ROMA – Marco Fassoni Accetti, il 9 aprile per lui sarà una data importante: quel giorno il perito Stefano Ferracuti dirà se lo scopritore del piffero di Emanuela Orlandi è capace di intendere di volere o no. La risposta del perito è attesa dai magistrati che conducono l’istruttoria contro Fassoni Accetti per calunnia e autocalunnia.
Nell’attesa, Fassoni Accetti si è scatenato su Facebook con un crescendo di accuse nei confronti di una donna che gli fu vicina, la donna che quella notte di 30 anni fa svelò ai Carabinieri l’esistenza del furgone con cui lo stesso Marco Accetti aveva investito e ucciso nella pineta di Ostia un ragazzino di 13 anni, José Garramon, delitto per cui Marco Accetti ha scontato 22 mesi di carcere.
Nel suo cahier di accuse contro la donna, di cui riportiamo solo le iniziali del cognome, Patrizia D.B., mentre su Facebook viene fatto per esteso, Marco Accetti sostiene che Patrizia è
– “Colei che fiancheggiò i sequestratori”;
– “Fu mia sodale nel sequestro”;
– “Sei una complice di sequestratori, ringrazia i pessimi giudici che non sanno perseguirti”;
– “Costituisciti e racconta piuttosto la verità: hai partecipato fiancheggiando il sequestro”.
Fassoni Accetti con quella litania di accuse ha fatto capire perché nel marzo del 2013 ha voluto entrare a gamba tesa in uno dei più famosi misteri italiani, quello della ragazzina vaticana scomparsa il 22 giugno del 1983. Accetti ci è entrato con l’exploit mediatico della consegna del “flauto di Emanuela Orlandi” e con lo spacciarsi per l’organizzatore della sua scomparsa “consenziente”. Scomparsa che però come si vede dalla sfilza di pesanti affermazioni diffuse su Facebook non parrebbe davvero consenziente, tutt’altro! Semmai, parrebbe opera di più persone decisamente malintenzionate.
Ricordiamo brevemente che Accetti il 27 marzo del 2013 si è presentato ai magistrati per auto accusarsi del “rapimento consenziente” non solo di Emanuela, ma anche di quello della sua coetanea romana Mirella Gregori sparita poche settimane prima dell’altra. A dire del “reo confesso”, il “rapimento” sarebbe dovuto durare solo pochi giorni ed era stato deciso col parere favorevole dei genitori delle due ragazze, bisognosi di un favore quelli di Emanuela e di soldi quelli di Mirella. Insomma, avrebbe dovuto essere solo una finta. A che scopo? Sempre a dire di Marco Accetti, la sceneggiata era stata decisa da una “fazione vaticana”, favorevole alla politica anticomunista dell’allora Papa Wojtyla, come mossa a danno della “fazione avversa”, nemica giurata della politica del Pontefice polacco.
Le due ragazze però sono sparite sul serio e per sempre, non s’è trattato quindi affatto di una finta di pochi giorni. Per parte sua Accetti se n’è tirato fuori dicendo di non sapere cosa sia poi successo, ma è chiaro che accusare Patrizia D. B. di “complicità con i sequestratori” equivale a lanciare il sospetto che lei con la reale fine delle due ragazzine abbia qualcosa a che vedere o che almeno sappia qualcosa. Insomma, una bella polpetta avvelenata. Che era già stata confezionata impastando affermazioni più o meno simili per interviste a “Chi l’ha visto?”, non andate però in onda a causa della veloce perdita di credibilità dell’intervistato. Ecco il molto probabile perché dell’entrata in scena del 27 marzo 2013.
Il florilegio esibito su Facebook ha sollevato il velo sul perché della sua rumorosa entrata in scena del 27 marzo 2013: mettere nei guai Patrizia. E’ probabile che vada invece a irrobustire l’accusa di calunnia della quale Accetti dovrà rispondere in tribunale. Intanto però tutti se ne chiedono il perché. La molla scatenante molto probabilmente è la convinzione che sia stata lei a rovinargli la vita perché sia pure involontariamente ha portato i carabinieri a scoprire nel giro di poche ore che era stato lui, la sera del 20 dicembre 1983, a investire mortalmente il 13enne Josè Garramon con un furgone Ford Transit nella pineta di Castelporziano. A rafforzare la molla del risentimento, il fatto che Patrizia era stata fidanzata dello stesso Accetti, il quale deve essersi sentito quindi doppiamente tradito. Il fuoco ha covato sotto la cenere per una trentina d’anni, insieme con la vera e propria ossessione per il mistero Orlandi, testimoniata anche dai familiari: infine nel marzo 2013 il tutto è esploso come un vulcano.
Casuale o voluto che sia stato, per quel tragico investimento Accetti non rischia ormai più nulla. E’ infatti definitiva e scontata da un trentennio la lieve condanna – appena 22 mesi – ricevuta solo per il reato di omicidio colposo perché i magistrati pur con pesanti dubbi hanno infine ritenuto che quello del 20 dicembre ’83 fosse stato un incidente non voluto. Per Patrizia D. B., invece, una chiamata di correo, in un quadro per giunta reso molto ambiguo, avrebbe potuto essere rovinosa. Avrebbe potuto, al condizionale, se la credibilità di Fassoni Accetti non fosse velocemente precipitata dalle stelle alle stalle: da acclamato risolutore del mistero Orlandi a imputato di calunnia abbandonato al suo destino. Caduta verticale che spinge oggi Fassoni Accetti, in mancanza di meglio, a sfogare i suoi sentimenti su Facebook.
Prima di quella del prossimo 5 maggio, probabilmente definitiva e tombale, il mistero Orlandi vivrà la sua penultima tappa il 9 aprile. Quel giorno infatti il perito Stefano Ferracuti presenterà ai magistrati le risposte ai quesiti da loro posti un paio di mesi fa riguardo Fassoni Accetti, che in un primo momento aveva annunciato a gran voce l’intenzione di rifiutare gli esami peritali. Ferracuti dovrà dire se l’imputato è in grado di intendere e di volere e se è socialmente pericoloso, vale a dire se può reiterare i due reati per i quali dovrà affrontare il processo, reiterazione che peraltro su Facebook appare evidente. Dev’essere anche per questo che il suo avvocato, Gianluigi Guazzotti, ha rotto gli indugi e s’è gettato a corpo morto in difesa del suo assistito annunciando che il 9 aprile contro i quesiti peritali solleverà l’eccezione di incostituzionalità, in linea con quanto già dichiarato il 5 febbraio a Blitz:
“Ho già eccepito ai magistrati che una perizia non può appurare l’eventuale pericolosità sociale di una persona”.
Auto accusarsi del rapimento Orlandi rischia di diventare una mania. Accetti è stato infatti preceduto da un altro “reo confesso” fasullo, quel Luigi Gastrini che nel giugno 2011 riuscì stranamente a gabbare a lungo gli Orlandi, il Corriere della Sera e l’intera redazione di “Chi l’ha visto?” facendo credere di essere stato uno “007 dei servizi segreti militari”, nome in codice Lupo Solitario, e di avere in tale veste “coordinato sul campo il prelevamento” di Emanuela. Che a suo dire “è viva ed è chiusa in un manicomio del centro di Londra”. Perché Londra, dove peraltro non esistono manicomi come del resto in tutta l’Inghilterra? Probabilmente il “Lupo solitario” nei bar del suo paesino, frazione di Caravaggio nella Bergamasca, aveva orecchiato qualcosa sulla “swinging London” degli anni ‘60, sta di fatto che all’affermazione sul manicomio di Londra ha aggiunto quella sulla partecipazione “al prelevamento di Emanuela di agenti segreti inglesi”.
Per essersi spacciato per “ex agente segreto” del nostro servizio militare Gastrini è stato processato per millantato credito e condannato a sette mesi di carcere, per evitare i quali è fuggito in Tunisia. Accetti è stato più furbo: per evitare condanne per millantato credito si è barcamenato tra le “fazioni vaticane”, le quali non sono certo delle istituzioni e neppure pubblici uffici o associazioni, pertanto non hanno né un nome né una sede: al massimo sono delle cordate, come ne esistono ovunque, e quindi anche se esistono è come se non esistessero. Oltre a non poter essere individuate, hanno il pregio supplementare di non poter sporgere querela. Scansata l’accusa di plagio, per il “reo confesso” sono arrivate però quelle di calunnia e auto calunnia.
Vaticano o no, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.