Emanuela Orlandi, il mistero continua, le rivelazioni si inseguono. Ecco il testo integrale del nuovissimo memoriale di Ali Agca sulla scomparsa di Emanuela e di Mirella Gregori, 39 anni fa.
Al di là dei contenuti, fa riflettere un dettaglio di questo memoriale, facilmente reperibile in internet. Fa impressione il buon italiano del testo. Chi lo ha scritto o tradotto non è un poliziotto o un giudice o un avvocato: sarebbero affetti da tecnicismi. E nemmeno un giornalista: sarebbe toppo contorto per fare letteratura. Invece il testo che potete leggere più sotto è in buon italiano scorrevole, lineare, facilmente comprensibile. A voi l’ardua sentenza.
Questa volta Alì Agca, l’attentatore di Papa Giovanni Paolo II, bontà sua, cita anche me. Lo fa nell’ultima, per ora, lettera/rivelazione da lui inviata a Pietro Orlandi sulla scomparsa di Emanuela. Ma andiamo per ordine.
La miniserie di quattro puntate Vatican Girl sul mistero Orlandi trasmessa da Netflix qualche settimana fa ha scatenato un turbine di repeschage di vecchi memoriali spacciati per inediti e di refresh di vecchie “testimonianze”, già a loro tempo rivelatesi fuffa puteoloente.
Non poteva certo mancare il rifarsi vivo di Alì Agca, il terrorista turco che il 13 maggio ’81, due anni prima della scomparsa di Emanuela Orlandi avvenuta il 22 giugno ‘83, ha sparato in piazza S. Pietro a papa Giovanni Paolo II, il polacco ferocemente anticomunista Karol Wojtyla. Due colpi di pistola che ferirono gravemente il pontefice all’addome, ma senza riuscire a ucciderlo.
Non poteva mancare. E infatti non è mancato. Ecco che Agca ha inviato a Pietro Orlandi un nuova missiva piena zeppa di particolari, vecchi e nuovi, e ovviamente piena di “rivelazioni”. Compresa l’ennesima versione di “dove si trova Emanuela”, a suo tempo data per viva “in un Paese europeo” e poi anche “in un convento”.
Con nonchalance il mancato assassino di Papa Wojtyla scrive a Pietro Orlandi che a ordinare il rapimento di Emanuela è stato lo stesso Wojtyla… .
Per la disinvolta varietà di “rivelazioni”, iniziate con Pietro Orlandi fin dal 2010 nella propria casa in Turchia, l’attentatore alla vita del papa l’ho soprannominato da tempo Agca-cha-cha-cha.
Questa nuova sbrodolata di Agca ha però un particolare interessante, contiene infatti l’ammissione di quanto ho sempre sostenuto, a dire il vero non solo io. Cioè a dire, che lui a Wojtyla ha sparato di propria iniziativa, per fanatismo personale, neppure fanatismo islamico, diciamo per passare alla storia come il digraziato che l’8 dicembre 1980 a New York ha ucciso John Lennon.
Agca ammette, racconta e spiega finalmente che non è mai esistito nessun “complotto bulgaro”, commissionato da Mosca per liberarsi del papa polacco che finanziava il sindacato eversivo Solidarnosc e suo tramite di fatto l’intera ribellione della natia Polonia contro il comunismo e Mosca.
La ribellione della Polonia sostenuta dal papa polacco era oltretutto uno stimolo alla ribellione anche della Germania Est e degli altri Paesi europei “fratelli” dell’Unione Sovietica. Tant’è che alla fine il Muro di Berlino è crollato, primo atto del crollo anche dell’Unione Sovietica, del Patto di Varsavia contrapposto alla NATO e del comunismo.
Ho sempre sostenuto che lo squinternato Agca non poteva essere un killer né dei “servizi” bulgari né tanto meno di quelli ben più temibili di Mosca e di Berlino Est. Non lo poteva essere perché nella latitanza dalla Turchia, dove era evaso dal carcere dopo una condanna per omicidio, era stato così imprudente da utilizzare i suoi veri documenti in alcuni alberghi europei prima di arrivare a Roma.
Inoltre lo stesso attentato al Papa, sparando a braccio teso, pistola scoperta e priva di silenziatore, per giunta in mezzo alla folla, era chiaramente da peracottari. Non c’è bisogno di avere visto il film Taxi driver per sapere che in queste condizioni la pistola chi spara anziché tenerla in bella mostra coram populo deve tirarla dentro la manica della giacca. Meglio se dotata di silenziatore.
Inoltre un paio di magistrati mi avevano raccontato delle visite ricevute in carcere da Agca da uomini dei servizi, arrivati per istruirlo sulle frottole da rifilare in aula al processo. Inoltre mi avevano anche raccontato che a volte nomi e date da “rivelare” in aula se li scriveva sul palmo delle mani, come facevamo a scuola prima dei compiti in classe.
Per spiegare l’origine e i perché della messinscena del “complotto comunista”, da lui sostenuta a lungo, Agca racconta con dovizia di particolari il ruolo che ebbe in particolare il magistrato Ilario Martella, accanito sostenitore della tesi del complotto e il terzo dei magistrati che in ordine di tempo di sono occupati del mistero Orlandi. Per sostenere la credibilità di Martella Agca usa il nome di Egidio e il mio, scrivendo:
“Nella sua intervista telefonica, concessa al giornalista Nicotri, Egidio affermò: “Martella é un magistrato formidabile”!….”
Tutto ciò premesso, mettetevi comodi e godetevi i nuovi fuochi d’artificio di Agca-cha-cha-cha, un vero professionista, anzi un vero artista e virtuoso delle rivelazioni, qui condite con ghiotti particolari veri. Quelle riguardanti Emanuela e la solita ruota di scorta Mirella Gregori, coetanea romana scomparsa oltre un mese prima della ragazza vaticana, si trovano in fondo.
Buona lettura.
“A seguito del mio ultimo messaggio, forse non pienamente compreso dalla maggior parte delle persone, prendo nuovamente la parola per fornire una spiegazione più ampia e approfondita di tutta la vicenda riguardante l’attentato al Papa, Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.
Io, Mehmet Ali Ağca dichiaro:
L’attentato a papa Wojtyla non ha alcun mandante, nessuno mi ha chiesto di uccidere il Papa e nessuno mi ha pagato per farlo. In Piazza San Pietro ero solo e ho sparato due colpi, i magistrati inquirenti lo sapevano benissimo, ma alcuni hanno volutamente mentito perché volevano far credere ad un complotto internazionale. Quelle che erano le mie motivazioni di allora sono indicate chiaramente nella lettera che scrissi nel 1979 in occasione della visita di papa Wojtyla in Turchia.
Il denaro che avevo in tasca al momento dell’attentato non rappresenta un mistero per gli inquirenti. Il 30 marzo 1981, io, Oral Çelik e Abdullah Çatlı rapinammo due banche attigue a Vienna. Durante l’operazione Çelik sparò un colpo di avvertimento in banca e un secondo colpo contro un sedile del taxi con cui fuggimmo poiché il conducente non era tanto d’accordo a lasciarci l’autovettura. Nessuno rimase ferito, eravamo tutti e tre latitanti e quel denaro ci serviva per vivere. La mia parte fu di 250 mila scellini [18 mila euro di 40 anni fa] . Il giorno seguente i giornali viennesi parlarono della rapina e riferivano di rapinatori egiziani probabilmente scappati al Cairo. Ci avevano scambiati per egiziani !
La pistola con la quale Çelik sparò durante la rapina é la stessa che usai contro il Papa. Io non lo sapevo perché avevamo quattro pistole identiche, ma il giudice Ilario Martella mi contestò il fatto che la mia pistola aveva già sparato in quanto era arrivata da Vienna la perizia balistica dei proiettili sparati da Çelik. Io gli raccontai della duplice rapina e ammisi che il denaro in mio possesso proveniva da essa. Lui mi disse: “Questo non lo diciamo!”
La “pista bulgara” é una completa invenzione. All’inizio di ottobre 1982, il giudice Ilario Martella accompagnato dal mio avvocato Pietro D’Ovidio venne da me nel carcere di Ascoli Piceno e mi disse: “Il Papa ti ha perdonato, per noi ogni parola del Papa é un ordine, aiutaci e sarai liberato”.
Ad ottobre iniziarono le “mie” rivelazioni sulla pista bulgara, interamente costruita a tavolino dai servizi segreti vaticani ENTITA’ e dal SISDE il servizio segreto civile italiano, con la benedizione della CIA di Ronald Reagan, il maggiore alleato di papa Wojtyla nella sua crociata anticomunista.
Io non conoscevo in alcun modo i cittadini bulgari Antonov, Ajvazov, Vassilev, infatti i loro nomi mi furono forniti direttamente dal giudice Martella che mi portò le fotografie e le schede personali di ciascuno di loro. Mi furono mostrate le foto e la piantina dell’appartamento di Sergej Ivanov Antonov che io ovviamente non avevo mai visitato, identità e foto della moglie Rosiza Antonova, che io non avevo mai incontrato.
Se ricordate nel palazzo di Antonov viveva anche un frate agente della CIA, padre Felix Morlion, non so se la documentazione in possesso di Martella provenisse proprio da lui, ma è altamente probabile. La regia occulta di questa storia é ampiamente costituita da religiosi agenti della CIA, e da uomini del servizio segreto statunitense dentro Entità.
Tra questi c’era anche “l’Americano”, cioè il telefonista del caso Orlandi. Ricordate cosa disse Giulio Andreotti sulla pista bulgara e sul “pio frate che lavorava per la CIA”?!
“Le rivelazioni di Ağca erano pilotate da un servizio straniero occidentale”!
Ovviamente ci fu un’immediata reazione del giudice Martella! Io non so disegnare e non feci alcuno schizzo della famosa porta scorrevole in casa di Antonov, Martella mi fornì il disegno.
Quel particolare tuttavia era sbagliato poiché quel tipo di porta non si trovava più nell’appartamento di Antonov dato che aveva subito ristrutturazioni delle quali il mio suggeritore non era a conoscenza, ma si trovava ancora nell’appartamento sottostante dove abitava appunto padre Morlion. Mi fecero dire qualcosa di inesatto anche circa la presenza della moglie di Antonov ad alcuni dei nostri fasulli incontri. Il giudice Martella venne da me e mi disse: “E’ successo un casino, devi ritrattare!” Dovetti così correggere la parte incriminata della storia. Il giudice disse poi alla stampa che io avevo ritrattato spontaneamente a causa del rapimento di Emanuela Orlandi, perché ormai speranzoso nell’aiuto dei miei complici, responsabili del sequestro delle due ragazze. Il giudice Martella sapeva assolutamente del sequestro di Mirella Gregori, prima che i giornali ne parlassero e prima che il Papa facesse il suo nome in Piazza San Pietro !
Serghej Ivanov Antonov era solo un mite impiegato della Balcan Air, non beneficiava di alcuna immunità, dunque facile da arrestare, inoltre era un uomo fragile, soffriva di depressione, e la terribile esperienza di ritrovarsi incarcerato in un paese straniero con accuse tanto pesanti, ne minò profondamente la salute fisica e psicologica, infatti morì a 58 anni, solo, in un piccolo appartamento di Sofia. Una vittima completamente innocente sacrificata, anche a causa mia, che merita giustizia. Martella e Imposimato dichiararono più volte che si trattava di un “generale “ dei servizi segreti bulgari e secondo voi un generale coinvolto nell’attentato al Papa, sarebbe rimasto in Italia per un anno e mezzo ad aspettare l’arresto ?!
Nel Dicembre 1982, venne da me il giudice Ferdinando Imposimato, per ottenere la mia collaborazione nella sua indagine relativa alle Brigate Rosse, ai loro rapporti con il KGB e in particolare al coinvolgimento diretto del servizio segreto bulgaro nella preparazione di un presunto attentato a Lech Walesa, il leader di Solidarnosc, tanto caro a papa Wojtyla, che avrebbe dovuto attuarsi in occasione della sua visita in Italia nel gennaio 1981.
Nessuno aveva in realtà preparato quell’attentato, infatti era solo un’altra montatura volta a far credere che il capo di Solidarnosc fosse nel mirino di Mosca, proprio come il Papa. Imposimato mi fece fare il nome dei soliti bulgari e in più quello di un certo Tomov Dontchev, che avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella vicenda. Imposimato scrisse cento pagine di verbale e io lo firmai. Funzionava cosi anche con il giudice Martella. In quell’occasione İmposimato mi disse:
“Devi insistere sulla pista bulgara altrimenti non uscirai mai dal carcere”.
In questa storia c’è un’altra vittima innocente, Luigi Scricciolo, un semplice sindacalista, in contatto con un altro sindacalista polacco, Lech Walesa. Gli rovinarono la vita fino a indurlo ad un tentato suicidio e morì solo, nella più completa disperazione a 59 anni, proprio come Sergej Antonov.
Mi sembra importante sottolineare che lo stesso Walesa, al suo ritorno in Polonia, avvalorò la pista del falso attentato contro di lui, dichiarando che effettivamente “qualcosa stava per succedere”. Erano tutti d’accordo nella loro crociata! Il mio amico Giovanni Senzani mi spiegò bene quale fosse l’interesse della CIA a far credere ad uno stretto legame tra il KGB e le Brigate Rosse e altri movimenti eversivi di sinistra in Italia e in Europa.
L’unico vero finanziatore delle Brigate Rosse era Gladio perché il mondo doveva credere che il Comunismo fosse sinonimo di terrorismo, esattamente come accade adesso con i Musulmani. Vengono perseguitati e uccisi in tutto il mondo, eppure gli unici terroristi sono loro ….. Mi spiegò inoltre che pentiti come Savasta, oltre a raccontare la verità dei fatti, venivano di tanto in tanto imbeccati a seconda delle necessità, proprio come accadde a me.
Vi ricordate della foto dell’uomo di spalle che fuggiva in Piazza San Pietro? Mi fecero dire che era il mio “complice” Oral Çelik, a parte che Çelik è decisamente più basso, quell’uomo era un poliziotto in borghese, infatti nel dicembre 1985, non ricordo il giorno esatto, sulla prima pagina de “IL Messaggero” di Roma, c‘era un articolo con la foto del giovane che correva in piazza San Pietro, dal titolo: “L’uomo che fugge in piazza San Pietro é un poliziotto in borghese”.
Questa era la verità, ma il giorno stesso questa notizia venne fatta sparire dai servizi segreti italiani e nessuno ha mai discusso se fosse vera o falsa. Quel poliziotto adesso probabilmente è un pensionato che dovrebbe apparire nei mass media e spiegare perché tutto fu ridotto al silenzio.
Invece, il presunto Antonov fotografato in piazza San Pietro era solo un turista ungherese un po’ somigliante. Andate a vedere quanto hanno lavorato su quella foto i miei magistrati inquirenti pur sapendo esattamente che era un falso !
Nel febbraio 1983 il giudice Carlo Palermo venne da me per l’inchiesta che stava conducendo a Trento su un traffico internazionale di droga e di armi. Gli dovetti parlare di alcuni personaggi turchi che comparivano sia nelle sue indagini che in quelle sull’attentato al Papa, e vennero fuori dei numeri telefonici che io avevo avuto da Martella ma che erano stati forniti agli interessati solo nel 1982, cioè dopo l’attentato al Papa e dopo il mio arresto!
Il giudice Palermo ovviamente si accorse subito della contraddizione e mise tutto a verbale, ma quel verbale sparì, come lui stesso ha dichiarato più volte. Parlò successivamente con il giudice Rosario Priore il quale dichiarò che negli atti del processo sull’attentato al Papa, non esisteva una copia né traccia di quell’interrogatorio, ovvero non esisteva la prova, datata 1983, che le dichiarazioni di Mehmet Ali Ağca erano state costruite almeno in parte, a tavolino.
Carlo Palermo non arriva mai ad accusare Martella, anche se questa domanda gli é stata esplicitamente posta durante un’intervista concessa a Radio Radicale, preferendo fare riferimento ad un qualche imprecisato servizio segreto e alla mia personalità disturbata da manie di protagonismo e pure dalla mia presunta epilessia. Due uomini del SISMI mi fecero visita in carcere una sola volta, non ho mai sofferto di epilessia e un giro a Trento quando sei sempre chiuso in cella non é poi così male.
Il giudice Martella era legato al SISDE, proprio come l’avvocato Gennaro Egidio, proposto/imposto alle due famiglie Orlandi Gregori . Nella sua intervista telefonica, concessa al giornalista Nicotri, Egidio affermò: “Martella é un magistrato formidabile”!….
Non contento dell’esito finale dell’inchiesta di Martella sui “Bulgari”, il giudice Rosario Priore pensò di ripiegare sui “Turchi”, aprendo così la terza inchiesta sull’attentato al Papa. Intimo amico e collaboratore di Martella e Imposimato, era perfettamente a conoscenza del “bidone” che i suoi colleghi avevano fatto con la pista bulgara, e sapeva altrettanto chiaramente che i Lupi Grigi non c’entravano nulla con il mio attentato a Giovanni Paolo II.
Priore non era credente e non serviva il Vaticano, bensì la Massoneria di cui faceva parte e direttamente la CIA, inoltre si tuffò nella vicenda anche per una questione di prestigio personale. Atlantista e fortemente filosionista, voleva che la Turchia, un Paese islamico e il gruppo nazionalista dei Lupi Grigi risultassero responsabili dell’attentato al Papa.
Per anni mi ha tormentato in carcere, fino ad arrivare a vere forme di tortura psicologica, affinché fornissi prove inconfutabili del coinvolgimento dei Turchi, mi minacciava dicendo che avrebbe fatto durare l’inchiesta all’infinito e in questo modo non avrei potuto chiedere la grazia né il trasferimento in Turchia poiché quando c’è un’inchiesta in corso, l’imputato non può muoversi.
Rosario Priore é anche l’uomo che sostiene il coinvolgimento diretto di Gheddafi nella strage di Ustica, parlando espressamente di “un atto di guerra volontario ”da parte del colonnello di Tripoli, quando ormai sappiamo tutti bene che furono due aerei della NATO ad abbattere il DC9, dopo averlo accidentalmente scambiato per un Mig libico.
Priore sostiene anche la responsabilità diretta di Gheddafi nella strage di Bologna unitamente ai terroristi palestinesi di Abu Ayad ovvero dell’OLP di Arafat, un’assurdità totale che ha suscitato l’indignazione dei famigliari delle vittime che lo accusano giustamente di depistaggio. Sappiamo tutti che l’OLP non organizzava attentati terroristici per il mondo, semmai erano altri gruppi palestinesi a farlo, ma di certo non a Bologna, e questo Priore lo sa bene.
Priore é anche un acceso sostenitore del “Lodo Moro” ovvero di quei presunti accordi segreti intercorsi fra il Governo Moro e la Resistenza palestinese, il che é completamente falso, poiché Aldo Moro aveva semplicemente “aperto” ai Comunisti ed era sinceramente sensibile alla sofferenza e alle rivendicazioni legittime del popolo palestinese. Esattamente per queste ragioni, Gladio ne decretò la fine per mano delle Brigate Rosse.
E non dimentichiamoci del biglietto fasullo “trovato” in tasca a Senzani al momento del suo arresto che, secondo Priore, costituisce una prova preziosissima dello stretto legame esistente tra il KGB sovietico e le Brigate Rosse ! Capite perché in Italia esistono tante stragi impunite?!
Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi da chi furono rapite e perché ?
Papa Wojtyla credeva profondamente nel Terzo Segreto di Fatima e credeva anche di essere al centro di questo Mistero, proprio come lo sono io. La missione che Dio gli assegnava in questo Mistero era la conversione della Russia onde evitare che i suoi errori si spargessero per il mondo fino a provocarne la catastrofe finale. L’Impero sovietico, guidato da un governo di satanisti atei, doveva cadere!
Ogni azione compiuta da papa Giovanni Paolo II era rivolta a questo preciso scopo e in questo modo va interpretata.
Serviva che tutto il mondo credesse all’assoluta malvagità dell’Unione Sovietica, l’impero del male, e quale era una occasione migliore di quella di accusarlo del tentato omicidio del Santo Padre ?!
E qui entro in gioco io, Wojtyla in persona voleva che io accusassi i Servizi segreti bulgari e quindi il KGB sovietico. Il premio per la mia collaborazione, che loro mi offrirono e che io pretendevo, era la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia solo a condizione che il Presidente Sandro Pertini mi concedesse la grazia.
Esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella vennero rapite. Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, forniva a Wojtyla il pubblico pretesto per intercedere presso Pertini per la mia liberazione e Mirella Gregori, cittadina italiana, e la sua famiglia, costituiva la vera e propria arma di pressione e di ricatto contro Pertini. Ostaggi !
Papa Wojtyla in persona ordinò che le due ragazze venissero prese e si servì di qualcuno fidatissimo per eseguire l’operazione in modo da non lasciare alcuna traccia. Il rapimento di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori furono decisi dal Governo vaticano ed eseguiti da uomini di ENTITA’ vicinissimi al Papa.
La trattativa pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi alti prelati operanti all’interno dei servizi vaticani. Il Fronte Anticristiano Turkesh non è mai esistito, sigla fasulla dietro cui si celava il SISDE e a questo proposito ritengo opportuno richiamare l’attenzione sul primo comunicato dei Turkesh del 4 agosto 1983: “Mirella Gregori? Vogliamo informazioni”. Il SISDE chiedeva informazioni. Erano evidentemente anche loro allo scuro della sorte di Mirella e questo ci fa capire, al di là di ogni ragionevole dubbio, che a prendere Mirella erano stati uomini di Wojtyla ! Poi il Papa rispose ai Turkesh/Sisde nominando anche Mirella Gregori il 28 agosto 1983 e così la messinscena proseguì spedita a beneficio dell’opinione pubblica e soprattutto di Pertini.
Emanuela Orlandi era un fatto tutto vaticano ed é stata presa in consegna da alcune suore fin dall’inizio, ha compreso l’importanza del suo ruolo e lo ha accettato serenamente. So di lei soprattutto grazie a un Padre spagnolo che mi ha visitato in Italia e anche qui a Istanbul. Un uomo, un religioso, animato da una fede autentica che conosce i misteri del mondo e che non mente. La Chiesa Cattolica uccide solo se costretta, come nel caso di Roberto Calvi, ma non ragazzine innocenti e nemmeno le sporca, come invece state facendo voi con la “pista sessuale”, un’assurdità grottesca!
Mirella Gregori era ed è un fatto anche italiano, una cittadina italiana, prelevata sul suolo italiano. Da chi ? Da Raul Bonarelli che aveva segnalato Mirella fin dalla sua partecipazione all’udienza papale e ne aveva organizzato il sequestro. Il giudice Adele Rando lo aveva praticamente in pugno, ma poi la mamma di Mirella, ormai anziana, malata e sicuramente minacciata, non fu nella condizione di identificarlo.
Vi ricordate del comunicato del 21 agosto 1983 e di come, a tempo di record, il 23 agosto, il Presidente del Costa Rica Luis Alberto Monge dichiarò di essere disposto ad accogliermi nel suo Paese?! Subito dopo gli fecero eco il ministro degli Esteri e il ministro della Giustizia. Chi aveva il potere di fare questo se non il Papa?!
Che cosa andò storto? Io e Pertini. Pretendevano da me una conversione pubblica al Cristianesimo, ma io non potevo farlo, e Pertini non era manovrabile. Sapeva tutto, fu minacciato, ma non si piegò, ma nemmeno osò raccontare la verità sul sequestro delle ragazze.
Concludo dicendo che gli ex magistrati, Ilario Martella e Rosario Priore non sanno tutto, ma sanno abbastanza da fornire una preziosa testimonianza. Per Ferdinando Imposimato é ormai troppo tardi, ma voi siete ancora in tempo per lavarvi la coscienza e affrontare il giudizio divino più leggeri.
In Vaticano esiste certamente un dossier segretissimo su Emanuela Orlandi, come dichiara anche Francesca Chaouqui, impiegata nella Cosea, un dossier classificato come segreto di stato e intoccabile. Lei ha deciso di non svelare ciò ha letto in quel dossier, perché se lo rivelasse “non farebbe il bene della Chiesa”….. Se il Vaticano fosse innocente avrebbe già consegnato quel documento alla famiglia Orlandi o alle autorità italiane, ma non può farlo perché accuserebbe se stesso.
Rivolgo infine un accorato appello a Sonia de Vito, l’amica di Mirella, affinché dica la verità ! Il nome di quel “lui” che se non avesse preso Mirella, la tua migliore amica, avrebbe preso te. Non avere paura, adesso non corri più nessun rischio, grazie a Netflix, il mondo li sta guardando, ci sta guardando, ormai hanno le mani legate, tu puoi ottenere giustizia per Mirella e puoi fare la storia ! Dipende solo da te!