Lavorare per il fisco stanca

ROMA – Le manovre attorno all’Iva, vale a dire attorno alla tassa chiamata Imposta sul Valore Aggiunto, che il governo vuole aumentare dell’1%, permettono alcune interessanti riflessioni. Riflessioni su quanto in realtà noi italiani paghiamo di tasse, contributi e accise varie allo Stato, alle Regioni, alle Province e ai Comuni. Una ventina di anni fa il giornalista Peppino Turani, esperto in economia, calcolò che gli italiani pagano allo Stato l’equivalente di più o meno cinque mesi di lavoro sui dodici dell’anno. Come a dire che quasi sei mesi lavoriamo – gratis – per lo Stato e solo per i rimanenti sei mesi per noi e per le nostre tasche.

All’inizio di giugno dell’anno in corso, 2011, l’Associazione degli Artigiani e delle Piccole Imprese di Mestre ha calcolato che quest’anno noi italiani lavoriamo per lo Stato esattamente fino al 4 giugno, giorno soprannominato quindi Tax Freedom Day, come dire Giorno di Liberazione da Fisco, e solo a partire dal giorno dopo, 5 giungo, lavoriamo per noi stessi e le nostre tasche, cioè per il nostro mantenimento. Il segretario dell’Associazione, Giuseppe Bortolussi, ha fatto rilevare che nel 1980 si lavorava per lo Stato, Regioni, Province e Comuni ben 40 giorni in meno rispetto oggi. “Anche quest’anno, così come era successo nel 2010”, ha infatti specificato Bortolussi, “si sono resi necessari 155 giorni di lavoro, ben 40 giorni in più rispetto al dato registrato nel 1980”, quando i giorni di lavoro regalati allo stato erano “solo” 115.

Ora pare che l’Iva venga aumentata dell’1%. Il Tax Freedom Day si allontana ancora…. E’ vero che in Svezia e Danimarca il carico fiscale pro capite è superiore al nostro, ma si tratta di Paesi dove i servizi pubblici ci sono, di elevata qualità, funzionano e sono pressoché gratuiti. In Italia, ormai, ci si deve chiedere se si tratta di tasse, concetto che incorpora l’obbligo di un corrispettivo fornito dallo Stato ai contribuenti, o se si tratta invece di grassazione. Concetto che non incorpora l’obbligo di un corrispettivo. Il problema infatti è che oltre a dover pagare un carico fiscale tra i più alti d’Europa, dobbiamo poi pagarci di tasca nostra anche i pedaggi autostradali, i biglietti di treno sempre più costosi a fonte di treni sempre meno efficienti (e puliti), la pensione supplementare se non vogliamo correre rischi di una vecchiaia da poveracci, l’assistenza medica, sanitaria e ospedaliera privata se non vogliamo correre il rischio di attese di mesi per una tac o di una visita specialistica oltre al rischio della Malasanità che affligge la sanità pubblica, e magari pagarci anche le scuole private per i nostri figli se vogliamo almeno tentare di evitare loro il degrado della scuola pubblica.

Dato che ci siamo, è comunque bene sapere che:

– in Italia il prelievo fiscale per il contribuente onesto arriva al 51-52%.

– su 100 euro di entrate tributarie ben 77,5 vanno all’Amministrazione centrale e solo 22,5 agli Enti locali. In termini assoluti a fronte di 457,4 miliardi di euro di entrate tributarie totali, 354,6 vanno all’erario italiano e “solo” 102,7 miliardi a Regioni, Province e Comuni.

– se nel 1990 un dipendente festeggiava la “liberazione annuale dalle tasse” in media il 7 giugno, la media nazionale dei contribuenti festeggiava 18 giorni prima, il 20 maggio. Un divario ancora attuale. E ovviamente gli evasori il Giorno di Liberazione dal Fisco lo festeggiano quando fa comodo a loro, se non tutti i giorni dell’anno. Insomma, c’è la conferma che il lavoratore dipendente è più bastonato, non potendo infatti evadere le tasse neppure per poco.

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