ROMA – L’Emanuela Orlandi Show continua. Ed è il caso di dire che continua a gonfie vele visto che ora è entrata in scena addirittura una spedizione in barca di ben 14 persone diretta in Turchia per “trovare Emanuela viva o le prove che è morta”. L’impresa, nelle parole dell’organizzatore, Maurizio Giorgetti, di Soriano nel Cimino, provincia di Viterbo, consiste in un viaggio in barca, con partenza da Gioia Tauro, “grazie all’appoggio di un importante finanziatore austriaco”.
Si tratta di una spedizione di 14 persone, 11 uomini e 3 donne, tra cui, oltre a Giorgetti, “un imprenditore di Desenzano e un amico di Vitorchiano, Antonio Galante, due còrsi e due spagnoli”. Tra le donne, “una cardiochirurga dell’ospedale Niguarda e una sua assistente”, più un giornalista della tv francese Antenne 2. Gli altri componenti della spedizione sono austriaci. Nei piani di Giorgetti, “inizieremo le ricerche dal centro della Turchia con un obiettivo chiaro: trovare Emanuela Orlandi o le prove che è morta». Ma potrebbero volerci mesi e mesi, a dir poco. «Il nostro sponsor ha la possibilità di sostenerci a lungo», ribatte sicuro di sé Giorgetti.
Viene spontanea una domanda: ma perché non sono andati in aereo? Viene anche spontaneo chiedersi, nell’interesse dei lettori non troppo addentro alla saga Orlandi, chi sia questo Giorgetti? Il quotidiano romano il Tempo, nel suo sito internet, lo presenta così: “Imprenditore sorianese, noto per la sua dichiarata appartenenza all’estrema destra e i contatti con la banda della Magliana”. In realtà – come sempre capita quando si parla della Orlandi e della cosiddetta banda della Magliana – le cose stanno un po’ diversamente. Vediamo come, esattamente. Del resto noi di Blitz questo Giorgetti lo conosciamo già.
Nel settembre 2010, Giorgetti ha rilasciato a “Chi l’ha visto?” una serie di dichiarazioni che i magistrati, dopo averlo interrogato, preferirono archiviare subito: dopo 27 anni “l’imprenditore sorianese” si era ricordato improvvisamente di avere assistito a suo tempo a un colloquio a un tavolo vicino al suo nel ristorante di tale Giuseppe De Tomasi, nome già noto alle cronache “maglianesi”, tra De Tomasi stesso e altre persone che parlavano di “prelevare una ragazza” e, guarda caso, dopo qualche settimana Giorgetti si era ritrovato, fatal combinazion, al tavolo affianco alle stesse persone in un altro ristorante di Trastevere e le aveva intese dire che la ragazza era stata “prelevata”.
Manco a dirlo, si trattava ovviamente di Emanuela Orlandi. “Sono malato e prima di morire volevo togliermi questo peso dalla coscienza”, ha detto Giorgetti per giustificare i 27 anni di ritardo. Sembra invece guarito bene, visto che ora affronta una spedizione in mare e via terra destinata a durate mesi.
Ma procediamo con ordine. Qualche tempo dopo la rivelazione quasi in articulo mortis, Giorgetti dichiara sempre a “Chi l’ha visto?” di essere stato aggredito in casa per rappresaglia contro le sue “rivelazioni” sul rapimento di Emanuela: “Chi m’ha aggredito ha detto “Questo è da parte di “Gnappa” Manlio Vitale!”, un ex del giro della banda della Magliana guarda caso arrestato pochi giorni prima dell’exploit di Giorgetti. Passa qualche giorno e i carabinieri arrestano la figlia di Giorgetti e il suo fidanzato: ad aggredire il padrone di casa sono stati loro! Giorgetti s’è cioè inventato una balla, anzi due compresa quella del nome di Manlio Vitale. Nonostante ciò, il “supertestimone” del caso Orlandi può beatamente salpare per la Turchia e “andare a cercare Emanuela”.
Ma perché proprio in Turchia? Elementare, Watson! Giorgetti ha infatti denunciato alla Procura di Viterbo la sottrazione, da parte della sua ex convivente Annamaria Lucia Vero, di due fotografie che ovviamente “ritraevano la ragazza scomparsa in Turchia”. I magistrati hanno sequestrato del materiale nell’abitazione della Vero a Zepponami, frazionedi Montefiascone, ma ovviamente delle due foto “di Emanuela in Turchia” neppure l’ombra.
Attenzione: c’è del metodo. Ho scritto da tempo che prima o poi il caso Orlandi verrà chiuso o facendo comparire per pochi giorni una sua sosia o ritrovando la “tomba di Emanuela” in qualche parte del mondo, meglio se in luoghi dove non si può indagare e meglio ancora in luoghi dove la tomba “c’era, ma ora purtroppo non la si trova più”. La Turchia si presta bene alla bisogna. Resta solo da appurare cosa ne pensa Antonio Mancini, detto l’Accattone, un ex detenuto del giro della cosiddetta banda della Magliana che si è fatto molta galera per la sparatoria di via di Donna Olimpia del 16 marzo 1981 conclusa con un morto e un ferito grave di un clan avversario, quello dei Proietti.