto Calvi c’è fuori discussione. A sparare contro Rosone, vice presidente del Banco Ambrosiano, fu un componente della banda, Danilo Abbruciati, fatto secco da una guardia dopo l’attentato.
Prima di lasciare spazio a Nicotri, un cenno alla fine di Calvi. Farlo trovare impiccato al pilone del ponte di Blackfriars a Londra aveva probabilmente un valore simbolico. C’è un pub a Londra, il Prospect of Whitby, che espone un cartello che dice: qui venivano impiccati i pirati.
Calvi impiccato come i pirati
Come? Li appendevano con l’alta marea, lasciandoli galleggiare con la corda al collo. Via via che la marea calante faceva scendere il livello del fiume per almeno 7 metri. La corda si tendeva e il pirata moriva dopo un lungo tormento.
Se questa tesi è vera, si conferma la teoria che Calvi sia stato ucciso in qualche modo (pare che la non tanto mitica Scotland Yard non abbia pensato a una autopsia del cadavere di Calvi) altrove e poi portato a Blackfriars già morto per la macabra messinscena.
(Sergio Carli)
La parola a Pino Nicotri
La pista della banda della Magliana adottata anche da Willan ha vari punti deboli. Proviamo a elencare i principali.
1) – Il Papa non è il sindaco di un paesino chiamato Vaticano, ma il capo religioso di oltre un miliardo di cattolici. Arrivati ad essere oggi 1 miliardo e 350 milioni. Nell’83 sicuramente almeno vicini al miliardo. E per il pontefice tutti i fedeli di ogni parte del mondo sono eguali. Motivo per cui non ha molto senso sostenere che per ricattarlo si dovesse rapire un abitante del Vaticano.
Sarebbe stato più facile e meno rischioso sequestrare in quale altra parte del mondo, per esempio in Africa o Sud America, non una sola persona, ma anche un intero gruppo di dieci o cento cattolici e minacciare di ucciderli se il Papa non si fosse piegato alla volontà dei sequestratori.
Si sarebbero corsi meno rischi da parte di polizia e affini di quanti se ne correvano in Italia sequestrando una ragazza in piena Roma. E la pressione sul Papa, cioè il ricatto, sarebbe stato anche più forte perché non si minacciava la vita di una sola persona.
Leggende metropolitane
2) – La somiglianza tra Emanuela Orlandi e la figlia di Angelo Gugel fa parte delle molte leggende metropolitane che hanno trasformato la scomparsa di Emanuela in un mito senza fine, rendendo oltretutto impossibile con le sue mille piste fare indagini serie e arrivare alla verità, scoprire cioè come e perché Emanuela è purtroppo sparita. E’ stato lo stesso Ercole Orlandi, padre di Emanuela, a escludere che le due ragazze si somigliassero anche di poco. Come del resto ho scritto anche nei miei libri riportando quanto dettomi da Ercole in una delle mie visite a casa sua in Vaticano.
Di Angelo Gugel vale la pena ricordare la sua venerazione per il Papa polacco, che soccorse tra i primi quando il 13 maggio 1981 il turco fanatico islamista Alì Agca gli sparò contro tre colpi di pistola.
Ecco ciò che Gugel racconta a un giornalista de La Stampa sul miracolo che vide coinvolta sua moglie Maria Luisa Dall’Arche.
“La nostra primogenita nacque morta. Facemmo voto di mettere come secondo nome Maria a tutti i figli che la Madonna ci avesse concesso. Ne arrivarono tre: Raffaella, Flaviana e Guido. La quarta si chiama Carla Luciana Maria in onore di Karol e di papa Luciani. È nata nel 1980 per intercessione di Wojtyla.
Un miracolo di Wojityla
Insorsero gravissimi problemi all’utero. I ginecologi, Bompiani, Forleo e Villani, escludevano che la gravidanza potesse proseguire. Un giorno Giovanni Paolo II mi disse: “Oggi ho celebrato la messa per sua moglie”. Il 9 aprile Maria Luisa fu portata in sala operatoria per un parto cesareo. All’uscita, il dottor Villani commentò: “Qualcuno deve aver pregato molto”. Sul certificato di nascita scrisse “ore 7.15”, l’istante in cui la messa mattutina del Papa era al Sanctus”.
3) – Ormai tirare in ballo Enrico De Pedis parlandone come di un capo della banda della Magliana, e di conseguenza come non estraneo alla scomparsa di Emanuela realizzata per farsi restituire i capitali asseritamente prestati alla banca vaticana IOR, è un riflesso condizionato pavloviano. Che riemerge alla grande in questi giorni in cui oltre al libro della Maglie ci sono altri exploit, se così si possono chiamare le altre grandi razioni di fuffa offerta al pubblico:
– la miniserie di quattro episodi Vatican Girl, lanciata da Netflix in ben 160 Paesi;
– una puntata di Dark Side Storia;
– la piece teatrale del Teatro Trastevere “La cittadina vaticana Emanuela Orlandi”;
– la puntata di Chronica Mortalis che due mesi fa ha anticipato tutti gli altri.
Il mistero De Pedis
Ma nonostante l’immancabile riflesso pavloviano c’è un ostacolo insormontabile: De Pedis è SEMPRE stato assolto anche dall’accusa di avere fatto parte della banda della Magliana sia pure come semplice gregario anziché come grande e terribile capo della sua fazione “testaccina”, cioè del rione romano detto Testaccio.
Quindi farlo figurare come un membro, gregario o grande capo, della banda della Magliana è pura e semplice diffamazione. Ribadita ossessivamente per anni e anni fino ad accorciare la vita della sua vedova, Carla Di Giovanni.
L’affermazione sposata da Villan che “l’identikit di un giovane, visto parlare in strada con Emanuela, nei giorni della sua scomparsa, portasse una notevole somiglianza con la foto di Enrico De Pedis”, è stato DIMOSTRATO, anche qui su Blitz, che è una notizia inventata. E l’identikit sfornato con anni di ritardo da “Chi l’ha visto?” non somiglia a De Pedis neppure col binocolo.
De Pedis viene infilato a forza nel caso Orlandi con la famosa telefonata anonima a “Chi l’ha visto?” trasmessa nel settembre del 2005. L’anonimo al telefono sosteneva che la soluzione del caso Orlandi si trovava nella tomba di De Pedis, sepolto nei sotterranei della basilica romana di S. Apollinare. Per anni è impazzata la pazzesca idea che Emanuela fosse sepolta nella stessa bara di De Pedis! Da notare che Emanuela è sparita nell’83, mentre De Pedis è morto nel ’90: secondo la mitologia scatenata da quella telefonata chissà dove sarebbe stato tenuto il cadavere di Emanuela per ben sette anni in attesa di metterlo nell bara di De Pedis.
Una telefonata a Chi l’ha visto?
Di tale telefonata è interessante notare due particolari, anzi tre:
– la magistratura ha appurato che NON è partita dall’esterno della Rai, ma dal suo interno. Il che autorizza a pensare che possa essere stata fatta da qualcuno in Rai deciso a mettersi sulla scia del clamoroso successo del romanzo scritto dal magistrato De Cataldo intitolato Romanzo criminale, del quale era in uscita anche un film.
– Per farla risultare credibile la telefonata è stata mandata in onda tagliandone la parte finale, che poteva suscitare qualche perplessità.
– Con quella telefonata si è scatenata la pista che voleva la sepoltura di De Pedis in chiesa come notizia totalmente inedita e addirittura come compenso per avere aiutato il Vaticano a fare sparire Emanuela. Il perché e il percome di quella sepoltura era stata invece già indagata dal 1995 al 1997 dal magistrato romano Andrea De Gasperis già nel 1995-1997, che, per quanto insolita, non vi aveva trovato nulla di losco o illegale e neppure scorretto.
Le motivazioni e le spiegazioni addotte dalla vedova Carla Di Giovanni del perché la salma di De Pedis fosse stata spostata dal cimitero del Verano al sotterraneo di quella basilica, dove loro si erano sposati, sono apparse concrete, convinceti e addirittura banali: altro che “misteri inconfessabili”!
Spostata la salma di Renatino
Si trattava di evitare che chi aveva organizzato l’uccisione di De Pedis compisse anche anti di vandalismo contro la sua sepoltura, ospitata nella tomba di famiglia della Di Giovanni. Inoltre lei lavorava a soli 2-300 metri dalla basilica, poteva andare a pregare sulla tomba e cambiare i fiori più volte la settimana senza doversi sobbarcare la guida dell’auto nel traffico romano fino al lontano Verano.
Ma TUTTI – eccetto il sottoscritto e Blitz – hanno fatto finta di non saperlo. O non lo sapevano davvero per pura ignoranza e mancanza di verifiche prima di scrivere o parlare in televisione della “inspiegabile” sepoltura in chiesa.
La mia amicizia col magistrato Giancarlo Capaldo è finita – per rabbiosa decisione sua, non mia – quando ho osato chiedergli come mai nella sua requisitoria – archiviata dal procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone – avesse definito De Pedis “boss della banda della Magliana” ignorando così tutte le sentenze giudiziarie che sostenevano il contrario.
(PinoNicotri)